SGUARDO PASTORALE

Cercate di essere veramente giusti

cercate-di-essere-veramente-giusti
Facebooktwitterpinterestmail

Il card. Gualtiero Bassetti, nel suo discorso introduttivo al Consiglio permanente della CEI, ha lanciato l’appello a non dividerci sui poveri, ma a lavorare insieme per l’unità del Paese; un appello rivolto a tutti gli italiani di ogni estrazione, provenienza e credo, ma non possiamo non sentirlo come un appello che impegna innanzitutto i fedeli cattolici.

Per quanto molti pensino che la dimensione della fede e dell’annuncio cristiano debbano rimanere relegati alle sagrestie o agli ambienti frequentati da gruppi strettamente ecclesiali, il messaggio evangelico viene a rispondere ad una storia concreta, anche quella che riguarda la vita e l’organizzazione di un popolo perché un cristiano, pur non essendo del mondo, vive nel mondo e la parola di Dio non si è rivelata come una illuminazione, ma si è fatta carne, si è fatta strada.

Se dunque si è appena conclusa la settimana di preghiera per l’unità dei cristiani nel mondo, con una attenzione al dialogo interconfessionale, deve continuare la preghiera per l’unità dei cristiani delle nostre comunità parrocchiali spesso divisi tra di loro non sono come fedeli ma anche come cittadini a causa proprio di alcune emergenze sociali.

È singolare infatti come, sempre più spesso, molti di quelli che si professano cattolici attuino, poi, scelte dettate da una ipocrisia di fondo: infatti, il mistero della comunione celebrato nel sacramento eucaristico non corrisponde poi alla ricerca di strade di fraternità, condivisione e solidarietà.

Che senso ha allora il giorno della festa o la celebrazione della festa per un cristiano? Il testo biblico scelto per la settimana di preghiera per l’unità dei cristiani, Deuteronomio 16, 11-20, ripropone proprio il senso della festa come tempo, anche liturgico, nel quale ringraziare il Signore per i frutti del lavoro; il tempo della festa diventa il tempo della fraternità perché è un tempo per tutti, liberi e schiavi, ma è un tempo nel quale Dio istruisce il suo popolo nella giustizia sociale, cioè dopo la celebrazione della festa non si può ritornare alla vita di sempre come se niente fosse cambiato ma anzi vi si ritorna con il comando di “cercare di essere veramente giusti”.

Mi chiedo: non è forse che il giorno della festa, il giorno nel quale siamo chiamati a celebrare la comunione con Dio e i fratelli, sia “in crisi” non solo per una secolarizzazione della fede ma anche per uno scarto tra quello che si celebra e quello che poi si sceglie di vivere nell’individualità delle vite di ognuno come se la fede non c’entrasse con la vita?

Mi convinco ancora di più che la fede celebrata nelle nostre chiese non può rimanere chiusa in esse ma deve coinvolgere ogni aspetto della vita; e poi, che non possiamo celebrare la festa e non sentirci coinvolti nella responsabilità di quello che accade attorno a noi, cioè nella vita, nel lavoro e negli affetti di chi un attimo prima ha scambiato la pace con noi.

Una comunità cristiana non è una comunità ideale ma è una comunità reale e concreta, che il diritto canonico individua secondo un criterio territoriale affinché l’azione pastorale possa essere puntuale e omogenea in quanto rivolta a tutti e volta a segnare anche la vita di quel territorio. Allora cerchiamo di essere veramente giusti: accogliendo, accompagnando e consolando nel Signore; il nostro cuore si allargherà scegliendo da sé a cosa rinunciare per donarsi senza pretese e ricatti.

don Simone Zocca