RIFLETTENDO SUL VANGELO - SOLENNITA' DELL’EPIFANIA DEL SIGNORE

La storia di un lungo cammino, di una seria ricerca

LETTURE:  Is 60,1-6; Sal 71; Ef 3,2-3a.5-6;  Mt 2,1-12

epifania
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Il racconto di Matteo (Mt 2, 1-12) che leggiamo nel brano evangelico di questa domenica ha come protagonisti i Magi. Chi sono questi personaggi? Diciamo subito che non erano 3 e nemmeno re (questo non è scritto nel Vangelo). Ciò che è certo è che venivano da lontano, dall’Oriente. Matteo li definisce con la parola greca “magoi”, che sta ad indicare astronomi, astrologi, studiosi del cielo. Sono personaggi che si mettono in viaggio, lasciano i palazzi, la notorietà e intraprendono un aspro cammino per andare, seguendo una stella, ad adorare il Bambino Gesù: se nel Natale è Dio che cerca l’uomo, qui, possiamo dire, è l’uomo che cerca Dio. E oggi, nella Solennità dell’Epifania del Signore, cioè nella sua “manifestazione” a tutti gli uomini, rappresentati appunto dai magi, Dio manifesta un solo grande desiderio: che tutti gli uomini siano salvati (cfr 1Tm 2,4)! E questo desiderio l’ha perseguito venendoci a cercare nella nostra carne ed assumendone tutta la storia; a noi resta il dovere di cercare questa salvezza.

La storia dei magi è la storia di un lungo cammino, di una partenza da lontano, di una seria ricerca, di un profondo desiderio e, guidati dalla luce di una stella, trovano, per così dire, la loro strada tracciata nel cielo.

L’evangelista Matteo, nel brano di oggi, descrive il contrasto tra la dinamicità e la ricerca dei magi e la staticità e la chiusura di Erode, dei sacerdoti e degli scribi. La reazione di Erode, infatti, si ferma allo sconcerto e non cerca la verità partendo dalla richiesta dei magi, è preoccupato solo di salvaguardare se stesso. Erode arde dalla brama del potere e stronca sul nascere chiunque possa minacciare il suo trono. Anche l’atteggiamento dei sacerdoti e degli “esperti” delle Scritture è un atteggiamento di coloro che non si muovono alla ricerca della verità. Essi pensano di conoscerla già riducendola però ad un argomento da trattare, da insegnare, e non un messaggio da vivere. In fondo, direbbe Sant’Agostino, essi si comportano come le pietre miliari: indicano ad altri la strada ma loro non la percorrono. I magi invece si mettono in cammino e arrivando a Gerusalemme dichiarano la ferma intenzione di voler adorare il neonato re e di essersi messi alla ricerca perché hanno visto “la sua stella”. Essi avevano intuito che quel Messia-bambino è la Verità fatta carne, fatta pane per la fame d’amore, insita in ogni uomo, fatta luce per la rischiosa ricerca, fatta via per il cammino, talvolta, incerto e difficile della vita.

Mi sorge una domanda: cosa ha spinto l’evangelista Matteo ad inserire questo racconto, dal punto di vista storico un po’ problematico, nella narrazione dell’infanzia di Gesù? La stella non rischiara solo la storia di Israele ma anche la nostra storia come la storia di tutti i popoli e di tutti gli uomini. “I Magi ci consegnano una grande lezione: per incontrare Dio bisogna incontrare Gesù, ora in braccio alla madre, e un giorno in braccio alla croce” (Ermes R.). Allora cosa vuol dire anche per noi cercare Dio?

Come per i magi, cercare Dio vuol dire camminare, non smettere di cercare, soprattutto quando Dio sembra nascondersi, finché si giunge alla meta.

Cercare Dio significa, poi come i magi, adorarlo, cioè riconoscerlo nella forma povera da lui scelta “quello che avete fatto ad uno solo di questi miei fratelli più piccoli, l’avete fatto a me…” (Mt 25, 31-46).

Infine dopo aver cercato e trovato, i Magi “per un’altra strada fecero ritorno al loro paese” (v. 12). Dopo che si è trovato il Signore c’è un altro modo di impostare la vita, l’incontro con la Verità apre nuove strade. L’accoglienza del vangelo suggerisce nuovi percorsi, alternativi, forse, alla vita precedente. Insomma si prosegue diritti verso un futuro indicato solo da Colui che si è incontrato.

don Danilo Marin