COMMENTANDO…

Dopo l’Assemblea dei vescovi (continua…)

vescovo tessarollo
Facebooktwitterpinterestmail

Ho letto e ascoltato tante voci, pro e contro, circa l’approvazione della traduzione italiana della “Terza Edizione Tipica” del messale Romano. Tutte le osservazioni si sono concentrate esclusivamente sulle due rivisitazioni del “Gloria” e della preghiera del “Padre nostro”. È bene sapere che si tratta di un percorso molto ampio e lungo, iniziato già dal mese di giugno del 2002 e che è giunto a conclusione solo ora, novembre 2018. Nessuna improvvisazione quindi. Un lavoro affidato alla Commissione Episcopale per la liturgia, che si è avvalsa dell’aiuto di un ristretto gruppo di esperti in materia. Di volta in volta le singole parti sono state inviate ai singoli vescovi, e molte parti discusse collegialmente per 10 anni. Il tutto approvato nell’Assemblea CEI del 2012, e inviato alla Sacra Congregazione per il Culto divino e la Disciplina dei Sacramenti, per la ricognizione di fedeltà delle traduzioni. Una Commissione di 6 vescovi e 8 esperti ha collaborato per facilitare i rapporti tra CEI e Sacra Congregazione negli anni 2012-2016. Negli anni 2017-2018 la Commissione CEI ha raccolto tutte le osservazioni, procedendo all’ultima revisione, inviata a tutti i vescovi e proposta all’approvazione nell’Assemblea della settimana scorsa.

Si dovrà attendere ora la “Conferma o Approvazione” da parte della Congregazione per il Culto e i Sacramenti (qualcuno se l’è anche presa con papa Francesco, cosa fuori luogo, perché si tratta della traduzione italiana del Messale Romano, responsabilità affidata alla Conferenza Episcopale Italiana). Bisogna dire che la preoccupazione dei traduttori e i criteri seguiti avevano lo scopo di giungere a presentare ai fedeli una traduzione fedele, curata e semplice nell’espressione, non troppo legata alle mutazioni linguistiche, in grado di chiarire espressioni di più difficile comprensione perché troppo complesse o ambigue. Il nuovo messale, dopo la Conferma della Congregazione per il Culto, uscirà arricchito e rinnovato in alcune parti, proponendo anche un corpo di melodie arricchito soprattutto negli interventi di chi presiede, in dialogo con l’assemblea, ma anche in altre parti, nella consapevolezza che il canto non è solo semplice elemento ornamentale ma parte necessaria e integrante della liturgia solenne.

E ora una parola sulle due variazioni più discusse, quella sul ‘Gloria’ e quella sul ‘Padre Nostro’.

Circa il ‘Gloria’. La traduzione usata finora è “Gloria a Dio nell’alto dei cieli, e pace in terra agli uomini di buona volontà”, presa dal vangelo di Luca (2,14), traduzione letterale del latino “Gloria in excelsis Deo et in terra pax hominibus bonae voluntatitis”. Già nel 2008 la traduzione italiana ufficiale della Bibbia ha chiarito traducendo “…e pace in terra agli uomini che egli ama”, in quanto il termine greco ‘eudokia’ (buona volontà) non si riferisce alla qualità morale degli uomini (di buona volontà) ma al buon volere di Dio verso gli uomini, al voler bene di Dio agli uomini, che sono quindi oggetto del suo amore. Ora quella traduzione ‘che egli ama’, viene modificata nel nuovo messale con ‘amati dal Signore’ per ragioni di cantabilità.

Il ‘Padre nostro’. Il cambiamento riguarda la sesta domanda del Padre nostro che da ‘non indurci in tentazione’ viene cambiata in ‘non abbandonarci alla tentazione’. Questa versione era già stata approvata dopo lunga discussione, nell’Assemblea del maggio 2012, conformando il testo della nostra preghiera alla traduzione ufficiale della Bibbia del 2008, come oggi leggiamo in Mt 6,13 e in Lc 11,4. I traduttori della Bibbia italiana hanno optato per questa scelta motivando che ciò aiuta a comprendere che con questa preghiera chiediamo al Padre che non ci faccia mancare il suo aiuto sia quando stiamo per entrare nella tentazione sia quando già siamo in essa, ritenendo che non sia il Padre a ‘indurci in tentazione’. La preferenza poi tra ‘non abbandonarci alla tentazione’, rispetto a ‘non abbandonarci nella tentazione’, vuole appunto sottolineare la richiesta del suo aiuto sia al momento in cui entriamo nella tentazione come anche per tutto il tempo in cui lottiamo nella tentazione: non ci abbandoni cioè in tutti e due i momenti. “Non indurci in tentazione”, ripeto, poteva lasciare intendere che dovessimo pregare Dio di non portarci lui dentro la tentazione. Dunque si tratta di traduzioni che intendono essere migliorative nella fedeltà al senso del pensiero biblico espresso nel testo e più adeguate nella sua espressione.

Queste ‘variazioni’ entreranno in uso con la pubblicazione del nuovo messale, che richiede ancora la conferma e poi i tempi necessari per la edizione.

Qualcuno ritiene che la versione latina del messale tridentino sia più fedele, cosa che significa mettere la testa sotto la sabbia, perché anche quella versione latina aveva e ha i limiti di ogni traduzione. Lo studio e le acquisizioni biblico-letterarie di 500 anni, specie dei due ultimi secoli, aiutano a chiarire e a migliorare la comprensione dei testi biblico-liturgici. Le traduzioni li rendono accessibili a ogni popolo, nella loro lingua. È sempre stato così: infatti fin dall’antichità sia la Bibbia che la Liturgia sono state tradotte e pregate nella molteplicità delle lingue umane, fra l’altro con più e diverse traduzioni anche latine e nella pluralità anche dei riti.

 + Adriano Tessarollo