NELLA CHIESA DEI SALESIANI IL RITO DI COMMIATO PER DON DINO DONAGGIO

L’ultimo saluto a Chiogga per il salesiano don Dino

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Giovedì 6 settembre nella Chiesa di Maria Ausiliatrice a Chioggia abbiamo salutato don Dino Donaggio, “partito” per il Cielo dopo molti anni di servizio in terra di missione. Il nuovo Ispettore della San Marco, don Igino Biffi, ha presieduto la celebrazione eucaristica attorniato da molti salesiani e sacerdoti della Diocesi, tra cui il nipote di don Dino, don Antonio Chiereghin e il Vicario generale Mons. Francesco Zenna. La sorella Vilma, i nipoti di Chioggia, Mestre ed Asiago, gli altri parenti ed amici erano presenti per affidare don Dino alle braccia di Dio Padre e sostenere il canto degli Ex allievi, guidato dal maestro di banda Loris Tiozzo.  L’omelia di don Igino, che riportiamo a parte integralmente, racconta il suo profondo legame con la Parola. Mi permetto di aggiungere un ricordo personale: da adolescente in famiglia sentivo mio papà parlare con ammirazione di questo suo cugino, don Dino, che era lontano in missione e che si faceva veramente voler bene dalla gente. Pensavo … che coraggio … lasciare tutto! Poi da adulta, insieme a mia sorella Dea abbiamo avuto modo di conoscerlo personalmente durante le sue brevi e rare visite a Chioggia: era piccolino, magro ma il suo sorriso e la sua serenità mostravano tutta la grandezza della sua anima. Ecco don Dino, sei un dono anche per noi. Grazie della tua testimonianza.

Pia Donaggio

don-dino-alla-fisarmonicaUna vita per la Chiesa e per il Vangelo

Una ventina di sacerdoti, per la gran parte salesiani con alcuni diocesani, ha concelebrato giovedì 6 settembre alle ore 10 nella chiesa Maria Ausiliatrice di Chioggia, la messa esequiale per il missionario salesiano chioggiotto don Dino Donaggio. Presiedeva il rito il neo-ispettore salesiano del Nord Est, don Igino Biffi; accanto a lui il nipote di don Dino, don Antonio Chiereghin, parroco dell’Unità pastorale Buon Pastore e Spirito Santo a Sottomarina, e il parroco-direttore dei salesiani di Chioggia, don Rossano Zanellato. Presenti la sorella di don Dino, Wilma, e gli altri nipoti con le loro famiglie; tra i fedeli un gruppo di ex-allievi che ha sostenuto i canti con l’accompagnamento musicale di Loris Tiozzo, direttore della Banda musicale cittadina, anche in ricordo dell’esperienza giovanile di don Dino nella storica “Banda dei salesiani” dell’oratorio di Chioggia.

Don Igino, all’omelia, ha messo in risalto con ricchezza di particolari e di aneddoti, supportati da numerose testimonianze dirette, la grande dedizione di don Dino all’opera missionaria prima nelle Filippine, dove ha operato per sei anni, e poi soprattutto a Timor Est dove divenne punto di riferimento per i confratelli salesiani e per le tante comunità che egli ha servito. Lo caratterizzavano il suo amore per la musica unito a notevole cultura, la sua grande laboriosità e il suo spirito di servizio, la sua umiltà e l’intensa spiritualità. Il neo-ispettore concludeva invocando dal Signore la grazia di “tanti salesiani come don Dino”. Don Dino Donaggio, tornato in Italia nel 2011, era ospite dal 2015 nella casa di riposo salesiana “Artemide Zatti” di Mestre, dove continuava il suo ministero nelle confessioni e nell’accompagnamento musicale; ricoverato recentemente all’ospedale “All’Angelo”, è spirato lunedì 3 settembre a 84 anni. Di lui tutti conservano e conserveranno un caro ricordo come di una figura esemplare di salesiano e di missionario. Al termine del rito, il nipote don Antonio ha ringraziato tutti a nome dei familiari, ricordando lo spirito lieto dello zio e il dono di grazia che è stato per la famiglia di origine; il direttore della casa “Zatti”, don Cornelio Bugna, ha sottolineato il grande spirito di fede di don Dino, invitando tutti a pregare il Padre perché lo accolga subito in paradiso, come soleva fare lui per i confratelli defunti. La salma è stata poi accompagnata all’uscita da tutti i sacerdoti concelebranti ed è stata tumulata nel cimitero di Chioggia, nella cappella dei salesiani recentemente ristrutturata. (Vito)

Omelia dell’ispettore salesiano al rito di commiato per don Dino Donaggio

Salesiano missionario esemplare

In sappiamo: la morte non ha l’ultima parola, non è la nota conclusiva della nostra vita, ma solo un accordo di passaggio tra uno spartito e l’altro. Eppure, ogni volta che nella vita dell’uomo cambia la musica, e la terra lascia il passo al Cielo, sale in noi una mestizia non sempre colmabile. E tanto più buona è la persona che muore, tanto più il dispiacere è grande. San Paolo scrive che l’amore di Dio è stato riversato nei nostri cuori per mezzo dello Spirito Santo. Sono parole che sintetizzano quello che tante testimonianze di questi giorni ci hanno rivelato di don Dino, un uomo buono e proprio per questo un prete abitato da Dio e un salesiano desideroso di far conoscere la musica di Dio: l’amore di Dio si era riversato nel suo cuore.

Don Dino Donaggio nasce a Chioggia il 14 febbraio 1934 da Antonio e Franceschina. Dal loro matrimonio nascono 10 figli, di cui 5 salgono al Cielo molto presto (il fratello minore morì a 16 anni). Frequenta l’Oratorio salesiano durante gli anni duri della guerra, insieme a tanti altri ragazzi, tra cui un altro Dino, il futuro Vicario generale della diocesi di Chioggia e poi Arcivescovo di Gorizia. Terminata la guerra, Dino andrà nella casa salesiana di Penango, in Piemonte, dove compirà gli studi ginnasiali. Proseguirà poi con il noviziato a Villa Moglia di Chieri e diventerà salesiano nel 1952. Accoglierà il dono del sacerdozio nel 1962. Dopo l’ordinazione viene destinato alle Case di Torino Rebaudengo, Montalenghe, Penango, Foglizzo in attesa di realizzare il sogno che lo guidò fin da piccolo: partire per le missioni.

Nel 1966 viene inviato nelle Filippine, ove starà fino al 1971. Rientrerà in Italia per qualche anno e, nei ritagli di tempo, approfondirà lo studio della lingua e della letteratura inglese presso l’Università di Torino. Nel 1976 torna nelle Filippine e nel 1988 si rende disponibile per andare nell’isola di Timor Est in un momento storico molto difficile e rischioso. Don Dino visse in Timor momenti di tensione e paura dopo che il Portogallo decise di ritirarsi da Timor Est, quando i nazionalisti dichiararono l’indipendenza della nazione e l’Indonesia reagì invadendo l’ex colonia portoghese. Si stima che furono 20.000 i timoresi uccisi da parte dell’esercito di Giacarta a cui si aggiungerebbero altre 85.000 vittime per torture e malattie. E don Dino era là, con quella gente e fu testimone di quei massacri.

In questo vasto e complesso campo di lavoro mise a frutto le sue doti di pastore, evangelizzatore, insegnante. Era un viaggiatore instancabile e anche le zone impervie non lo fermavano. Così racconta un suo allievo ora salesiano: “Don Dino in Timor era conosciuto come il motorbike priest (ndr.: ovvero il prete della moto). Con la moto ha viaggiato in aree remote e pericolose, andando su e giù per le montagne per il ministero pastorale, raggiungendo i più poveri e i più piccoli”. Vista la sua creatività e intraprendenza, nel 1989 fece parte del gruppo che organizzò la visita di Giovanni Paolo II in Timor.

A Chioggia, in oratorio, fin da piccolo iniziò a coltivare la passione per la musica per la quale il Signore gli aveva donato un vero e raro talento. Suonava praticamente tutti gli strumenti con grande sensibilità, ma amava soprattutto la fisarmonica e la tromba. Aveva l’orecchio assoluto.  Ovunque è andato, secondo il più autentico spirito salesiano, ha fondato bande giovanili che riempivano di musica e di allegria le case salesiane. “Faceva risuonare nei cortili l’aria di festa tipica delle case salesiane”, ricorda un riconoscente messaggio giunto da un confratello di Timor che ci rivela che la gioia era una delle caratteristiche di questo nostro benemerito chioggiotto.

Don Dino era un uomo di profonda spiritualità, un uomo di Dio, ricercato e apprezzato confessore anche dai confratelli. Da Timor hanno così scritto: “Oltre ad essere il nostro maestro di banda durante l’aspirantato, don Dino, che viveva una vita molto semplice e austera, era l’insegnante di latino, greco e inglese ed era il confessore. Per le confessioni era solito mettersi a disposizione prima, durante e dopo la Messa per ascoltare la confessione dei giovani del Don Bosco Fatumaca Baucau in Timor Est. Era molto attento alla virtù della purezza. Nella scuola ha sempre insegnato agli aspiranti a proteggere questa virtù con parole e l’esempio. Anche quando l’età avanzava non lo si vedeva mai stanco di svolgere il suo ministero pastorale”.

Don Dino visse vari anni come missionario a servizio dei giovani che desideravano divenire salesiani. Così scrive uno di loro: “Un aspetto esemplare per la mia vita salesiana è stata la sua povertà e la sua capacità di vivere disciplinato nel tempo, nella vita religiosa, nelle sue responsabilità. Era sempre impegnato in qualcosa… o riparava gli strumenti musicali della banda, o assisteva gli studenti o andava nei villaggi per le messe e ascoltare confessioni. La sua camera e il suo laboratorio musicale erano sempre in ordine. Era umile e manteneva un basso profilo, viveva una vita molto semplice, evitando di essere un peso per gli altri confratelli. Ha innalzato il livello dell’impegno della comunità per quanto riguarda la pratica religiosa, dando l’esempio di un salesiano pio, zelante e instancabile”.

Son tutti tratti che dicono che il nostro confratello ha speso con generosità e nell’unione con Dio la sua vita. D’altra parte, son proprio la dedizione incondizionata e la ricerca di Dio che innervano la vita consacrata e che preparano il religioso all’incontro con Dio. Un’altra testimonianza giunta da Timor racconta: “Don Dino è stato un salesiano santo per noi. Con la sua semplicità mostrava la sua santità. Parlava poco, ma lavorava tanto. Ci ha insegnato la musica e con lui eravamo sempre allegri. Uomo coraggioso, un vero salesiano: d’osso, carne e sangue. Un uomo obbediente come un fazzoletto così come voleva don Bosco”. Ha accompagnato tanti giovani salesiani che ora hanno compiti di responsabilità in Estremo Oriente. Uno di questi dice: “Don Dino è stato ottimo missionario nelle Filippine e Timor Est. È stato un dono di Dio per noi in Timor”.

E dalle Filippine ci hanno scritto: “La morte di don Dino è una notizia molto triste. Era il nostro moderatore spirituale nell’aspirantato di Bacolor Pampanga, nelle Filippine. Era anche il maestro di musica. Sottolineava l’importanza di celebrare sempre bene la liturgia. Dopo molti anni, l’ho incontrato di nuovo a Fatumaca, in Timor Est, come confessore. Sempre fedele ai suoi doveri ed esibendo sempre uno zelo dinamico e pastorale, è stato davvero un modello per noi missionari”.

Don Dino, rientrando in Italia nel 2010, disse al nipote don Antonio: “Io non ho costruito scuole, ospedali o altro. Ho fatto il prete”. Avvicinandosi alle sue terre natie, fu destinato a Venezia-Mestre San Marco, trasferendosi poi alla Casa Zatti nel 2015 dove continuò a rendersi utile, in particolare accompagnando le celebrazioni liturgiche con la musica. Un fedele che lo incontrava a Mestre afferma: “Nella confessione ho capito le qualità di questo prete: un uomo di Dio, innamorato del suo ministero che ha dedicato tutta la sua vita per i fratelli. Mi ha fatto crescere spiritualmente”.

In un foglio trovato nella sua camera vi è scritto: “Conserva questo foglio per quando morirai. Da presentare a San Pietro per entrare in Paradiso”. E poi segue l’elenco di tutte le case salesiane in cui è stato. E sullo stesso foglio era riportata una frase di don Bosco: “Alla fine della vita si raccoglie il frutto delle buone opere”.

Il Vangelo è un invito ad essere pronti ad incontrare il Signore in qualsiasi momento della vita. Don Dino era sempre e da sempre pronto perché viveva in pienezza la sua vocazione. Si è pronti ad incontrare Dio faccia a faccia quando si è vivi nella vocazione. La morte deve trovarci vivi. E la morte ha trovato don Dino vivo più che mai.

Signore, donaci altri salesiani così.

don Igino Biffi