Di padre in figlio

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SGUARDO PASTORALE

Di padre in figlio

Di padre in figlio” è il tema scelto dal “Fondaco” per l’11ª edizione dell’annuale ciclo di eventi che vede Chioggia aperta al dialogo e all’incontro. A questa ormai nota Associazione, infatti, sta a cuore creare spazi di confronto tra chiunque abbia a cuore la valorizzazione della persona. Si inseriva in questa cornice la visita del Cardinale, Segretario di Stato, Pietro Parolin, che sabato scorso ha tracciato per una folta assemblea accorsa in Cattedrale il profilo dei tre Papi che si sono succeduti nell’arco del 1978: Paolo VI, morto il 6 agosto, Giovanni Paolo I, sulla cattedra di Pietro per 33 giorni, dal 26 agosto al 28 settembre, e Giovanni Paolo II, eletto nel conclave del 16 ottobre. Audacia, sorriso e martirio sono i termini che potrebbero delineare il volto di questi giganti della Chiesa del Vaticano II. L’ha spiegato con numerose ed efficaci citazioni il card. Parolin che, a conclusione del suo excursus, ha focalizzato alcune costanti emblematiche per l’azione pastorale di ogni epoca.

Sono sorgenti zampillanti a cui attingere per trasmettere da padri a figli, appunto, non solo quella ricchezza di valori su cui è fondata la nostra cultura cristiana, ma ancor di più le certezze che li alimenta. Innanzitutto la fede nel Dio di Gesù Cristo, che ha un disegno di salvezza sull’umanità e sulla storia, riconoscibile al di là delle congiunture che ci mettono tante volte alla prova. Poi la speranza riposta non solo nell’azione dello Spirito ma anche nell’animo umano dove Egli abita e opera efficacemente al di là dei nostri comportamenti. E ancora la carità, l’amore indivisibile per Dio e per i fratelli, che costituisce la grande regola dell’etica cristiana. Da qui derivano alcune peculiarità pastorali, che hanno segnato il cammino della Chiesa e sono accolte oggi con ovvietà e naturalezza, ma sono un’eredità di questi nostri padri sul fronte dell’evangelizzazione e della testimonianza. La più importante è quella del dialogo: non più una Chiesa arroccata sulle proprie sicurezze, ma in ascolto e impegnata sinergicamente con quanti cercano la verità e la giustizia, qualunque sia la loro identità sociale e religiosa. Da questa deriva la peculiarità dell’accoglienza, perché la Chiesa non può avere nemici o avversari, ma soltanto fratelli e sorelle da amare e servire, con cui soffrire e gioire, nella ricerca del vero bene di tutta la comunità umana. Anche l’impegno sociale costituisce una peculiarità di questa eredità, in quanto non ci vede più schierati con un preciso movimento ma disponibili al confronto con quanti riconoscono lo speciale apporto che viene dall’annuncio coraggioso del Vangelo.

Uno sguardo positivo, allora, sull’uomo e sulle sue potenzialità. Ha brillato sul volto dell’eminentissimo ospite e nelle parole con cui ha risposto alle domande dello storico e giornalista Andrea Tornielli sul futuro della Siria, sul dialogo con i paesi dell’Oriente, in particolare Corea e Cina, e sulla problematica del “fine vita” venuta alla ribalta con la vicenda del piccolo Alfie. Nessuna illusione che i drammi di un’umanità ferita dal male e dal peccato, unici nemici da sconfiggere, svaniscano d’incanto, ma la certezza che Cristo risorto li ha già vinti, e noi con Lui, se ci mettiamo sulla via della santità ufficialmente riconosciuta a Montini, Luciani e Wojtyla. 

don Francesco Zenna

 

Nuova Scintilla n.18 – 6 maggio 2018