Il ministro straordinario della Comunione

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SGUARDO PASTORALE

Il ministro straordinario della Comunione

“Leggo sempre con interesse la rubrica «Sguardo pastorale» che curi settimanalmente. Perché non scrivi qualcosa sui ministri straordinari della comunione?”. Eravamo nella sacrestia della Cattedrale, dopo la Messa del vescovo che, nell’ambito della celebrazione per la Giornata della Vita consacrata, aveva conferito il mandato a più di trenta nuovi ministri e rinnovato quello di un altro centinaio. Un piccolo esercito a servizio della comunità cristiana nel suo impegno di prendersi cura delle persone anziane, malate e sole. Non voglio certamente sostituirmi alle importanti lezioni tenute in questi mesi sul significato e gli obiettivi di questo servizio, sulle modalità con cui va svolto e sulla spiritualità che lo supporta, ma raccolgo l’invito di questo amico per focalizzare alcuni aspetti relativi alla persona del ministro. Non è una questione secondaria, per quanto il Signore si possa servire di strumenti poveri e nessuno possa presumere di esserne degno. Distribuire il pane eucaristico non è infatti una mera funzione ma un gesto simbolico, carico di rimandi teologici ed esistenziali, che coinvolgono la comunità e la persona stessa del ministro. I più importanti riguardano la fede nella presenza reale, il dono e l’accoglienza della vita divina, la partecipazione all’azione sacramentale, la comunione che si istaura non soltanto con il Signore Gesù ma con le persone, non ultimi i familiari, che vivono accanto e per coloro che ricevono il corpo di Cristo.

Al ministro della comunione viene richiesta perciò una grande capacità di entrare in relazione, di avviare e coltivare relazioni aperte e serene. È riconosciuta come persona solare, amica di tutti, portatrice di speranza, dallo spirito ottimista, in grado cioè di far cogliere sempre il positivo e aiutare a vincere lo scoraggiamento e la paura.

Al ministro della comunione viene richiesta anche la disponibilità a vivere in modo generoso e disinteressato il suo servizio. Non lo ricerca per fregiarsi di un titolo od occupare uno spazio, ma lo accoglie come una forma di donazione di sé e di solidarietà umana, mettendo a disposizione con gioia il proprio tempo e le proprie risorse a chi vive nella fragilità.

Il ministro della comunione compie un cammino personale di fede serio e responsabile, caratterizzato da una forte appartenenza ecclesiale e aperto alla formazione permanente. È in ricerca, coltiva la preghiera, si mette in ascolto della Parola e condivide con gli altri il suo percorso. Non è un isolato, ma profondamente inserito nella comunità, che rappresenta e contribuisce a costruire, soprattutto nella dimensione della compassione e della tenerezza. Si preoccupa di conoscere tutti gli aspetti del suo ministero, impegnandosi ad un aggiornamento costante.

Gode della stima della comunità, specialmente se deve portate la comunione nelle case di malati e anziani. Una stima che riguardi non solo le virtù cristiane ma anche quelle umane, tanto richieste ed apprezzate dalla società e dalla cultura attuali: l’onestà, l’altruismo, la sincerità, la delicatezza, una buona dose di pazienza e tanta dolcezza.

Spero di non scoraggiare nessuno, ma di sollecitare una verifica relativa non solo alla conoscenza e allo svolgimento del compito affidato, ma alla persona stessa e alla coerenza con le sue convinzioni e le sue scelte. Chi accetta di farsi strumento perché il Signore Gesù possa raggiungere anche con il sacramento dell’Eucaristia i fratelli e le sorelle impossibilitate dall’infermità è chiamato ad amare profondamente il corpo di Cristo, quello presente nelle specie, quello costituito dalla comunità di appartenenza e quello incarnato nelle membra sofferenti.

don Francesco Zenna

Nuova Scintilla n.6 -11 febbraio 2018