Cristo pastore, ospite, vincitore della morte e giudice

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PAROLA DI DIO – DOMENICA XXXIV DEL TEMPO ORDINARIO – Solennità di Cristo Re dell’universo –  A

LETTURE: Ez 34,11-12.15-17; Dal Salmo 22; 1 Cor 15,20-26.28; Mt 25,31-46

Cristo pastore, ospite, vincitore della morte e giudice

Ez 34,11-12.15-17: “Come un pastore… quando si trova in mezzo alle sue pecore… le radunerò”.

In Israele il re più famoso, Davide, fu scelto dal profeta Samuele, mandandolo a chiamare proprio mentre era a pascolare il gregge paterno. L’azione di Dio verso il suo popolo viene definita prendendo spunto da tutte le cure e attenzioni che un pastore ha nei confronti del suo gregge: lo conduce al pascolo, lo custodisce da ladri e da bestie, lo porta ad abbeverarsi e lo riconduce all’ovile. A volte capita che temporali improvvisi e relative nebbie improvvise provochino la dispersione del gregge che fugge spaventato e qualcuna anche si ferisce. Il pastore, passato il temporale, va in cerca delle pecore, le raduna, le riconduce all’ovile e le passa in rassegna una per una per vedere se ne manca qualcuna. Il profeta descrive in questo modo la sollecitudine di Dio per il suo popolo, per tutti e per ciascuno, secondo la condizione di ciascuno. Il profeta lo diceva al popolo che viveva la bufera dell’esilio e della dispersione. Questo vale anche per ognuno di noi quando viviamo l’esperienza dello smarrimento e della dispersione: Dio esercita la sua azione ‘regale’ prendendosi cura e prendendosi a cuore la situazione di ciascuno.

Dal Salmo 22: “Il Signore è il mio pastore, non manco di nulla”.

La liturgia ci propone oggi la seconda parte di questo salmo, nella quale il Signore, dopo averci guidati, nutriti e accompagnati lungo il cammino della vita, come fa il pastore con le sue pecore, alla fine ci accoglie, come si accolgono gli ospiti graditi che arrivano dopo un lungo cammino, per averci alla sua mensa nella sua casa ‘per sempre’.

1 Cor 15,20-26.28: “Consegnerà il regno a Dio Padre, perché Dio sia tutto in tutto”.

Anche san Paolo fa ricorso ad una immagine per parlarci del destino futuro di “quelli che sono di Cristo”. L’immagine è quella della ‘primizia’, riferita a Cristo risorto. La primizia matura per prima e anticipa il raccolto. Cristo risorto è primizia, cioè anticipazione della sorte di tutti i credenti in Lui, che per mezzo della fede gli appartengono. Il Figlio di Dio incarnato appartiene all’umanità, e ne è la primizia. Se tutta l’umanità ha condiviso la sorte di Adamo, primo uomo, ora tutti i credenti in Cristo condivideranno la sua sorte: Egli è il primo, la primizia di coloro che per fede gli appartengono. Egli ha vinto la morte con la risurrezione, l’ha vinta con la vita. Ora tutti coloro che gli appartengono riceveranno quella vita che Lui per primo ha ricevuto e che è anticipo della vita che sarà donata. Egli guiderà al Padre tutto il corteo di coloro che per mezzo della fede hanno scelto di mettersi al suo seguito: condivideranno la vittoria sulla morte e diverranno partecipi della stessa vita divina, perché Dio sarà tutto in tutti”.

Mt 25,31-46:“Venite, benedetti del Padre mio… Via, lontano da me, maledetti…”.

Colpiscono i due diversi esiti conseguenti a due sentenze che hanno tutta l’aria di essere ‘definitive’, pronunciate dal “Figlio dell’uomo … seduto sul trono della sua gloria”, cioè nella sua funzione di giudice di tutti i popoli radunati davanti a lui (vv.31-33). Seguono le scene del dialogo del giudice con quelli “posti alla sua destra” con il pronunciamento della sentenza che li riguarda (vv.34-40) e del dialogo e della sentenza che riguarda “quelli posti alla sua sinistra” e relativa sentenza finale (41-45). Una frase conclusiva descrive la differente situazione definitiva dei due gruppi giudicati (v.46). Colpisce che per quattro volte sia ripetuto l’elenco delle sei opere di misericordia, il cui compimento viene approvato e il cui non compimento viene biasimato, e che è la causa delle due differenti sentenze e della conclusione. Nella domanda rivolta al giudice dai due gruppi, la ripetizione delle sei opere è abbreviata, specie nella domanda di “quelli posti alla sua sinistra”, dove tutte le sei opere vengono riassunte con il solo verbo servire: “Signore, quando ti abbiamo visto affamato o assetato o straniero o nudo o infermo o in carcere e non ti abbiamo servito?”. Il rifiuto di quel servizio è la ragione della perdita della salvezza: è su questo che l’evangelo vuole ammonire. Si noti pure la meraviglia da parte di entrambi i gruppi quando viene loro detto dal Giudice che lo hanno o non lo hanno servito! Quando mai ti abbiamo visto … e ti abbiamo servito?”. Il giudice identifica allora se stesso con quei fratelli più piccoli ai quali è stato prestato o negato il servizio marcando quella identificazione con “In verità vi dico…”. Il gruppo che ha provato compassione verso i fratelli nel bisogno e si è prodigato per portare loro soccorso trova la piacevole sorpresa di scoprire che il giudice divino si è sentito da loro amato e servito in quegli uomini. Dall’altra parte il gruppo che non ha prodigato il suo aiuto a uomini bisognosi adesso si sente dire dal giudice divino che nel rifiutare l’aiuto a quei poveri essi hanno negato a Lui il loro aiuto. Ma perché non averlo saputo prima? Ora, a chi legge questa pagina, Gesù lo dice con autorità! Ora si sa cosa si deve fare, e sarà importante e urgente farlo sapere e annunciarlo a tutti. Ma chi sono quei ‘piccoli’ per Gesù? Sono quegli affamati, assetati, forestieri, nudi, malati, carcerati, che Gesù incontrava sul suo cammino e che anche oggi si incontrano. In essi Gesù si sente servito e amato lui stesso, quel Gesù che incontreremo quale nostro Giudice divino, Re e Signore dell’Universo. Ci auguriamo tutti di essere di quelli che dopo aver ascoltato la sua Parola, la mettono in pratica e che un giorno si sentiranno da Lui dire: “Venite benedetti nel Regno preparato per voi…”.

+ Adriano Tessarollo