Il nemico della fraternità

mons zenna
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SGUARDO PSTORALE

Il nemico della fraternità

Dove si radica la mancanza di fraternità sacerdotale? Nella sufficienza, nell’arroganza, nella pretesa che ognuno ha di essere depositario della verità e perfetto nel comportamento. Per cui tutti gli altri sbagliano, meritano scarsa considerazione, anzi è meglio gettarli nel ridicolo così cresce la considerazione nei propri confronti. Mi sembra di poter sintetizzare così il pensiero espresso dal papa a Genova il 27 maggio scorso, in risposta alla domanda che gli poneva un anziano sacerdote: «Vorremmo vivere meglio la fraternità sacerdotale. Ci può dare qualche indicazione?». Sono senz’altro importanti gli incontri promossi a livello vicariale e diocesano, sia per meditare la Parola, sia per affrontare questioni pastorali, sia per fraternizzare nell’ascolto e nell’accoglienza reciproca. Ne abbiamo vissuto uno proprio questo giovedì a Taglio di Po in occasione della riapertura della chiesa restaurata. Ma la mentalità del “prete Google e Wikipedia” (in altre parole di colui che sa già tutto e non ha bisogno di consigli), come lo definisce papa Francesco nella sua risposta, mette in dubbio l’utilità di queste riunioni.

E, siccome le ritiene una perdita di tempo, non vede l’ora di poter sgattaiolare via in nome di chissà quali impegni inderogabili. Possibile che l’attenzione e l’interesse si intensifichino quando il vescovo parla di soldi e di cambiamenti, mentre cala sensibilmente quando mette di fronte alle sfide del tempo presente e alla necessità di trovare insieme delle risposte a livello personale e presbiterale? «Ci sono domande da farci mentre nelle riunioni non ascolto l’altro che parla: perché non mi interessa? Perché non mi interessa quello che sta dicendo il mio fratello prete? Occorre ascoltarsi, pregare insieme, un buon pranzo, e fare festa insieme, i preti giovani una partita di calcio insieme, questo fa bene; essere fratelli, la fratellanza tanto umana. I “fratelli” sono una ricchezza uno per l’altro». Sembrano consigli scontati ma ne abbiamo proprio bisogno, consapevoli che «non siamo il Signore, noi siamo i discepoli del Signore, dobbiamo aiutarci, anche litigare, come i discepoli che litigavano per chi fosse il più grande tra loro, però non sparlare, dire “da dietro”. Sembra stargli a cuore particolarmente questa questione della maldicenza. Non è la prima volta che la stigmatizza. A Genova ha toccato l’apice della denuncia, anche se con un po’ di titubanza, visto che si è chiesto tre volte se era il caso di dire quanto aveva in mente. Ma poi l’ha detto: «Per fare una nomina di vescovo si chiedono informazioni a sacerdoti, fedeli, consacrati: a volte si trovano delle calunnie, o opinioni che senza essere gravi svalutano il prete, e si capisce subito che dietro c’è la gelosia. Quando non c’è fratellanza sacerdotale c’è il tradimento del fratello. Per andare, crescere, si spella il fratello. Il nemico grande contro la fratellanza sacerdotale sono l’invidia e la gelosia. Capita che sia più importante l’ideologia che la fratellanza, e anche della dottrina. Ma dove siamo arrivati? Può aiutare a sapere che nessuno di noi è il tutto, tutti siamo parti di un corpo, la Chiesa di Cristo. La pretesa di avere sempre ragione porta a sbagliare, ma questo si impara dal seminario». E qui introduce un’immagine del cardinale Canestri che definiva la Chiesa “come un fiume” e affermava che “l’importante è essere dentro al fiume”. «Essere a destra o a sinistra del fiume è una varietà lecita, l’importante è essere dentro il fiume. E tante volte noi vogliamo che il fiume diventi piccolo e solo dalla nostra parte, e condanniamo gli altri, e questo non è fratellanza. Tutti dentro il fiume. Questo si impara nel seminario, e io consiglio ai formatori: se voi vedete un seminarista bravo, intelligente, ma che è un chiacchierone, cacciatelo via: sarà un’ipoteca per la fratellanza. C’è un detto: alleva corvi e ti mangeranno gli occhi; se allevi corvi nel seminario distruggeranno qualsiasi fratellanza nel presbiterio. E poi c’è il parroco e il viceparroco, a volte vanno d’accordo, a volte sono da due parti diverse del fiume: fate uno sforzo di capirvi e parlarvi, l’importante è essere dentro il fiume e non chiacchierare, serve cercare l’unità; dobbiamo prendere doni, carismi, luci di ognuno».

don Francesco Zenna

Nuova Scintilla n.25 – 25 giugno 2017