PAROLA DI DIO – Accogliere chiamata e missione

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PAROLA DI DIO – Accogliere chiamata e missione

Letture: Is 6,1-2a.3-8; Salmo 137; 1Cor 1-11; Lc 5, 1-11

Is 6,1-2a.3-8. “Chi manderò e chi andrà per noi?”.

Dopo Geremia oggi è la volta del profeta Isaia. Con il racconto della sua chiamata ogni profeta assicura chi ascolta o legge quella parola che essa ha origine da Colui che lo ha chiamato e mandato ad essere profeta. Egli è solo strumento perché le parole di Dio arrivino agli uomini. Un giorno Isaia stava partecipando alla liturgia nel Tempio di Gerusalemme. Improvvisamente egli percepì di trovarsi alla presenza di Dio che gli si manifestava e gli parlava da sopra il grande arco del tempio su cui poggiavano le statue dei “serafini”, figure alate in preghiera che acclamavano: “Santo, santo, santo è il Signore”. Gli parve allora di essere davanti al trono di Dio, avvolto da una nube di incenso che riempiva tutto il tempio. Quella nube era come la manifestazione (la gloria) di Dio in mezzo al suo popolo. Ci fu poi una voce fortissima che faceva tremare gli stipiti delle porte: era la potente voce di Dio che gridava con forza. Il sentirsi davanti al Dio Santo suscitò in Isaia un profondo senso di indegnità e paura: “Ahimè, sono perduto,…sono uomo dalle labbra impure…io abito in mezzo ad un popolo dalle labbra impure; eppure i miei occhi hanno visto il Signore”. Con l‘espressione ‘labbra impure’ il profeta vuole dire che egli è peccatore e membro di un popolo di peccatori, e quindi non degno di stare alla presenza di Dio. Ma il Signore interviene con un gesto che annuncia perdono e purificazione: uno dei ‘Serafini’ (angeli di Dio) con un carbone ardente preso dall’altare (simbolo di Dio) tocca le labbra di Isaia: “…è scomparsa la tua colpa e il tuo peccato è espiato”. Ora il profeta può stare alla presenza di Dio e udire chiaramente la richiesta di Dio: “Chi manderò e chi andrà per noi?”. Ed ecco la risposta generosa di Isaia: “Eccomi, manda me!”. Ecco come è diventato profeta! Ecco perché ora annuncia e scrive quelle parole. 

Salmo 137. “Cantiamo al Signore, grande è la sua gloria”.

 “Ti rendo grazie con tutto il cuore…mi prostro verso il tuo tempio santo”. La preghiera di lode parte dal cuore, si esprime con la bocca e coinvolge tutto il corpo: inchinarsi verso il tempio, simbolo della presenza di Dio, esprime l’atto di adorazione a Dio stesso. Come il “Tempio”, anche il “Nome” rimanda al mistero indicibile di Dio e della sua presenza. “Fedeltà e amore” di Dio assicurano l’amorevole tenacia di Dio, la cui divina misericordia è costantemente garante del patto d’amore. “Hai reso la tua promessa più grande del tuo nome”: la salvezza di Dio supera l’attesa stessa del popolo, che per questo canta “le vie del Signore”, cioè il suo disegno di salvezza e “la Gloria del Signore”, cioè la manifestazione nella storia del popolo. Siamo invitati dal Salmo ad acclamare: “la tua destra mi salva…il tuo amore è sempre”. Se impariamo a riconoscere l’azione di Dio nella nostra vita e nella nostra storia allora anche noi renderemo grazie al Signore con verità!

1Cor 1-11. “Vi ho trasmesso quello che anch’io ho ricevuto”.

San Paolo, giunto a Corinto nel 50 dopo Cristo, cioè vent’anni dopo la morte di Gesù, avvenuta nel 30, afferma di annunciare il ‘vangelo’ appreso dagli apostoli ad Antiochia, verso il 40, all’indomani della sua ‘conversione’ avvenuta verso il 36/37. Assicura quindi che racconta cose accadute poco tempo prima e i cui testimoni sono ancora vivi. Sono i fatti che riguardano principalmente la morte e la risurrezione di Gesù. E’ il “vangelo” al quale bisogna restare fedeli “dal quale anche ricevete la salvezza”. Ecco i cinque elementi essenziali di quel vangelo. Primo: “Cristo morì per i nostri peccati”. La morte di Gesù è il ‘sacrificio’ grazie al quale l’umanità è liberata dal peccato e riconciliata con Dio. Secondo: “secondo le Scritture”. Nella morte di Cristo si sono adempiute le Scritture, ad esempio quelle del profeta Isaia 52,13-53,12. Terzo: “fu sepolto”. La sepoltura è il segno certo della realtà della morte di Gesù. Quarto: “E’ risuscitato il terzo giorno, secondo le Scritture”. Se reale è stata la morte reale è stata pure la sua risurrezione, preannunciata nelle Scritture (vedi Is 53,11; Os 6,2; Sl 16,8-11). Quinto: “apparve a Cefa, quindi ai Dodici. In seguito a più di cinquecento fratelli, la maggior parte ancora viventi…. Inoltre apparve a Giacomo, quindi a tutti gli apostoli. Ultimo fra tutti apparve anche a me…”. La risurrezione, oltre che essere preannunciata dalle Scritture e da Gesù stesso, è solidamente confermata dalla serie dei testimoni autorevoli e ancora viventi che lo hanno incontrato vivo dopo la sua morte. Lo stesso san Paolo, che era ben lungi dal nutrire simpatie per la nuova comunità (“ho perseguitato la Chiesa di Dio”), l’ha incontrato proprio sulla via di Damasco. Quell’incontro ha fatto di lui un “apostolo” di Cristo’, testimone della sua risurrezione. Ecco la solidità della Tradizione su cui poggia la fede dei credenti in Cristo.

Lc 5, 1-11. “Non temere…sarai pescatore di uomini”.

Gesù è in riva al lago stretto dalla folla che desidera ascoltare la Parola di Dio. Ci sono lì due barche. Gesù sceglie quella di Simone (l’altra è di Giacomo e di Giovanni “soci di Simone”) e da essa “ammaestra le folle”. Simone dunque ferma il suo lavoro e si mette in ascolto di Gesù. Alla fine Gesù invita Simone a portarsi nelle acque profonde “per la pesca”.  “Maestro abbiamo faticato tutta la notte e non abbiamo preso nulla”. E’ la notte il tempo buono per la pesca e non hanno preso nulla! Ora stanchi per la fatica e nel momento meno adatto, cosa possono prendere? Pietro vive il conflitto tra la sua esperienza di esperto pescatore e l’ordine datogli da Gesù. “Sulla tua parola, getterò le reti”: Gesù ha parlato e per lui la parola di Gesù è più importante della sua esperienza. Ecco il risultato: “Presero una quantità enorme di pesci e le reti si rompevano…”. L’eccezionalità dell’evento provoca in Pietro stupore e spavento insieme, come nel racconto di Isaia:  “Simon Pietro si gettò alle ginocchia di Gesù dicendo: «Signore, allontanati da me che sono un peccatore»”. Con il gesto di inginocchiarsi davanti a Lui e invocandolo “Signore”, Pietro riconosce in Gesù la presenza della potenza e della santità di Dio. La risposta di Gesù è “Non temere”: il senso che Pietro ha di Dio lo porta ad avere timore, ma egli è invece invitato da Gesù a riconoscere in Lui la presenza di Dio salvifica e misericordiosa. Infine la chiamata: “Sarai pescatore di uomini”. L’accento è posto sulla trasformazione che Gesù opererà (sarai) e sulla nuova azione di Pietro (da pescatore di pesci a pescatore di uomini). Comincia così la nuova avventura di Pietro e dei suoi amici: “Tirate a terra le barche, lasciarono tutto e lo seguirono”.

+ Adriano Tessarollo