Maternità surrogata

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LO SGUARDO PASTORALE

Maternità surrogata

Solo la cultura di quell’individualismo possessivo di cui parlavo nel precedente articolo può giustificare la presa di posizione di Umberto Veronesi e della sua Fondazione sulla maternità surrogata. Egli afferma che bisogna guardare al futuro e anticipare i tempi. «L’infertilità maschile e femminile, afferma, è in aumento e non si può escludere a priori una soluzione che nei prossimi anni sarà una necessità», quella cioè della maternità surrogata. Per maternità surrogata si intende quella di una donna che volontariamente e liberamente ospita nel proprio utero un embrione prodotto con tecniche di fecondazione in vitro e che si impegna a consegnare il neonato. Secondo il noto oncologo va letta addirittura come forma di solidarietà nei confronti di una coppia sterile e la donazione del grembo va equiparata a quella di organi da trapianto. Arriva ad affermare che può essere un’occasione per le donne non abbienti di migliorare il proprio tenore di vita, pur escludendo che si debba pagare la prestazione e configurando il compenso come semplice rimborso delle spese mediche dirette e indirette, intendendo per queste ultime la perdita di reddito cui va incontro la gestante nei mesi prima, durante e dopo la gravidanza.

Con questa logica viene introdotto un concetto di persona assai allarmante, quello di un insieme di organi che funzionano indipendenti l’uno dall’altro senza alcuna visione di insieme. E soprattutto senza una progettualità che, a partire dalla ragione e dal cuore, stabilisce un senso e un’etica all’uso e all’abuso del corpo. È la premessa – afferma in una nota Paola Ricci Sindoni, presidente nazionale dell’Associazione Scienza & Vita – per giustificare perfino la schiavitù attraverso il modello utilitarista che recita: se si può e si può pagare, perché non farlo?

E poi non ci sono più regole che difendano la dignità della donna, che salvaguardino la vita affettiva e relazionale del nascituro, che determinino lo spartiacque tra bisogno e capriccio, tra diritto e rispetto della dignità della persona. Emmanuele Di Leo, presidente della Steadfast Onlus, impegnata in prima linea a combattere lo sfruttamento delle donne e dei bambini nei Paesi in via di sviluppo, intravede addirittura il rischio che si possa impiantare un business. Alla luce di alcuni numeri prodotti dal III Rapporto Mondiale sulle Tratte Sessuali della Foundation Scelles, che si occupa del contrasto al traffico di esseri umani, si può evidenziare come il business della maternità surrogata potrebbe essere più redditizio rispetto a quelli già conclamati della prostituzione e dell’immigrazione clandestina, e con minori rischi e costi. Una nuova frontiera per la criminalità organizzata. In questi ultimi due anni, infatti, stanno fiorendo sempre più società che si occupano di fornire “uteri in affitto”. «Secondo un recente studio pubblicato sul portale scientifico Reproductive BioMedicine Online – afferma Di Leo – si sta diffondendo la tendenza a trasformare gli orfanotrofi e i centri medici in vere e proprie “fabbriche di bambini”». Che una legge italiana possa sdoganare questa nuova forma di sfruttamento procreativo nei Paesi in via di sviluppo giustifica ampiamente tutte le reazioni di questi giorni. E deve interrogare tutte le nostre agenzie educative, compresa quella pastorale, su qual è l’idea di persona attorno a cui costruiamo le nostre attività e le nostre relazioni.

don Francesco Zenna