Aristide, un amico di “Nuova Scintilla”

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PASSETTO DI CAVARZERE. L’ultimo saluto a un partigiano cristiano

Aristide, un amico di “Nuova Scintilla”

Quale gioia quando mi dissero: andiamo alla casa del Signore … ed era un giovedì il 6 marzo, quando Aristide Bassani se ne è andato. Un amico del nostro giornale, un sodalizio durato una vita. Era anche la memoria storica per Passetto, e la comunità l’ha salutato, numerosissima, insieme ai Granatieri di Sardegna, sezione di Rovigo, di cui era socio, al parroco don Achille e a don Lucio. “La Storia è fatta da noi, dai nostri vizi e virtù. Ha molte brutte pagine, ma anche momenti di cui possiamo andare legittimamente orgogliosi, e tu puoi essere orgoglioso per quello che hai fatto per la tua Passetto”, così il presidente dell’Associazione Granatieri nel suo saluto ad Aristide il giorno delle esequie. Cresciuto su questa terra

baciata dal sole, ne aveva assorbito i valori umani e dall’altare i valori spirituali vissuti nel quotidiano trascorrere del tempo. Leggendo il suo diario “Passetto 1945: l’ultimo fronte” presentato dal direttore della “Nuova Scintilla” don Vincenzo: si coglie il suo spirito libero e quello che ha fatto per la sua Passetto. Aristide aveva fatto la guerra e partecipato all’arresto di Mussolini l’8 settembre 1943, combattendo per la difesa di Roma; preziosa è la sua testimonianza di quando vide Papa Pio XII accanto ai feriti dopo il bombardamento del quartiere di San Lorenzo, e quella veste bianca macchiata dal sangue dei feriti sui quali s’era chinato per confortarli. Tornato a Passetto, entrò nella brigata partigiana “Bruno Rutili”, composta da giovani dell’Azione Cattolica, seguita spiritualmente da mons. Scarpa, parroco del Duomo di Cavarzere. Aristide era chiamato “Tita” perché era buono e aiutava tutti. Internato politico, era riuscito a fuggire dal carcere di Peschiera dopo i tragici eventi dell’8 settembre 1943. Anche dopo la guerra continuò ad essere vicino alla popolazione di Passetto e s’era impegnato nella politica ricoprendo il ruolo di Consigliere Comunale, guidato dai valori cristiani di libertà e uguaglianza. Il tempo trascorreva anche sul suo forte fisico, e la sofferenza non era una maledizione per Aristide: era il naturale corollario del vivere da accogliere senza lagnarsi. Non era la sofferenza fisica il vero male per Aristide, era il non poter più partecipare alla S. Messa alla quale non mancava mai; ciò che per molti è un optional, il “ci vado quando me la sento o quando ho tempo o voglia”, per lui era il senso della vita, insieme alla devozione a Maria, con la recita quotidiana del S. Rosario. La malattia aveva segnato il suo robusto fisico fino ad impedirgli di incontrare Gesù del quale s’era sempre nutrito; il corpo era diventato una sorta di prigione per il suo forte e libero spirito, ed allora s’è preparato, chiedendo l’Unzione e la Comunione. Pochi giorni dopo, in silenzio, a quella morte alla quale era sfuggito più volte durante la guerra e nella vita, ha detto “sono pronto” e quale gioia, quando mi disse “andiamo alla casa del Signore”. Non voglio fiori al mio funerale, quei soldi dateli a chi ha bisogno, diceva, e ricordatevi di me nella Messa, con una preghiera, un sorriso, un canto.                                (L. P.)

 

da NUOVA SCINTILLA 12 del 23 marzo 2014