Va’ e d’ora in poi non peccare più

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Rubrica

PAROLA DI DIO – V domenica di Quaresima

Va’ e d’ora in poi non peccare più

Letture: Is 43,16-21; Fil 3,8-14; Gv 8,1-11

Il profeta Isaia rievoca gli interventi di Dio che hanno accompagnato l’uscita dall’Egitto. Come Dio ha restituito la libertà al popolo di Israele schiavo in Egitto, così ora lo libererà dalla cattività babilonese e lo ricondurrà in patria con prodigi ancora più grandi e sorprendenti, perché è fedele alle sue promesse (prima lettura). L’incontro di Paolo con Gesù Cristo sulla via di Damasco ha cambiato completamente la sua vita. Per lui l’unica cosa importante è lasciarsi guidare e formare da Cristo, perdere tutto per conquistare lui solo. Una adesione così profonda a Cristo comporta la partecipazione al mistero di Cristo fino alla passione e alla morte, per poter così giungere alla gloria della risurrezione (seconda lettura).

 

Il messaggio del vangelo di oggi si riassume in una frase del profeta Ezechiele: «Non voglio la morte del peccatore, ma che il peccatore si converta e viva» (cfr. Ez 33,11). Mediante il perdono che Gesù concede all’adultera, Dio si rivela come colui che ama la vita e vuole la felicità dei suoi figli, fino al punto di opporsi a coloro che, appellandosi alla sua parola, vogliono ergersi a giudici spietati dei loro fratelli. Gesù condanna coloro che si ritenevano giusti e perdona la donna che essi avevano già condannato.

Gesù si trova nel tempio; la gente che lo attornia è costituita prevalentemente da persone semplici, ma disponibili ad ascoltare la sua parola. È una parola nuova, autorevole, nella quale spicca soprattutto l’annuncio della misericordia di Dio. Scribi e farisei non gradiscono le parole di Gesù che invitano alla speranza e promettono salvezza, lo vogliono obbligare a scendere al concreto, ad applicare quelle sue belle frasi così sublimi da sembrare irrealizzabili. Gli portano una donna sorpresa in adulterio, gli ricordano che la legge di Mosè comanda di lapidare donne come quella; quindi gli chiedono come devono comportarsi (cfr. v. 5). Di fatto gli tendono un tranello che sembra senza via di uscita: se perdona la donna, Gesù si oppone alla Legge; se la condanna, cade in contraddizione con le parole che dice di pronunciare a nome di Dio. Gesù, come segno di disinteresse verso quella domanda e quelle persone, abbassa la testa e si mette a scrivere per terra. Solo dopo la loro insistenza dà la risposta: Chi di voi è senza peccato, getti per primo la pietra contro di lei (v. 7). Gesù si rivolge agli accusatori della donna, li obbliga a guardare in se stessi, a riconoscersi per quello che sono: peccatori, chiamati a giudicare prima di tutto se stessi. Gesù, nel frattempo, ritorna a scrivere per terra, gli accusatori invece uno dopo l’altro se ne vanno, cominciando dai più anziani (vv. 8-9).

Alla fine rimangono soltanto la donna e Gesù, la miseria e la Misericordia, scrive Sant’Agostino, la debolezza umana e la bontà divina. Anche la donna poteva andarsene ben contenta per quello scampato pericolo, invece rimane lì, forse perché aspetta che sia Gesù a pronunziare un giudizio di condanna, oppure perché, sentendosi liberata da morte certa, vuol dire il suo grazie e la sua fiducia a colui che ora chiama «Signore». Gesù la potrebbe condannare, ma è venuto per salvare e non per condannare il mondo (cfr. Gv 3,16ss). Per questo le dice: Neanch’io ti condanno; va’ e d’ora in poi non peccare più (v. 11).

Ogni volta che ci presentiamo davanti al Signore, soprattutto nel sacramento della riconciliazione, facciamo anche noi l’esperienza di quella donna. Gesù ci dona il suo perdono, ma ci affida anche un compito: «non peccare più», cammina sulla via del bene. «Non peccare più» è un impegno serio ed esigente, deve stare davanti a noi come obiettivo a cui tendere, come meta da raggiungere. Il cristiano deve cercare di fare il massimo e di dare il meglio di se stesso per ripudiare con fermezza il peccato e camminare nella grazia del Signore. Un elemento importante in questo cammino è saper fare verità in se stessi, mettendosi con sincerità davanti a Dio. La vita nuova nasce dalla capacità di rientrare in se stessi per vedere le proprie responsabilità personali, per riconoscere il proprio peccato, il bisogno del perdono divino, la necessità di un continuo cammino di conversione. Il cristiano è colui che sa di essere sempre soggetto al peccato, perciò, di fronte a uno che sbaglia, non si limita a giudicarlo – come volevano fare gli accusatori della donna -, ma cerca di aiutarlo a ritornare a Dio.   (Gastone Boscolo)

 

 

da NUOVA SCINTILLA 11 del 17 marzo 2013