Riflettendo sul Vangelo - Quarta Domenica, Anno C

ACCOGLIERE GESU’ IN SEMPLICITA’ DI CUORE

Vangelo di Luca, 4,21-30

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Dopo l’inizio dei segni compiuti da Gesù a Cana di Galilea, dopo l’inizio del vangelo e l’inizio della vita pubblica, oggi in Luca troviamo un nuovo inizio, quello del cammino di Gesù verso Gerusalemme: “Ma egli, passando in mezzo a loro, si mise in cammino”.  Il ripetersi di questi inizi lo sento come un invito forte a pensare alla vita di tutti i giorni come un nuovo inizio, un oggi nel quale sono chiamato ad ascoltare e tradurre la Parola di Dio secondo la chiave di lettura che Gesù dà con la sua vita, senza nulla dare per scontato.

Il discorso di Gesù nella sinagoga di Nazareth, che commenta il brano tratto dal rotolo del profeta Isaia, applicando a se stesso quello che aveva anticipato il profeta molti secoli prima, provoca negli ascoltatori dapprima una reazione di meraviglia e di stupore per il mondo nuovo evocato da Gesù e, subito dopo, una reazione di sdegno: lo conducono sul ciglio del monte per gettarlo giù. Queste reazioni da una parte ci stupiscono, dall’altra ci portano a riflettere sul fatto che l’inizio della vita pubblica di Gesù non fu costellato solo da successo e fama per i segni che compiva.

La fatica di essere autentici testimoni della Parola di Dio tra la gente, la riscontriamo nell’agire e nelle parole dei profeti di tutti i tempi, a cominciare da Gesù come il vangelo oggi testimonia. E’ la fatica che noi cristiani incontriamo nel testimoniare e annunciare il Regno di Dio nel nostro contesto di vita. Gli ostacoli incontrati e sofferti da Gesù e da tanti profeti, sono anche i nostri ostacoli.

Coloro che avevano ascoltato Gesù nella sinagoga di Nazareth dicevano: “Costui non è il figlio di Giuseppe?”. Il primo ostacolo è dato dalla fatica a cogliere parole di grazia che escono dalla bocca di gente che, come Gesù, vive la vita quotidiana nelle periferie della società, nella semplicità di una vita quotidiana uguale a quella di tutti. Gesù aveva vissuto quasi trent’anni in quel villaggio sperduto di Galilea. Tutti lo conoscevano, lo avevano visto crescere con i loro figli. Tuttavia “in quell’ oggi si è compiuta la parola che avete ascoltato” si contempla l’oggi del Regno di Dio che si compie tra i poveri, tra le persone che soffrono, tra quanti vengono considerati gli scarti della società, e apparentemente non hanno nulla da dire agli occhi del mondo e della società.

Tutti si aspettano qualcosa di fantastico dal loro compaesano, vogliono che Gesù faccia qualche prodigio anche in mezzo a loro, come altrove. E’ un ulteriore ostacolo all’accoglienza della presenza di Dio, finalizzata alla soluzione dei nostri problemi e conforme alle nostre aspettative. Si cerca Dio quando si sta male, si va in chiesa per ottenere qualcosa che ci preme. Ma chi coltiva una spiritualità dalle facili e immediate soluzioni o una fede basata su effetti magici, ne esce sempre frustrato.

Una ulteriore difficoltà la si vive quando consideriamo Dio un nostro patrimonio esclusivo, ritenendoci dei privilegiati. Gesù ricorda due episodi del tempo dei profeti Elia ed Eliseo. Dio manifestò la sua benevolenza e la sua forza di salvezza ad una povera vedova, pagana, non appartenente al popolo di Israele, e ad un funzionario del re di Siria, Naaman, affetto da lebbra. Quei due stranieri, abbracciati dalla misericordia di Dio, testimoniano una apertura universale del Vangelo che non è riservata ad una categoria ma a tutte le genti, a tutti i popoli, a tutte le culture, anche fuori del recinto del popolo eletto.

Nel nostro cammino di vita cristiana, quante volte abbiamo riconosciuto Gesù di Nazareth come Messia, consacrato con la forza dello Spirito, inviato per annunziare un lieto messaggio ai poveri e per proclamare l’anno di grazia del Signore? Di fronte a questa conoscenza e appartenenza qual è la nostra reazione?

Al di là della risposta che ognuno di noi può dare, il vangelo ci chiede di accogliere Gesù nella sua umiltà e semplicità, senza cercare i grandi prodigi, e di metterci al suo seguito sicuri che solo così possiamo realizzare pienamente la nostra vita.

Don Danilo Marin