Chioggia. Istituto San Giuseppe

Grandi le opere del Signore

150 anni dalla fondazione, a servizio di tutti, attraverso le serve di Maria Addolorata

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I 30 ottobre 2020, nella Chiesa di San Giacomo Apostolo, abbiamo avuto la gioia di partecipare alla celebrazione per il 150esimo di fondazione dell’Istituto San Giuseppe a Chioggia. Quest’opera di carità, il cui carisma continua ancor oggi attraverso le Serve di Maria Addolorata, vide la luce grazie alla fede tenace di padre Emilio Venturini, oggi Venerabile, e di madre Elisa Sambo, oltre che alla loro perfetta sintonia spirituale e alla fiducia totale nella provvidenza che fece dire a padre Emilio l’8 ottobre del 1870: “Ora si cominci, Iddio provvederà”.  Il celebrante, don Giovanni Vianello, nella sua omelia delinea le origini di questa fondazione con semplicità e chiarezza: “L’opera è sorta così: da una parte l’attenzione a quanto la storia poteva rivelare della volontà di Dio, dall’altra una fede rocciosa di un uomo e di una donna che avevano fatto della loro vita un Vangelo vivente”. Sappiamo dalle fonti storiche che padre Emilio aveva una profonda capacità di cogliere i segni dei tempi e di capire, in particolare, i bisogni del contesto clodiense. Inoltre non mancava certo di idee sul come poter intervenire. Ma ciò non sarebbe bastato se lo slancio che gli infiammava il cuore (“Io ardente alle volte come una mina, non so patire indugi”) perfettamente condiviso da madre Elisa, (“… pronta correva di giorno e di notte ove il padre Emilio la mandasse”) non avesse avuto la sua origine in Cristo. Non a caso, il motto che egli aveva fatto suo, inscritto in una croce appesa all’entrata dell’Orfanotrofio era: “Caritas Christi urget nos” (2Cor 5,14). “L’amore di Cristo ci spinge”.

Il celebrante ci ha dato una efficace definizione di questa carità vissuta: “Impariamo da padre Emilio e madre Elisa a lasciarci interrogare sulla nostra carità vissuta, sul dono della nostra vita cristiana. Se la fede rimane statica, diventa sterile, se comincia a reagire con sollecitudine ai bisogni veri del nostro tempo, come ci insegna Gesù nel Vangelo, allora si crea un movimento sociale che come un seme nel terreno diventa un grande arbusto e molti si uniranno a questa nuova famiglia umana”.

Durante la bella messa partecipata, concelebrata da diversi sacerdoti della diocesi e vivacizzata dal canto del coro adulti della parrocchia Madonna della Navicella, riconoscenti abbiamo ripetuto con il salmista: “Grandi sono le opere del Signore!” pensando proprio a quella piccola istituzione, nata 150 anni fa, posta successivamente sotto la protezione di San Giuseppe e consacrata il 19 marzo 1871 che continuò a crescere, con costanza fino alla comunità religiosa che proseguì l’operato di questi due maestri di fede e carità, la congregazione che ancora oggi continua a costruire ponti di fraternità e accoglienza anche oltre il contesto locale, in terra di missione. Ho trovato molto concrete e attuali le parole con le quali don Giovanni ha concluso la sua omelia: “…per compiere l’opera di Dio non c’è bisogno di aspettare ‘tempi migliori’, ma soltanto occorre mettere in atto coraggiosamente la propria vocazione cristiana mettendola in gioco fino alla fine”. Possa esserci d’esempio la fede di padre Emilio secondo il quale Dio non fa mai mancare il sostegno della Sua provvidenza cioè l’ordine con il quale regge e protegge la creazione e guida lo sviluppo della storia.

Mariangela Rossi