Azione cattolica di Loreo

La Vita si racconta

AC_LOREO
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Lo scandire dell’ora fa sì che puntualmente  sugli schermi delle postazioni casalinghe appaiano via via i volti delle persone che compongono il Gruppo parrocchiale Adulti dell’Azione Cattolica di Loreo. Lo sguardo si sofferma a individuare eventuali assenze, chiedendo notizie al riguardo: si anima così il momento associativo se pur virtuale, un impegno che per certi versi sta diventando atteso, dettato dalla necessità di aprire relazioni che, se pur non fisiche, permettono di soddisfare aspettative che forse qualche tempo fa, nella normalità di vita, non avrebbero avuto la stessa risonaza. Il volto di don Angelo, parroco–assistente dell’Associazione, invita il gruppo a riprendersi dalle condivisioni degli eventi per un momento di preghiera che dà inizio alla riunione. Il tema previsto dal percorso annuale  “Genitori Per” affronta questa volta la dimensione della vita familiare intesa come “Attimi di cura”. Forse la situazione che stiamo vivendo ci approccia facilmente al tema: riscoprire il significato di essere “famiglia” nella fragilità di questo periodo. Tanto tempo per stare insieme, tanto tempo per far da mangiare insieme, tanto tempo anche per pregare insieme, guardarsi attorno e riscoprire valori che forse prima non erano focalizzati: una opportunità che ci è concessa, pur nella paura collegata alla speranza di un futuro che sembra tardare ad arrivare. I primi interventi del gruppo fanno emergere che nel vivere l’ordinarietà è fondamentale cogliere i valori di ogni gesto: “spesso – interviene una voce non visibile nel monitor – si ricordano solo gli attimi importanti, mentre hanno valore anche i più semplici”. La pagina del Vangelo di Matteo, commentata attraverso il video recuperato tra i sussidi digitali del settore Adulti  nazionale dell’Azione Cattolica dall’assistente  nazionale della Fuci  don Andrea Albertin, ci riporta la vita ordinaria di Gesù, vissuta in un luogo ordinario, lavorando, in famiglia, sperimentando l’obbedienza, imparata attraverso le convenzioni e i ruoli stabiliti nelle relazioni parentali e sociali. Questo porta il gruppo a riflettere con interventi che individuano che l’ordinarietà di vita segna il nostro vissuto, anche se talvolta non ce ne accorgiamo,  l’importanza del quotidiano è dare “cura a noi stessi”. “Ama il prossimo tuo come te stesso. Se hai una buona stima di te, sarai capace di relazionarti meglio con gli altri” è il messaggio che proviene da un riquadro del monitor. Il gruppo, ormai  ben rodato, si confronta sui passaggi della vita: la santità a cui siamo chiamati ce la giochiamo nella quotidianità, sapendo che essa è legata sempre ai piccoli gesti, anonimi, che si imparano in casa, sono gesti di un figlio, di un padre, di una madre, di un fratello, di un nonno, intrisi di affetto, tenerezza, gesti ordinari che forse, qualche tempo fa, sparivano dalla nostra attenzione, ma che oggi, nella fragilità del momento, acquistano quell’attenzione di cura che diventa balsamo per sostenere le fatiche dell’isolamento. Gesti di cura che da sempre hanno segnato il progredire della nostra vita: l’attenzione alla fragilità dell’appena nato, alla cura nella crescita, alla difficoltà nel momento della crisi… Non sembra facile, viene ricordato, gestire la vita ordinaria in una situazione in cui le tensioni della convivenza talvolta sembrano far esplodere il tessuto vitale, fragile e messo a dura prova. Le debolezze che inevitabilmente si manifestano fanno anche recuperare la dimensione della carità vicendevole, che ci spinge a cambiare il nostro sguardo, facendo spazio al mistero che ci circonda e che chiede di essere accolto. “Si tratta – afferma un volto del monitor – di prendere coscienza che quello che noi siamo oggi è frutto di quello che è stato seminato nel nascondimento”. Allora a fronte di queste sollecitazioni la riflessione porta a dire che questo tempo, spogliato dal superfluo, sembra suggerire a tutti noi l’esigenza di riscoprire nella dimensione della “cura” il significato dell’appartenenza. La casa non è solo il nido della sicurezza, ma anche il luogo dove si manifesta, attraverso i gesti quotidiani, la nostra gioia di stare insieme, come coppia, come figli, come fratelli, se però avremo la capacità di leggere con sguardo attento ciò che oggi ci sollecita come “novità” ma che dovrà essere riconiugato come “normalità” di vita. Il gruppo, avviandosi alla conclusione, dopo quasi due ore di collegamento Skipe, individua l’importanza di far tesoro degli aspetti di vita che ci stanno coinvolgendo in questo periodo, la “santità  di chi sta nella stanza accanto” scoperta, letta e vissuta in questi giorni ci porterà ad educarci, con piccoli gesti di cura, a fidarci e a contare gli uni sugli altri, alla condivisione di quella responsabilità che fa di questo momento di prova  un tempo di crescita. I piccoli riquadri nel video via via si spengono per far ritornare ciascuno  nella fragilità dell’ordinarietà di vita, ma con un pizzico di gioia, alimentato dalla condivisione di un comune cammino associativo e amicale.

Michele Panajotti