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L’umiltà, come misura

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Da qualche giorno sono inciampato in una espressione bruciante di Evdokimov: “L’arte dell’umiltà non sta nel divenire questo o quello, ma di trovarsi esattamente alla misura prevista da Dio”. Lo scrive nel 1964 in un suo libro intitolato Le età della vita spirituale. A 50 anni di distanza queste parole hanno ancora una freschezza palpabile che affascina e attrae. Intanto parlare di umiltà oggi è assai provocante. Nel roboante mondo dei diritti e dei doveri, dei ricchi e dei poveri, delle monete virtuali, del potere mediatico, dei pruriti scandalistici, del giustizialismo, della libertà senza compromessi, dei valori forti, dei populismi e delle spiritualità fai-da-te, in questo grande minestrone culturale la parola umiltà sembra svanire, in silenzio, nell’indifferenza di un consenso collettivo che l’ha posta nel dimenticatoio in attesa che qualche software la cancelli alla prima pulizia programmata. Evdokimov la definisce un’arte: un’opera creativa, in cui corpo, anima e spirito si uniscono per generare l’inatteso. L’arte è anche dialogo tra chi realizza e chi osserva. È anche un’esperienza perché coinvolge chi osserva immergendolo nel prolungamento del sé dell’artista che è l’opera stessa. Proprio per questo l’arte dell’umiltà ti cambia. A noi verrebbe più utile parlare di conversione: ti orienta da un’altra parte, una strada forse inaspettata, forse non immaginata, forse evitata. Con l’umiltà si passa per di qua: prendere o lasciare. Perché la conversione ti costringe a stare in quella misura, in quel tempo e in quello spazio che scopri essere stato scelto, preparato e donato da Dio. Pensando al contrario vien da dire che non si può essere umili se non si sa quale sia la misura di Dio. Grande o piccola? Vicina o lontana? Controcorrente o assecondante? Quante domande si sono aperte da una semplice affermazione di un uomo russo nazionalizzato francese! Quando scrive queste pagine si trova a Roma come inviato dell’Istituto San Sergio (con sede a Parigi specializzato nello studio dei Padri della Chiesa) al Concilio Vaticano II. Lui ortodosso, inviato dalla sua Chiesa ad assistere i lavori della Chiesa cattolica che si stava ripensando alle soglie della grande contestazione europea nella quale ritornano quattro secoli dopo alcuni ideali del tempo di Carlo V in qualche modo presenti nei documenti del Concilio di Trento. Com’è affascinante rileggere gli alti e i bassi della storia come un’arte fatta di nodi, che tengono insieme i fatti anche lontani tra loro! Visioni a parte, in questo magma spirituale l’umiltà fa breccia oggi nel percorso spirituale di coloro che vogliono trovarsi esattamente nella misura prevista da Dio. Che ventata di spirito! Che ricchezza di profezia! L’arte dell’umiltà significa essere tutto e il suo contrario a seconda di quale sia il disegno divino. In effetti la Sacra Scrittura ci presenta uomini e donne che nella loro storia hanno dovuto chiedersi continuamente quale fosse il volere di Dio per capire quale fosse la loro misura, fino ad arrivare ad essere folli, incomprensibili, pienamente umili: la tradizione della Chiesa d’oriente ci narra dei Santi pazzi e folli. Hanno cercato e trovato la misura prevista da Dio e per questo sono artisti di umiltà.

 Damiano Vianello