COME NANI SULLE SPALLE DEI GIGANTI

Dipende dalla prospettiva

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Ci sono molti modi per guardare la realtà, per accogliere il mistero dell’esistenza che abbraccia il creato: tutto dipende dal nostro punto di osservazione. Il primo punto che accomuna tutti noi è quello della nostra storia, delle relazioni che ci hanno plasmato, dei doni che il buon Dio attraverso sorella natura ha messo nel nostro essere. Ci siamo fatti un insieme di simboli del mondo che determinano il nostro punto di vista e sono esplicitamente culturali: sono nato in quel luogo, ho incontrato quelle persone, ho frequentato quelle scuole, ho messo a frutto questo e quel dono assieme a quella e a quell’altra persona. Il tempo e le scelte ne hanno dato poi una configurazione. Questo primo sguardo possiamo chiamarlo universo simbolico: in noi abitano dei simboli che diventano capaci di intercettare il reale e di darne un senso. Questo livello di base è quello fondante ma non è l’unico e quindi non può ergersi come esclusivo. Quando sentiamo affermazioni del tipo “io la penso così”, “io credo colà”, coloro che ci parlano fanno riferimento a questo primo e unico (per loro) punto di osservazione. La spiritualità, che si manifesta come capacità di sintesi di questo grande e vasto universo simbolico ha già in sé la capacità di far uscire da questo stesso universo per incontrare quello degli altri e di variare punto di osservazione. I testi della Scrittura parlano coi simboli del sopra/sotto, dentro/fuori, cioè cercano di esprimere la realtà che supera e cambia prospettiva. I profeti ne hanno fatto esperienza e ogni volta han dovuto ritrovare la sintesi giusta tra ciò che era la loro conoscenza e ciò che lo Spirito comunicava attraverso quei cambi di prospettiva. Oggi credo abbiamo bisogno proprio di questa capacità spirituale, di cambiare prospettive secondo la creatività dello Spirito che soffia e spinge le comunità dei credenti a incontrare il “nuovo” che si compie ogni giorno sotto (o sopra) i nostri occhi. Pensiamo per un momento al mondo che intercettiamo quando viaggiamo a bordo delle nostre comode e silenziose auto e a quello che ci appare davanti quando saliamo in autobus, in treno, in aereo. Siamo sempre noi, la realtà è sempre quella, ma il cambio di prospettive ci apre alla novità: luoghi, campi, case, monti, fiumi, la stessa gente, tutto ci si rivela in modo nuovo e spesso inaspettato. Credevamo che quel tragitto fosse solo di pendolari del lavoro e invece troviamo studenti e turisti. Credevamo che quel paese fosse tutto tradizionale e da sempre esente da fratelli migranti e invece in autobus troviamo volti, colori e aromi di altre culture e di altri popoli. Dopo tali esperienze il nostro universo simbolico vacilla, freme, deve trovare le corrispondenze con la novità che scuote la coscienza e, normalmente, la rifiuta. Ciò che non trova sintesi in noi viene rigettato, allontanato, condannato come pericoloso e mortifero. Dalla relazione e dalla spiritualità conseguente possiamo risalire a ciò che realmente ci abita, a ciò che ha espresso il nostro universo simbolico e ciò che ci rende realmente umani. Mi chiedo perciò quali universi simbolici stiano alla base dei sempre maggiori fenomeni di razzismo e di rifiuto difronte alle molteplici “diversità” che caratterizzano la nostra epoca e quali siano quelli che generano rifiuto e ostacolo alla novità del Vangelo. Da che prospettiva guardiamo?

Damiano Vianello