I GIORNI

In cerca del cristianesimo

monache-trappiste
Facebooktwitterpinterestmail

A fine estate, un’ultima grazia. Non solo il prolungarsi delle giornate di sole, ma la bellezza di nuovi incontri. Arrivi a toccare l’essenziale che entra nell’anima con la scansione delle ore della giornata. “Andiamo a letto come le galline e ci alziamo come i galli”, dice sorridendo la monaca sagrestana. Assai prima del canto del gallo le monache trappiste di Vitorchiano, nei pressi di Viterbo, rispondono al primo tocco della campana.

Non è particolarmente difficile svegliarsi alle 3 del mattino, se Compieta è alle 19 e vai a letto verso le 20. La schiera delle settanta e più monache disposte in due file negli stalli della chiesa del monastero ha la solennità e l’evidenza di un popolo. Spuntano alcuni veli bianchi e qualche vestito normale, a distinguere giovani novizie e postulanti. Presto una decina di monache andrà in Portogallo per una nuova fondazione che si aggiunge alle 7-8 già realizzate in vari continenti. Nella foresteria del monastero tutto è ordinato e composto al millimetro, gli oggetti della camera e quelli della sala da pranzo.

Sei coinvolto per la pulizia e l’ordine: tre chiavi per l’accesso ai locali, bidoncini distinti per le pulizie, orari e campanella di avviso delle ore di preghiera, libretti e fogli per la celebrazione delle ore. Prima della Messa, le sàpide confidenze e le dritte dell’anziano monaco celebrante, fiammingo: “A 5 anni mia mamma mi ha insegnato a lavarmi le mani da solo, e ancora faccio così nella messa” (Non vuole essere aiutato all’offertorio). “Quando sbagliate nelle celebrazioni, fàtelo con solennità…”.

Nel ritmo delle sette ‘ore’ della preghiera corale, la giornata trascorre tra lavoro e silenzio, con il privilegio di qualche dialogo personale. Vivere per Cristo, nella sua compagnia esteriore e interiore, ricompone la struttura della persona, ne segna il destino, provoca tutte le energie e apre il cuore alla felicità.

Entrando nel tessuto di queste vite consacrate a Dio, sorge l’impulso a sollecitare i cristiani a conoscere e visitare luoghi nei quali la fede è proclamata e vissuta. Il deserto d’ignoranza non riguarda più solo la conoscenza dei contenuti della fede ma precipita nel vuoto di esperienza, come se il cristianesimo non vivesse più da nessuna parte e Cristo fosse sprofondato nella buca del sepolcro. Andate a vedere dove la fede vive, dove ci sono ancora mura che custodiscono una Presenza, dove i campi arati fioriscono con il lavoro di mani e macchine che lodano il Signore, dove la fede diventa forma di vita personale e comunitaria, interiore ed esteriore. Visitate santuari dove si riconosce l’intervento di Dio e dove il popolo ancora prega. Riconoscete luoghi di esperienza vissuta come la cittadella di Loppiano, il Meeting di Rimini, la Comunità Giovanni XXIII di don Benzi.

Visitate luoghi di cura e assistenza e incontrate famiglie e persone dove si prega, si ama, si vive la fede e l’amore a Gesù spalancando cuore e porte al mondo. Nel disfacimento dell’umano, nello spappolamento della società civile e del popolo cristiano, Cristo ancora vive e attrae.

don Angelo