PAROLA DI DIO - DOMENICA XVII DEL TEMPO ORDINARIO - ANNO B

La logica della gratuità e della condivisione

Letture: 2 Re4,42-44;  Sal 144;  Ef 4,1-6; Gv 6,1-15

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Da questa domenica e per alcune altre, la lettura continua del Vangelo di Marco viene sospesa e sostituita con la lettura del capitolo sesto del Vangelo di Giovanni che ci parla del pane di vita eterna, partendo dal grandioso segno della moltiplicazione dei pani e dei pesci, compiuto da Gesù. Se c’è un miracolo da considerarsi come il più importante tra i tantissimi operati da Gesù nella sua vita terrena, non è la guarigione del cieco nato e neanche la risurrezione di Lazzaro, ma questo che ci è stato riproposto oggi: la moltiplicazione dei pani.

Ce lo indica un dato indiscutibile: è l’unico miracolo, infatti, che viene riportato da tutti e quattro gli evangelisti. Se poi ci domandiamo perché tutti gli evangelisti vi attribuiscano tanto peso, la risposta la troviamo nella conclusione del brano di oggi in cui S. Giovanni annota: “Allora la gente, visto il segno che Gesù aveva appena compiuto, cominciò a dire: Questi è davvero il profeta che deve venire nel mondo!” (v. 15 ).

È da notare, inoltre, che S. Giovanni è l’unico tra gli evangelisti che non riporta il racconto della Cena eucaristica, con le parole e i gesti di Gesù sul pane e sul vino, ma è l’evangelista che senz’altro più degli altri ne approfondisce il significato e ne svela la ricchezza.

E lo fa proprio in questo sesto capitolo del suo vangelo di cui, in questa domenica, ascoltiamo la prima parte (Gv 6, 1-15). Il racconto della moltiplicazione dei pani, si inserisce in continuità con quanto abbiamo ascoltato nelle domeniche precedenti nel vangelo di S. Marco: Gesù predica nella sinagoga del suo paese e viene rifiutato.

Lui, senza scoraggiarsi, chiama i discepoli e li invia, a due a due, a predicare nei villaggi. Un invio in missione che ha successo, al punto che deve chiedere agli apostoli, stanchi, di andare in disparte con lui e trovare un po’ di riposo. Qui troviamo che una folla sterminata entusiasta e affascinata da Gesù si muove alla ricerca di Lui, dimenticandosi perfino di mangiare.

Gesù li osserva e ha compassione di loro, perché sono come “pecore senza pastore”. La gente cerca Dio, ha fame e sete di Dio e sente e percepisce che Gesù può colmare queste attese. Per questo lo segue in un luogo deserto. Il deserto è luogo di aridità, di sterilità: un luogo che dice lo stato d’animo di queste persone e diventa il luogo privilegiato dove si può fare esperienza di ciò che è importante ed essenziale.

Per farlo Gesù responsabilizza dapprima i discepoli a trovare il necessario per sfamare una moltitudine così grande di persone e poi si serve della generosità di un ragazzino che mette a disposizione tutto quello che ha, senza pensare se sia molto o se sia poco, tutto! È questa la condizione ideale: solo la generosità può produrre altra generosità. Ed ecco che per una misteriosa regola divina quando il mio pane diventa il nostro pane, esso si moltiplica, il poco pane condiviso fra tutti diventa sufficiente. Gesù: “Prese il pane, rese grazie e lo distribuì”. Tre verbi che dicono tutta la vita di Gesù e che, se li adottiamo, possono fare della nostra vita un Vangelo, chiamati, come siamo, ad accogliere, rendere grazie e a donare. Quant’è importante tutto questo per la nostra vita!

I doni di Dio vanno accolti, custoditi proprio come doni preziosi, viverli e poi, soprattutto, condividerli. Essi non vanno ignorati, né tanto meno sciupati, sprecandoli inutilmente, perché sono una ricchezza che egli mette a nostra disposizione. Il ‘segno’ compiuto da Gesù ci aiuta, allora, a comprendere che il nostro partecipare all’eucaristia è entrare nella logica di Gesù, che non è una logica di proprietà – ognuno per sé – o di quantità – ci vogliono troppi soldi – o di efficienza – con il molto di pochi i problemi si risolvono prima e meglio che con il poco di molti.

La logica di Gesù è la logica della gratuità, della condivisione totale: è la logica dell’amore.

Cosa possiamo fare? I lamenti sterili non servono, le sole parole non risolvono. Ma se guardiamo bene nel nostro ‘zainetto’, abbiamo certamente qualche ora di tempo da donare, qualche cosa da offrire o da mettere a disposizione. Chi di noi non ha i suoi “cinque pani e due pesci”? Se siamo disposti a metterli nelle mani del Signore, condividendoli, basteranno e avanzeranno perché nel nostro angolo di mondo ci sia un po’ più di fraternità, di pace, di giustizia e, perché no?, un po’ di più di gioia.

don Danilo Marin