Un familiarità fondata sulla sequela

Facebooktwitterpinterestmail

PAROLA DI DIO – X DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO – ANNO B

LETTURE: Gn 3,9-15;  Sal 129;  2 Cor 4,13-5,1; Mc 3,20-35

Un familiarità fondata sulla sequela

Dopo la celebrazione di alcune solennità in queste ultime domeniche, riprende il Tempo Ordinario con la lettura continuata del vangelo di Marco.

Il brano di oggi (Mc 3,20-35) colloca Gesù all’inizio della sua vita pubblica.

Lo troviamo in una casa con i discepoli e circondato da molta gente e da una grande folla che pende dalle sue labbra. L’afflusso è tale da non permettere nemmeno di trovare il tempo per rifocillarsi (v. 20). Veramente il successo che Gesù riscuote è senza precedenti, tanto che i suoi stessi familiari sono scandalizzati da tutto il clamore che sta sollevando e, senza mezzi termini, dicono: “è fuori di sé”, ed escono di casa con l’intenzione di andare a prenderlo (v. 21). Gesù, pensano i suoi vicini, ha perso il contatto con la realtà: non è possibile che sia così preso, così impegnato da non avere tempo neppure di mangiare.

Sappiamo che tutto il vangelo di Marco gira attorno alla domanda: “Chi è Costui?”. Ebbene, il brano di questa domenica mette in evidenza un triplice atteggiamento che i suoi contemporanei hanno assunto verso la sua persona. Osservando questi atteggiamenti che si evincono dal brano del Vangelo di oggi, anche noi siamo chiamati ad interrogarci sul nostro modo di porci nei confronti di Gesù.

C’è innanzitutto l’atteggiamento menzognero degli scribi e dei farisei che tentano di screditare Gesù agli occhi della gente suscitando il sospetto che in lui agisca addirittura la potenza di Satana. Da qui nasce lo scontro con gli scribi che arrivano da Gerusalemme non per un incontro per lasciarsi interpellare dai suoi gesti e dalle sue parole, ma per accusarlo di essere mosso da uno spirito impuro. 

È un atteggiamento che manifesta evidentemente un profondo pregiudizio.

Infatti vedono con i loro occhi le opere miracolose di Gesù, ma si rifiutano di accoglierle come segno della benevolenza di Dio. Si rivelano ciechi di fronte all’evidenza dei fatti che Gesù con il suo agire mostra chiaramente: egli, infatti, scaccia Satana e quindi non può essere dalla sua parte, come loro dicono.

Domandiamoci: non può essere questo, a volte, anche il nostro atteggiamento? Nonostante i doni ricevuti, i segni della benevolenza di Dio nella nostra vita, siamo incapaci di accorgerci della presenza misteriosa ma efficace del Signore Gesù.

Un secondo atteggiamento emerge dal comportamento imprevedibile dei “suoi”, ossia dei parenti che vedono in Lui un familiare “scomodo” per il casato.

La presenza del Signore e la Sua Parola non sono, forse, anche per noi, che godiamo di una certa familiarità con Lui, troppo scomodi da suscitare, a volte, il tentativo di annacquare o addolcire la sua incidenza per non essere messi in crisi e sentire la necessità di dover intraprendere un percorso di vita diverso da come lo avevamo immaginato e impostato?

Infine, troviamo l’atteggiamento della folla venuta per seguirlo ed ascoltarlo, alla quale Gesù si rivolge nei termini di una nuova parentela che non si fonda sulla carne e sul sangue, bensì sul “fare la volontà di Dio”.

Nel vangelo scopriamo che la scelta di Gesù, durante la sua vita pubblica, è proprio quella di entrare non solo nelle case di pubblicani e peccatori con i quali desidera parlare, ma anche nelle case degli amici quando sentirà il bisogno di essere loro vicino, o il bisogno di comprensione e sostegno quando avrà il cuore turbato, dimostrando così di amare, cioè, le case dove il legame, la relazione è intessuta non dalla parentela o da qualunque imposizione, ma dalla bellezza del vivere insieme. Sembra quasi che Gesù non cerchi di avere una famiglia tradizionale, fondata su vincoli di carne e sangue, bensì una famiglia composta da coloro che impostano la loro vita nel fare la volontà di Dio.

Resta chiaro che, se vogliamo essere veramente dei “suoi”, è necessario prendere sempre più coscienza che la sua vera famiglia ha legami diversi da quelli di sangue.

E allora si tratta di rinunciare, in modo serio e radicale, a tutto ciò che ostacola il nuovo ordine di relazioni instaurato dall’obbedienza alla Parola del Signore e alla sua volontà, e subordinare ad esse tutto il resto: persone, ideali, cose, lavoro… Amori che non sono in sé negativi, ma che non devono essere prioritari, pena la perdita di quella libertà che nasce dalla sequela del Signore, dal cercare di compiere la sua volontà che, sola, rende veramente liberi e dunque nella pace e felici.

don Danilo Marin

(Nuova Scintilla n.23 – 10 giugno 2018)