Cesare Bellemo, diacono permanente

Bellemo-Cesare
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U.P. DI SANT’ANNA E SAN GIORGIO IN FESTA

A 52 anni, sposato e con tre figli, viene ordinato l’11 giugno nell’anniversario del matrimonio

Cesare Bellemo, diacono permanente

L’Unità Pastorale di “S.Anna e S.Giorgio”, in particolare la parrocchia di Sant’Anna e san Gaetano, in questi giorni è in trepida attesa per l’ordinazione al diaconato permanente di Cesare Bellemo. Il neo-diacono ha 52 anni, è sposato con Cristina Confortin, è padre di tre figli – Gabriele, Riccardo e Stella -, Luogotenente della Guardia di Finanza di professione, presso la Sezione Operativa Navale di Chioggia, Caserma “Giovanni Battista Caron”, sede della Compagnia del Corpo, sta completando gli studi di teologia a Roma e sarà ordinato dal nostro vescovo Adriano il prossimo 11 giugno nella solennità dei santi Patroni Felice e Fortunato in Cattedrale. In parrocchia svolge il servizio di Accolito all’altare, porta l’Eucaristia agli ammalati e anziani coordinando i ministri straordinari della Comunione, tiene l’incontro del Vangelo settimanale, è responsabile del gruppo catechiste, dell’Estate ragazzi, segue il gruppo dei ragazzi del martedì, fa parte del movimento dei Focolari. Un excursus storico su questo ministero può aiutarci a capire il ruolo del diacono nella Comunità. La Chiesa, sin dall’età apostolica, ha tenuto in grande venerazione l’ordine sacro del diaconato. Una consolidata tradizione, attestata già da testi antichi e confluita nella liturgia di ordinazione, ha visto l’inizio del diaconato nell’episodio dell’istituzione dei “sette uomini di buona reputazione, pieni di Spirito Santo e di saggezza” (At 6,1-6).

In questa pagina degli Atti e nella tradizione liturgica si può leggere in maniera limpida la logica propria del ministero diaconale: collaborare con il ministero apostolico dei vescovi. Con amore e devozione la Chiesa ha conservato la memoria di diaconi santi, in particolare: Santo Stefano, diacono e primo martire della Chiesa Apostolica, San Lorenzo, diacono e martire della Chiesa di Roma (sec. III), San Vincenzo, diacono e martire della Chiesa di Saragozza (sec. III-IV). A partire dal V secolo, vicende storiche complesse portarono ad un lento declino del diaconato, che alla fine rimase solo come tappa intermedia per i candidati all’ordinazione sacerdotale. Il Concilio di Trento (1545-1563) decretò che il diaconato venisse nuovamente ripristinato, in modo che “le funzioni dei Sacri Ordini” non apparissero inutili e fossero “esercitate solo da coloro che sono costituiti nei rispettivi ordini”. Questa delibera rimase lettera morta. Si deve attendere il Concilio Vaticano II (1962-1965) per vedere il ritorno del diaconato, che “potrà in futuro essere restaurato come un grado proprio e permanente della gerarchia”. Così si esprime il Concilio: “in un grado inferiore della gerarchia stanno i diaconi, ai quali sono imposte le mani non per il sacerdozio, ma per il servizio”. Con questa antica formula, che distingue i diaconi dai presbiteri, si invita a comprendere la specificità del loro ministero. Lo stesso Concilio ne indica una serie di funzioni e si esprime a favore del conferimento del diaconato “a uomini di più matura età, anche viventi nel matrimonio”. Inoltre, benché essi non siano chiamati alla presidenza dell’Eucaristia, sono segnati dal carattere, sostenuti dalla grazia del sacramento ricevuto e chiamati «al servizio del popolo di Dio, in comunione col Vescovo e il suo Presbiterio», nella “Diaconia della liturgia, della Parola e della carità”. Con il documento “La restaurazione del diaconato permanente” la CEI si pronuncia ufficialmente per il suo ripristino l’8 dicembre 1971. Quindi nel documento pastorale Evangelizzazione e ministeri, dell’agosto 1977, essa dichiara: “Col ripristino del diaconato permanente, la Chiesa ha la consapevolezza di accogliere un dono dello Spirito e di immettere così nel vivo tessuto del corpo ecclesiale energie cariche di una grazia peculiare e sacramentale, capaci perciò di maggiore fecondità pastorale”. È un ministro ordinato e quindi fa parte del clero. Deve il suo nome al vocabolo “diaconia” che significa servizio. Il diaconato permanente, ossia non finalizzato al sacerdozio, è un ministero «della soglia» in quanto chi lo svolge è chiamato a stare fra il mondo e il sacro. Ecco perché nella Chiesa “in uscita”, cara a Papa Francesco, il diacono può giocare un ruolo chiave. I diaconi sono tenuti all’annuncio (compito specifico: proclamare il vangelo nella messa) e l’identità diaconale si lega strettamente all’evangelizzazione. Poi c’è il compito di “santificare”: il diacono amministra il Battesimo, distribuisce la Comunione, benedice il Matrimonio, presiede le esequie. Si tratta di un servizio di prossimità. Inoltre il diacono è un «dispensatore della carità», come lo definiscono i vescovi italiani. Nelle comunità i diaconi animano il servizio della carità: non è un caso che in molte diocesi siano direttori delle Caritas locali. Fondamentale è anche lo stretto legame che hanno con il vescovo. Nel rito di ordinazione episcopale il Vangelo è posto sulla testa del vescovo, mentre nel rito di ordinazione diaconale è consegnato soltanto nelle mani. Questo significa che devono portare fra la gente la Parola seguendo il magistero dei nostri pastori. 

A Cesare, alla sua famiglia assicuriamo la nostra preghiera condividendo la gioia di questo significativo momento, augurando un buon anniversario di matrimonio a lui e a Cristina che proprio il giorno 11 festeggiano 24 anni vita insieme. 

Gina

 

Nuova Scintilla n.23 – 10 giugno 2018