Rischio calcolato

zenna-francesco
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In questo fine settimana ho celebrato il sacramento della Confermazione in due parrocchie della Diocesi. I ragazzi avevano l’età di 10 anni, e nella parrocchia più grande partecipavano anche all’Eucaristia con la Comunione per la prima volta. Ho potuto constatare direttamente che la scelta di inserire nel cammino di Iniziazione cristiana il conferimento della Cresima a questa età, e prima della Comunione eucaristica, riveste una sua saggezza pastorale. Anche quello di vederli scomparire subito dopo dalla vita della comunità cristiana è un rischio calcolato.

Il clima delle celebrazioni è stato molto familiare. I ragazzi si sono dimostrati più docili nel coinvolgimento, più attivi nel dialogo, positivamente presi anche sotto l’aspetto emotivo. Anche i genitori e i padrini sono apparsi più responsabili e protettivi. Sono tutti elementi che hanno a che fare senz’altro con un buon percorso di formazione e di condivisione, ma anche con le caratteristiche proprie dell’età e dell’esperienza scolastica. Hanno anche compreso la profondità dell’evento di grazia che hanno vissuto? Con la ragione forse no, non si comprenderà mai, ma con il cuore credo proprio di sì.

E non è forse questa la cosa più importante? Sarà da un bel ricordo, da un’emozione forte, dal clima festoso e dalla coralità della partecipazione che potranno partire per quell’affondo mistagogico previsto e quanto mai necessario. Del resto sarà la regolarità della presenza, il protagonismo nella vita di comunità, il servizio condiviso, la testimonianza degli animatori e degli adulti a condurli verso l’entusiasmo di appartenere e la gioia di misurarsi con un proporzionato impegno per il Vangelo. All’interno di un dibattito sull’argomento qualcuno mi aveva fatto osservare che una quarantina di anni fa sottolineavo l’utilità pastorale di portare la Cresima sempre più avanti. Certo, una quarantina di anni fa, quando tutte le agenzie educative concorrevano unitariamente alla maturazione globale della personalità dei ragazzi. Oggi non è più così, e per prolungare il percorso formativo prima della celebrazione dei sacramenti si era costretti a ricorrere a qualche forma di imposizione e di ricatto. Dopo la cresima l’abbandono aveva perciò il sapore della liberazione se non addirittura del dispetto. E molto poco potevano i familiari e gli educatori di fronte all’esigenza psicologica dell’autonomia e del rifiuto dell’istituzione. Le esperienze in atto dimostrano che oggi con questa formula c’è una certa tenuta dei gruppi e il loro prevedibile assottigliarsi non è frutto di contestazione ma di graduale omologazione alla diffusa indifferenza del mondo adulto e delle famiglie stesse. Entrambe le parrocchie hanno posto un segno assai significativo, sia in ordine alla memoria del Battesimo, sia in ordine al clima pasquale: il segno della luce. Ho apprezzato particolarmente il fatto che le candele in mano ai ragazzi venissero accese dai padrini, che a loro volta attingevano la luce al cero pasquale. Ecco significato il ruolo degli accompagnatori, che erano per lo più zii o nonni, quindi persone che fanno parte della vita feriale di questi ragazzi. E io mi auguro che questa vicinanza richiami esperienze significative anche dal punto di vista emotivo, piuttosto che cerimonie forzate lontane dalla sensibilità della fase esistenziale dell’adolescenza. Con i ragazzi di una parrocchia del cavarzerano sono stato ad Assisi qualche mese dopo la celebrazione e mi sono ritrovato a distanza di un anno a fare memoria del sacramento vissuto insieme, con un rito suggestivo costruito dal parroco. Sono tornati proprio tutti. Spero tanto che si possa fare anche con i ragazzi che ho incontrato oggi, con i quali ho accolto il saluto di Gesù risorto: Pace a voi!

don Francesco Zenna

Nuova Scintilla n.15 – 15 aprile 2018