Il culto non si trasformi in commercio

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PAROLA DI DIO – III Domenica di Quaresima – anno B

LETTURE: Es 20,1-17; Sal 18; 1 Cor 1,22-25; Gv 2,13-25

Il culto non si trasformi in commercio

L’evangelista Marco, che ci ha accompagnati fin qui dall’inizio dell’anno liturgico, lascia, per così dire, il testimone, almeno per alcune domeniche, all’evangelista Giovanni.

In questa 3ª domenica di Quaresima, dopo il silenzio del deserto e la lucentezza del Tabor, il Vangelo ci invita ad osservare ciò che avviene presso il Tempio di Gerusalemme, mentre “Si avvicinava la Pasqua dei Giudei, e Gesù salì a Gerusalemme” (v. 13).

Ci troviamo di fronte ad un Gesù inedito, “arrabbiato”, un Gesù che si dà addirittura ad un gesto clamoroso, violento:   “fece una frusta di cordicelle” (v. 15). Il perché è dato dal fatto che la maestà del luogo sacro, che doveva esprimere la presenza di Dio, veniva invece sopraffatta dal rumore, dal disordine e dalla confusione. Quel luogo era diventato un vero e proprio mercato: vi si trovava di tutto, si vendevano gli animali, buoi e agnelli, e in più c’erano i tavoli dei cambiavalute che facevano affari d’oro.

Gesù contesta un commercio nel Tempio che aveva una “giustificazione religiosa”.

Sente, cioè, tutto lo stridore tra l’esigenza della preghiera e quell’urlare, quel mercanteggiare e con i suoi gesti vuole mettere l’accento sul fatto che il Tempio “casa di preghiera”, luogo delle celebrazioni liturgiche che sono il segno della gratuità dei doni di Dio, non può essere e diventare “luogo di mercato”. Davvero un Gesù fuori dal normale, potremmo dire. Un modo di fare, il suo, che si discosta dall’immagine che abbiamo di Lui che è quella di una persona buona, mite, composta sia negli atti che compie come anche nelle parole che proferisce. Ma è pur vero che essere buoni non è essere dei bonaccioni, essere miti non è essere arrendevoli difronte a ciò che non è corretto, essere composti non significa permettere che si possano mercanteggiare i favori del Padre. Con Dio non si può mercanteggiare!

In definitiva Gesù con il suo gesto clamoroso intende richiamare alla sostanza del culto, e, soprattutto, invita a vedere in Lui il cuore della nuova religiosità.

Dopo la lettura di questo brano, viene quasi la tentazione di prendere le distanze, condannando, da persone per bene, situazioni come quella in cui si è venuto a trovare Gesù a Gerusalemme.

Tuttavia questo evento non è semplicemente la narrazione di un fatto di cronaca, è anche, e soprattutto, un’indicazione importante per la rilettura della nostra vita, in questo tempo di quaresima.

C’è il pericolo che anche il nostro culto di Dio si trasformi, talvolta, in commercio. Il Tempio – le nostre chiese – non sono i luoghi dell’incontro con Dio, ma un mercato dove vige, in modo particolare, la presenza del denaro, luoghi magici di richieste, di suppliche condite da qualche offerta, da qualche candela accesa davanti all’altare di un Santo, da qualche penitenza particolare… con l’intento di convincere Dio ad ascoltarci, offrendogli qualcosa che lo possa piegare alla nostra volontà, quasi stipulando con Lui un vero e proprio contratto. Esiste ancora purtroppo un modo di avvicinarsi a Lui che ha a che fare più col mercanteggiare che con la fede.

Era del tutto naturale e utile il fatto che nel cortile del Tempio ci fossero dei venditori e dei cambiavalute per aiutare e favorire i pellegrini che provenivano da lontano. Un servizio utile, indispensabile. Perché allora Gesù se la prende tanto con questi mercanti? Ciò che Gesù contesta è il mercanteggiare che nasconde la segreta speranza che, con poca fatica, si possono “comprare” i favori da Dio.

Con questo suo agire Gesù manifesta, infine, la bella notizia che è Lui il vero tempio. Non sono le mura che la mano dell’uomo costruisce ma è Lui, il luogo della presenza di Dio: “Distruggerete questo tempio e in tre giorni lo farò risorgere” (v. 20). Il nuovo Tempio è Lui!

La sua venuta nella nostra carne mortale ha portato con sé il suo stare con noi implicando una presenza costante nella nostra vita. Invece, talvolta – non lo possiamo nascondere  -, c’è la tentazione di riportare 

Dio nel Tempio facendone la sua bella Casa, ma anche la sua prigione, dove posso andare a trovarlo, e dove lo lascio, per tornare ad una vita priva della Sua presenza.

don Danilo Marin