Un ministero di fatto

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CATECHESI E COMUNITA’

Riflessioni a partire dal documento “Incontriamo Gesù” (3)

Un ministero di fatto

Mentre leggevo il Documento “Incontriamo Gesù”, mi veniva questo pensiero: ognuno di noi si aspetta sempre il massimo da ogni Documento, desidera trovare subito delle risposte e la soluzione a tutti i problemi, in questo caso della catechesi. Al riguardo mi sono piaciute quelle parole del vescovo Marcello Semeraro, allora Presidente della Commissione Episcopale per la dottrina della fede, l’annuncio e la catechesi (CEDAC), che, presentando gli Orientamenti ai vescovi riuniti in Assemblea prima della votazione per la loro approvazione, affermava: “Se, infatti, qua e là il documento può apparire meno coraggioso, o puntuale rispetto alle attese di alcuni, ciò dev’essere interpretato come il risultato di una paziente mediazione verso realtà – come l’annuncio e la catechesi – che non nascono “in provetta”, ma che si esercitano già e comunque vivono in tessuti ecclesiali concreti, diversi e plurali”.

Tocca ora a noi, diocesi, singole Comunità parrocchiali rimboccarci le maniche per cogliere dal Testo quegli elementi, forse meno sviluppati, tuttavia utili ed importanti per rafforzare la comune azione pastorale catechistica e per favorire un nuovo slancio nell’annuncio evangelico.

Tocca a noi avere, ad esempio, un’attenzione particolare ai catechisti la cui “ministerialità” (n. 76-78) viene riconosciuta dal “mandato” del Vescovo che viene poi dato dal Parroco e che non dovrebbe essere generico od episodico. “Il mandato esprime l’appartenenza responsabile del catechista alla propria comunità diocesana, perché manifesta la sua corresponsabilità nella missione di annunciare il vangelo e di educare e accompagnare alla fede. Esso è anche il segno del riconoscimento di questa specifica vocazione” (n. 78).

Gli Orientamenti, parlando dei catechisti, non parlano di un ministero istituito ma di un preziosissimo ministero di fatto, svolto da persone adatte a svolgere tale ministero e qualificate adeguatamente. Mi preme far notare come la fisionomia del catechista passa dal modello unico ad un ruolo, per così dire, diversificato. Negli Orientamenti (n° 67) la figura del catechista si arricchisce di dimensioni nuove: laici missionari, accompagnatori di genitori e di catecumeni, formatori di educatori, evangelizzatori di strada…, queste dimensioni ci testimoniano che il termine “catechista” non può più, oggi, essere slegato da quello di “evangelizzatore”. Vengono evidenziate, nel Documento in esame, anche le mete per quanto riguarda la formazione degli operatori della catechesi. Essi sono chiamati ad acquisire una progressiva maturazione sia umana che spirituale per diventare testimoni credibili, sono chiamati, inoltre, ad acquisire una conoscenza sempre più approfondita del messaggio cristiano ed una attenzione sempre più profonda ai destinatari dell’annuncio e, infine, a crescere come educatori delle persone loro affidate e come animatori del cammino della loro maturazione cristiana.

La parte finale del capitolo riguardante i catechisti – il 4° – (ai n. 88 – 90) si occupa, poi, del profilo dell’Ufficio Catechistico presente in ogni diocesi, delineandone i compiti principali e affermando con una certa chiarezza che “nessuna chiesa locale può essere priva di un suo ufficio catechistico”. Tra i compiti principali dell’UC c’è in particolare “la formazione dei catechisti e degli evangelizzatori delle parrocchie e delle aggregazioni ecclesiali”. Si parla inoltre anche delle Commissioni catechistiche regionali e dei compiti dell’ufficio catechistico nazionale (UCN) che ha, tra l’altro, il dovere della “qualificazione iniziale e permanente dei Direttori degli Uffici catechistici” e quello di “promuovere e sostenere percorsi formativi per i componenti delle équipe diocesane”.

Ho scritto ormai più volte che gli Orientamenti si pongono in continuazione con le linee tracciate dal Documento di Base. Anzi si può dire ripartono proprio dall’ultimo numero (il 200) del DB che recita così: “L’esperienza catechistica moderna conferma ancora una volta che prima sono i catechisti e poi i catechismi; anzi, prima ancora, sono le comunità ecclesiali. Infatti come non è concepibile una comunità cristiana senza una buona catechesi, così non è pensabile una buona catechesi senza la partecipazione dell’intera comunità”. Essi sono, in definitiva, un chiaro invito a guardare il contesto in cui si opera e a focalizzare alcuni temi dell’atto catechistico oggi in Italia, che si possono riassumere così: adulti, evangelizzazione, primo annuncio, iniziazione cristiana e formazione dei catechisti.

(3. continua)

don Danilo Marin

Nuova Scintilla n.5 – 4 febbraio 2018