Pastorale

ZENNA
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SGUARDO PASTORALE

Pastorale

Interessante. Noi abbiamo ridotto il termine a sostantivo, ma in realtà si tratta di un aggettivo. È difficile definire la pastorale, è invece più semplice descriverla, perché non è quello che si fa ma il modo in cui lo si fa. È il modo di Cristo, del Pastore che conosce, chiama, conduce, ricerca, dona. Si può proprio dire che questi sono i verbi della missione del presbitero e di coloro che la condividono con responsabilità.

L’azione pastorale domanda conoscenza, e non tanto dei dogmi della fede o delle prassi consolidate, quanto piuttosto delle persone, del loro vissuto, domande, aneliti, e anche fragilità, criticità, se non addirittura veri e propri drammi. Quante iniziative promuoviamo senza conoscere le persone che ne devono usufruire, o senza tenerne conto! Tante volte è come parlare a chi non ha il dono dell’udito, o preparare cibo solido a chi non ha i denti per masticarlo. Salvo poi lamentarci perché non corrispondono. E le loro domande restano senza risposta e si amplificano sempre più, rendendo impossibile la comunicazione.

La chiamata invece è frutto proprio di questa conoscenza, in quanto va modulata sulla situazione esistenziale e la maturità di fede. Chiamare, e chiamare per nome, crea prossimità, condivisione, coinvolgimento. Chi chiama si mette in gioco, è disposto a esporre se stesso, a consegnare la propria storia, la stessa intimità. Chi è chiamato deve sentirsi amato, desiderato, apprezzato, valorizzato. Vissuta così, la chiamata rifugge dall’anonimato e impegna ad avere una direzione verso cui tendere.

Per condurre, quindi. Là dove si sono sperimentati i pascoli della pace, della gioia, dell’amore, perché questo è il nutrimento che produce e trasmette vita. Si può tradurre più opportunamente in accompagnamento, in quanto non si ha la pretesa di sostituirsi a nessuno ma di farsi compagni di un viaggio di cui si conoscono le coordinate. Un viaggio libero, entusiasta, solidale verso Colui che ne costituisce la meta e ne anima contemporaneamente il percorso. L’aveva detto lui: venite a me, voi tutti affaticati e oppressi.

Un viaggio lungo il quale non è possibile perdersi senza che qualcuno torni indietro a cercare. Cercare il giovane che ha lasciato dopo l’infanzia, cercare la coppia dopo una celebrazione distratta del sacramento del matrimonio, cercare l’adulto indaffarato a portare avanti i propri progetti o preoccupato prevalentemente del benessere materiale, cercare l’anziano scoraggiato e sfiduciato nel vedere declinare le forze e le potenzialità senza aver raggiunto gli obiettivi prefissati, cercare chi si è chiuso nella sua disperazione, chi è atrofizzato dall’egoismo, lacerato da odi e rancori, ripiegato sul presente e sulle sue grette soddisfazioni.

Solo l’atteggiamento del dono rende possibile questo stile pastorale. E non il dono di qualcosa, ma il dono di sé, della propria vita. Non si tratta del martirio di sangue, in certe situazioni richiesto ancor oggi, ma della consegna della propria storia, del proprio vissuto, in una condivisione sincera e generosa di quello Spirito che anima la nostra risposta vocazionale.

La pastorale è il sale della vocazione. Ogni vocazione infatti non è per sé ma per le pecore che ci vien chiesto di pascere, in nome e per conto di Colui che è padrone del gregge.

don Francesco Zenna

Nuova Scintilla n.3 – 21 gennaio 2018