Agire non rinviare

zenna
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SGUARDO PASTORALE

Agire non rinviare

È la preoccupazione presente sullo sfondo della conversazione che il vescovo Adriano ha avuto con i suoi presbiteri giovedì 4 maggio. Il più delle volte, di fronte a situazioni chiaramente cambiate, ci si limita ad andare avanti come se nulla fosse avvenuto, lasciando a chi verrà dopo di assumerne, se non di pagarne, le conseguenze. Si tratta di una forma palese di disimpegno che egli sente il dovere di denunciare, impegnandosi in prima persona a non lasciar trascorrere gli anni che ancora gli mancano per concludere il suo servizio pastorale in diocesi senza fare qualche scelta orientatrice. La situazione riguarda il numero sempre più ridotto di presbiteri disponibili all’azione pastorale e la loro età sempre più avanzata; riguarda la molteplicità delle strutture ecclesiali sparse sul territorio a cui continuano a fare riferimento delle sia pur piccole comunità con l’esigenza della celebrazione dei sacramenti; riguarda un impianto catechistico che non risponde più alle esigenze di una rinnovata evangelizzazione e, pur assorbendo la maggior parte delle energie pastorali, non matura persone adulte nella fede; riguarda la presenza di tutti gli uffici pastorali diocesani previsti ma che non sono più collegati con la realtà delle parrocchie e non riescono a incidere sull’imprescindibile cammino di rinnovamento.

Che fare? Sarà necessario ripensare ulteriormente gli accorpamenti delle piccole comunità a quelle più grandi, tenendo conto delle esperienze già fatte ma con la capacità di strutturare meglio le relazioni tra i presbiteri e dei presbiteri con i diaconi, i religiosi e le religiose e soprattutto con i laici. Sarà necessario dare un incentivo maggiore alla preparazione dei laici, attraverso una formazione teologica di base ma anche abilitandoli al ministero del vangelo e della catechesi, alla condivisione delle responsabilità, alla guida di alcune assemblee anche liturgiche, senza escludere, minimizzare, mortificare la loro specificità. Sarà necessario ricentrare l’azione pastorale sul servizio alla fede, alla vita di comunione e alla carità, perché il punto qualificante non può essere l’apertura domenicale delle chiese o la celebrazione dei funerali, bensì «il vangelo da annunciare, la comunità-comunione da costruire, l’eucaristia da vivere come fonte e culmine della vita spirituale e della testimonianza cristiana». Sarà necessario abbracciare con fiducia l’itinerario catecumenale dell’iniziazione cristiana, perché il fulcro della formazione delle giovani generazioni non sia la celebrazione dei sacramenti ma l’iniziazione, appunto, ad una vita, con le sue scelte vocazionali e le sfide della cultura contemporanea, capace di incarnare il vangelo dell’amore, della misericordia, della solidarietà, della giustizia, della pace. Sarebbe già significativo abolire il termine “post-cresima”, con cui veniva definito l’impegno educativo nel periodo della preadolescenza, per assumere invece il termine “accompagnamento”, che richiama un processo mai concluso, alla scuola della Parola e della vita della comunità cristiana. Sarà necessario preparare qualche nuova figura pastorale, capace di coniugare la spinta missionaria che viene dal magistero di papa Francesco con le tradizioni locali, il rinnovamento nell’annuncio del vangelo con l’impianto devozionale che ancora struttura coscienze e comunità, il fronte dell’impegno caritativo con la dimensione liturgica. Ci vuole poco a capire, concludeva il vescovo, che tutto questo interpella il percorso vocazionale, dalla fase della proposta a quella della coltivazione, in quanto viene chiesta una figura nuova di pastore, ricco di umanità, aperto al dialogo e alla collaborazione, entusiasta della sua fede e del compito affidatogli dalla Chiesa di trasmetterla con la parola e la vita.

don Francesco Zenna

Nuova Scintilla n.19 – 14 maggio 2017