Quattro anni di pontificato

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SGUARDO PASTORALE

Quattro anni di pontificato

“Fratelli e sorelle, buona sera!” sono le prime parole “urbi et orbi”, rivolte cioè ai cittadini di Roma e al mondo intero, del card. Giorgio Mario Bergoglio eletto papa nel Conclave del 13 marzo 2013. Iniziava una nuova era pastorale ben delineata dalla scelta del nome: Francesco, il poverello di Assisi. Prima di donare la sua benedizione invocava su di sé quella del popolo “per iniziare insieme, nella reciprocità, un cammino di vera fratellanza”. “Una chiesa povera per i poveri” continua ad essere il leitmotiv dei suoi messaggi, perché è il sogno coltivato nell’altra parte del mondo, da cui proviene, in risposta alle prepotenze degli stati e allo logica dello scarto che non risparmia gli esseri umani. “Misericordia” è l’espressione chiave del nuovo pontificato: Francesco le dedica un Giubileo straordinario che, per la prima volta, apre non a Roma ma a Bangui, capitale della Repubblica Centrafricana, una “periferia” tra le più disastrate del pianeta. “Ponti non muri” sono quelli che egli si sente chiamato a erigere, fedele al suo titolo di pontefice, architetto di “ponti”: nel 2014 ha pregato sul muro che divide Palestina ed Israele, nel 2016 ha celebrato la messa presso il muro che divide Stati Uniti e Messico. Con la prima Enciclica “Lumen Fidei” si pone in continuità con Benedetto XVI, suo predecessore, ma sarà l’Esortazione “Evangelii gaudium” il testo programmatico del suo servizio pastorale. Con essa si assume il compito di “generare processi” non di occupare spazi, soprattutto quelli del potere e dell’intransigenza: processi di missionarietà, processi di integrazione, processi di testimonianza credibile e annuncio coraggioso e gioioso del Vangelo.

“Laudato sì” è la prima enciclica ecologico-sociale: propone a tutti gli uomini di buona volontà l’uso ragionevole delle risorse e la difesa attenta dell’ambiente. Ha promosso due Sinodi sulla Famiglia, coinvolgendo nella riflessione anche i laici, ascoltati attraverso tutte le forme rese possibili dalla tecnica. Ne scaturì l’Esortazione “Amoris Laetitia”, un testo che focalizza in maniera appassionante la bellezza dell’amore coniugale con tutti i suoi risvolti familiari, sociali ed ecclesiali. Un testo capace di intercettare anche le fragilità dell’amore, non con l’intento di formulare un giudizio o di separare, bensì per proporre la via dell’accompagnamento nel riconoscere il primato della grazia, sulla scorta di quanto ha fatto il Signore Gesù durante la sua vita terrena. Porta l’Ecumenismo nel cuore e lo postula nei fatti, dall’incontro fraterno con il patriarca di Mosca, con i Valdesi, con gli Anglicani, fino al viaggio a Lund per commemorare Martin Lutero. Nel suo incontro con i giovani, per i quali e con i quali vuole celebrare il prossimo Sinodo, lancia costantemente l’invito a “non guardare la vita dal balcone” ma a “sognare grandi cose”, ad alzarsi dal divano delle comodità e della pigrizia per imbracciare gli strumenti della responsabilità solidale e della fiducia nel futuro. “La Madonna è più importante degli Apostoli, non si può capire una Chiesa senza donne” ebbe ad affermare per sollecitarle ad offrire alla società la loro specifica genialità; un anno fa ha istituito una commissione per studiare la possibilità del diaconato femminile. A garantire lo spirito profetico con cui conduce la Chiesa ad uscire da sé per abitare il mondo, con cui intravede il farsi del Regno dentro questa nostra storia tormentata dalla “terza guerra mondiale a pezzi”, vengono puntuali anche le critiche. Non le teme, ne soffre, guarda avanti e da uomo di fede qual è propone agli uomini della regola il grande mistero della Risurrezione come fuoco di speranza da accendere in tutte le periferie dell’umanità.

don Francesco Zenna 

Nuova Scintilla n.15 – 16 aprile 2017