Cantieri aperti

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SGUARDO PASTORALE

Cantieri aperti

Lavori in corso. Potremmo sintetizzare così l’excursus sui risultati della “Due giorni” della Conferenza episcopale triveneta, presentato in Consiglio presbiterale giovedì scorso. Diversi infatti sono i cantieri aperti nella costruzione di una pastorale che rifletta il volto missionario di una Chiesa che, nella consapevolezza di essere presenza viva del Signore Gesù, si adopera alla costruzione del suo regno.

Un primo cantiere riguarda la costituzione delle unità pastorali, che non può avvenire sulla carta ma come frutto di una capacità delle singole parrocchie ad aprirsi, a mettersi in rete, a comprendere l’importanza del confronto e dello scambio. Nessuna comunità vuole perdere qualcosa delle proprie tradizioni, ma inevitabilmente le consuma nell’inedia provocata dai numeri e dagli abbandoni. Si è constatato che riconoscersi in un contesto umano e sociale più ampio porta a maggiore entusiasmo e incisività.

Un secondo cantiere è dato proprio dalla capacità di intercettare la vita delle persone, in particolare delle famiglie. Il territorio non è solo un dato geografico ma è costituito dall’insieme delle relazioni che si vivono in un particolare contesto sociale. La cura dei più deboli, in particolare malati e anziani, la formazione dei ragazzi e l’orientamento dei giovani, a tutti i livelli, la problematica del lavoro, della casa e, ultimamente, addirittura del cibo, il discernimento del bene comune e la solidarietà civile, sono luoghi dove la Chiesa non può mancare, anzi sono gli unici spazi ancora rimasti per un annuncio rinnovato della fede. Anche questo dell’evangelizzazione è un cantiere aperto, non tanto in relazione alle forme quanto al suo contenuto. La polarità non è più tra vecchia e nuova evangelizzazione, ma tra autentica e falsa evangelizzazione, dove per autentica si intende credibile, evangelica, efficace, capace di dare delle risposte alle attese dell’oggi. Un quarto cantiere riguarda senz’altro i presbiteri, chiamati a uscire dal proprio isolamento e a dialogare tra loro e con i laici, a non negare più la loro umanità ma ad integrarla nello scambio esistenziale con i membri della propria comunità, colmando così un vuoto lasciato aperto da un impianto formativo più orientato alla funzionalità del ruolo che alla testimonianza della vita. Questa maturazione non indebolisce ma specifica ancora di più il ministero ordinato. Qui si prospetta un altro lavoro in corso, riguardante gli organismi di partecipazione, che devono passare da strumenti di consultazione a soggetti di analisi e di proposte, fino ad assumere anche il ruolo della legale rappresentanza e della responsabilità diretta.

L’esposizione aveva sullo sfondo l’avventura della Visita pastorale a cui stiamo mettendo mano, nella ricerca di non editare un copione già scritto ma, come ha avuto modo di ribadire il vescovo, di attivare le risorse di fede e di esperienza presenti nel territorio per avviare cammini percorribili. Per cui le risonanze sono state numerose e hanno sottolineato l’importanza della comunione tra presbiteri, della promozione della ministerialità, del coraggio di fare scelte operative, della costituzione di gruppi di vita più che gruppi di lavoro, della valorizzazione delle spinte positive presenti nel territorio al di là delle strutture consolidate, dell’investire nella prossimità, soprattutto a livello caritativo date le situazioni di povertà sempre più emergenti. Un altro passo avanti, almeno nello destabilizzare il conservatorismo del “si è sempre fatto così”.

don Francesco Zenna

da Nuova Scintilla n.6 – 12 febbraio 2017