Prendendo la parola li ammaestrava

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PAROLA DI DIO – 4ª Domenica del tempo ordinario A

LETTURE: Sof 2,3; 3, 12-13; Dal Salmo 145; 1 Cor 1, 26-31; Mt 5,1-12a.

Prendendo la parola li ammaestrava

Sof 2,3; 3, 12-13. “Cercate il Signore…, cercate la giustizia, cercate l’umiltà”

‘Cercare il Signore’ è uno dei grandi appelli che i profeti e Gesù hanno rivolto agli uomini. Il profeta Osea ammonisce: “è tempo di cercare il Signore, finché egli venga e diffonda su di voi la giustizia” (Os 10,12). Isaia ammonisce le guide del popolo perché vanno cercando aiuto dovunque “senza guardare al Santo d’Israele e senza cercare il Signore” (Is 31,1). Talvolta, dice Isaia, il Signore si fa trovare anche da chi non lo cerca (65,1) e il  profeta Zaccaria (8,22) sogna un tempo in cui popoli, numerosi, supplicheranno il Signore. I salmi 14,2-3 e 53,3 vedono addirittura una situazione di totale disinteresse dell’uomo per il Signore: “Il Signore si china per vedere se c’è uno che cerchi Dio. Sono tutti corrotti; non c’è chi agisca bene…”, cui fa eco il profeta Geremia (5,1): “Cercate nelle sue piazze se c’è un uomo che pratichi il diritto e cerchi la fedeltà…”. Gesù stesso invita: “Cercate prima di tutto il Regno di Dio e la sua giustizia”(Mt 6,33) rivolto a uomini preoccupati e affannati per cercare altro. Cercare Dio è messo in parallelo con cercare la giustizia, cercare e praticare la fedeltà, cercare l’umiltà. E’ questo atteggiamento che definisce il ‘povero’ nella bibbia: riconoscere cioè che la vita dipende anzitutto da Dio, da cui viene la nostra salvezza. Cercare Dio e la sua giustizia significa essere fedeli a lui e obbedire alla sua parola. E’ questo il popolo “umile e povero… che confida in Lui… che non commette iniquità, che non proferisce menzogna…”. Ma noi siamo di questi ‘poveri’ che cercano Dio e la sua giustizia?

Dal Salmo 145:  “Beati i poveri in spirito”

Il Salmo 145 (146) è un inno che invita alla lode del Signore e alla fiducia in Lui, proclamandone i suoi attributi. Porre la fiducia in Dio dà sicurezza perché la si pone in Colui “che ha fatto il cielo e la terra, il mare e quanto contiene”, mentre porre la fiducia nell’uomo, anche potente, quando egli “Esala lo spirito e ritorna alla terra: in quel giorno svaniscono tutti i suoi disegni”. Nella parte del salmo utilizzata dalla liturgia di oggi dieci verbi o attributi descrivono l’azione di Dio nei confronti dell’uomo che a Lui si affida, che pone la sua sicurezza e fiducia in Lui piuttosto che in se stesso o nei potenti della terra o nelle cose che possiede. Questi è il ‘povero’ beato, perché oggetto delle attenzioni di Dio, fedele e pietoso in ogni circostanza della vita.

1 Cor 1, 26-31: “Grazie a Lui, voi siete in Cristo Gesù…”.

Domenica scorsa l’apostolo Paolo ci ricordava: “Io sono di Cristo”! Oggi egli proclama che noi, grazie a Dio “siamo in Cristo Gesù”. Questo annuncio per l’apostolo Paolo è il ‘cuore’ del Vangelo. Essere “in Cristo Gesù” è tutta la nostra salvezza, la nostra gloria, la nostra gioia. Per mezzo di Cristo infatti siamo in comunione con il Padre e con lo Spirito, con Cristo condividiamo la vita di figli di Dio e la partecipazione alla sua risurrezione, in unione a Cristo formiamo l’unico ‘corpo che è la Chiesa’, l’unico ‘popolo che appartiene a Dio’, siamo ‘figli nel Figlio’, ‘coeredi di Cristo’, ‘eredi di Dio’. “Per Cristo, con Cristo e in Cristo, a Te, Dio Padre onnipotente, nell’unità dello Spirito Santo, ogni onore e gloria…”. Non solo per-con-in Cristo diamo a Dio onore e gloria, ma per-con-in Cristo riceviamo onore e gloria, perché Lui, Cristo “per noi è diventato sapienza per opera di Dio, giustizia, santificazione e redenzione, perché, come sta scritto, chi si vanta, si vanti nel Signore”. “Considerate la vostra chiamata”: Dio non ci ha scelti perché eravamo sapienti, potenti, nobili e quant’altro di cui umanamente ci vantiamo, ma ci ha chiamati e accolti solo per gratuito amore, per cui nessuno ha di che vantarsi di fronte al Signore e di fronte ad ogni fratello. Man mano che cesserà in noi ogni vanto umano e nascerà in noi la vera umiltà che ci fa sentire davvero  ‘poveri’ davanti a Lui, cioè graziati e salvati ‘per grazia’, allora significa che stiamo comprendendo il dono della nostra “chiamata”. 

Mt 5,1-12a: “Beati i poveri in spirito”

In questa pagina del vangelo Gesù, nostro Maestro, parla oggi a noi, invitandoci a metterci alla sua scuola, a seguirlo. Dall’alto del monte, come aveva fatto Mosè, Gesù propone a tutti (le folle) la ‘nuova via’, lungo la quale camminare ‘da discepoli’. E chiede il coraggio di fare un passo in avanti, di avvicinarsi a Lui per seguirlo coraggiosamente e consapevolmente scegliendo di diventare suoi discepoli. Egli propone la gioia, la felicità, la beatitudine di una vita di amore e di coerenza finalizzata alla speranza della pienezza di vita che Dio Padre riserva a chi accetta di vivere da ‘figlio’ alla scuola e in unione del suo “Figlio” Gesù. Non c’è spazio per la tristezza o il rimpianto per ciò cui si rinuncia o per ciò in cui ci è richiesto di impegnarci. Attraverso otto ‘beatitudini’, Gesù propone ai suoi discepoli la gioia del compimento della volontà di Dio, per la quale Lui stesso si è impegnato ‘fino alla morte’, contando sulla promessa di Dio che si è realizzata quando, “Dio lo ha risuscitato e fatto sedere alla sua destra”. Anche la nona beatitudine insiste su un impegno del discepolo nel presente, a causa di Gesù, in vista della sua promessa, che è anche per i discepoli. Nel vangelo di Matteo la giustizia è la ricerca e il compimento della volontà di Dio nella forma più alta e piena: “Cercate innanzitutto il Regno di Dio e la sua giustizia”. I discepoli di Gesù, desiderosi di fare la sua volontà e disposti anche soffrire per essa (4ª e 8ª beatitudine) e addirittura pronti ad affrontare ogni opposizione e insulto per essere discepoli di Gesù (“per causa mia!”), condivideranno con Lui la gioia di vivere da discepoli imitando il Maestro nel tempo presente e condividendo con Lui la gloria della Promessa del Padre.

 + Adriano Tessarollo

Da Nuova Scintila n. 4 – 29 gennaio 2017