Siate unanimi nel parlare

Facebooktwitterpinterestmail

PAROLA DI DIO – 3ª Domenica del tempo ordinario A

LETTURE: Is 8,23-9,3: Dal Salmo 126: 1Cor 1,10-13.17: Mt 4,12-23

Siate unanimi nel parlare

Is 8,23-9,3: “Il popolo vide una grande luce”.

Il profeta ha notizia di un territorio devastato e di una popolazione sfollata e deportata a causa di invasioni e distruzioni. Un territorio sul quale passava una grande via di comunicazione attraversata dagli eserciti che si muovevano tra l’Egitto e la Mesopotamia. Possiamo pensare a una cosa simile a ciò che vediamo oggi in Siria, poco distante dal territorio “di Zabulon e di Neftali, sulla via del mare”. Come offrire consolazione e tener viva la speranza in un momento in cui tutto appare buio e porta piuttosto alla disperazione? È in atto una guerra tra vicini e non se ne intravvede la fine, ma intanto a pagarne le conseguenze è il popolo in fuga o deportato e il territorio devastato. Il profeta intravvede un cambio di questa situazione per intervento del Signore: il popolo umiliato riavrà la sua dignità, alle tenebre succederà la luce, all’oppressione la liberazione. Questa visione diventa una preghiera che riconosce questo mutamento come opera di Dio: “Tu hai moltiplicato la gioia e aumentato la letizia… tu hai spezzato il giogo che l’opprimeva”. L’intervento di liberazione Dio lo attuerà suscitando un re pio e pacifico che farà cessare questa sofferenza e devastazione. Ascolteremo l’evangelista Matteo rileggere questo oracolo e vedendolo pienamente realizzato nella persona e nell’opera di Gesù di Nazareth, quando proprio in quelle terre e a quelle popolazioni annunciava il regno di Dio come azione di liberazione dall’oppressione del peccato, offerta di perdono e di grazia. Così l’Antico Testamento preannunciava la realtà che avrebbe trovato compimento nel Nuovo Testamento, con al centro la persona e l’opera di Gesù Messia e Salvatore.

Dal Salmo 126: “Il Signore è mia luce e mia salvezza.”

Nel salmo 126 il salmista invita alla fiducia nel Signore nel tempo presente ed esprime la sua speranza che apre agli orizzonti ultimi dell’uomo. La fiducia in Dio è rimedio all’oscurità che alimenta la paura e protezione da ogni pericolo che genera panico. Il grande desiderio di colui che prega è godere della presenza del Signore. Presenza del Signore oggi di cui “la casa del Signore” è segno e memoria, ma che sarà piena e stabile “nella terra dei viventi”. L’oracolo finale conferma chi prega il Salmo a restare forte e saldo nella certezza della presenza di Dio attuale e futura.

1Cor 1,10-13.17: “Siate tutti unanimi nel parlare, perché non vi siano divisioni tra voi”

“Mi è stato segnalato… che tra voi vi sono discordie”. La prima Lettera ai Corinti mostra l’impegno pastorale dell’Apostolo Paolo nei confronti di una delle Comunità da lui fondate. In quella comunità hanno operato e vi operano altri pastori, e ciò diventa causa di divisioni. Perché? Paolo denuncia la causa delle divisioni nel particolarismo che nasce quando gruppi di membri della stessa e unica Chiesa, invece di fare riferimento a Cristo, alla sua opera e al suo vangelo, attribuiscono speciale grandezza e superiorità al loro ‘predicatore o pastore di riferimento’, di cui continuamente si vantano. Mentre dovrebbero trovare “perfetta unione di pensiero e di sentire” attorno a Cristo e al suo vangelo, tra essi invece prevalgono divisioni e contrapposizioni in nome di Paolo, Apollo o Cefa! Ma Paolo subito incalza: “E io sono di Cristo”! Così dovrebbe dire ogni membro di ogni Comunità, perché è Cristo che è stato crocifisso per noi e nel suo nome tutti noi siamo battezzati! Lui cioè ci ha salvati e in Lui siamo resi partecipi della vita divina. Nessun apostolo, predicatore, fondatore, leader spirituale, deve prendere il posto di Cristo, ma solo annunciare con umiltà il suo vangelo “per non rendere vana la croce di Cristo”. Nella Chiesa, doni e carismi sono per l’unità di tutti in Cristo e nel vangelo e non per contrapporre fedeli o gruppi di fedeli in nome di altri che solo sono inviati a servire l’unico vangelo.

Mt 4,12-23: “Convertitevi, perché il regno dei cieli è vicino».

Inizia con questa pagina la predicazione di Gesù che è posta in successione e continuità con quella di Giovanni Battista: tra Gesù e il Battista non c’è concorrenza ma continuità e progresso verso l’adempimento delle Scritture profetiche.

Gesù si sposta da Nazaret a Cafarnao: “Lasciò Nazareth, andò ad abitare a Cafarnao”. In quel territorio, “oltre il Giordano, Galilea delle genti”, Gesù è la “grande luce” vista dal “popolo che abitava nelle tenebre” e sorta per “quelli che abitavano in regione e ombra di morte” (cfr. prima lettura). Gesù e il suo vangelo sono la grande luce per tutti gli uomini (Galilea delle genti). La simbologia della luce nella Bibbia evoca le due attese fondamentali dell’uomo: la ricerca della verità e la conquista della libertà. Gesù con la sua parola e la sua azione illumina l’uomo perché possa camminare nella verità e libera l’uomo da ogni male che rende l’uomo schiavo e privo della sua dignità di figlio di Dio.

Nell’espressione “Convertitevi, perché il regno dei cieli è vicino” è riassunto l’appello e l’annuncio di Gesù. Se “il regno dei cieli è vicino” significa che una grande opportunità è data all’uomo, quella di essere reso partecipe della grazia di Dio ed essere coinvolto nella sua azione per realizzare un mondo liberato dal male, dall’odio, dall’ingiustizia, dalle divisioni, dalla violenza e dalla morte per vivere in amicizia con Dio che in Gesù è venuto incontro all’uomo. “Convertitevi” allora significa accogliere la gioia di questa opportunità dataci nel Figlio di Dio e la fatica di lasciarsi coinvolgere in questa opportunità. Per questo la predicazione di Gesù è detta ‘vangelo’ perché è gioioso annuncio di questa grande opportunità che ci è data (Evangelii Gaudium). Discepoli di Gesù sono coloro che accolgono questa opportunità e questo invito di Gesù e se ne fanno portatori agli uomini.

+ Adriano Tessarollo

Da Nuova Scintilla n.3 – 22 gennaio 2017