Colui che toglie il peccato

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PAROLA DI DIO – 2ª Domenica del tempo ordinario A

LETTURE: Is 49,3.5-6; Dal Salmo 39; 1 Cor 1,1-3; Gv 1,29-34.

Colui che toglie il peccato

Is 49,3.5-6. “Ti renderò luce delle nazioni, perché porti la mia salvezza”.

Questa pagina del profeta Isaia è conosciuta come il secondo dei quattro oracoli dedicati al “Servo del Signore (Jahwè)”, un inviato da Dio annunciato e atteso dal popolo che in esilio attendeva un liberatore. Israele anche a Gerusalemme si trovava ormai senza capi, guide e sacerdoti, perfino del tempio non era rimasto più nulla e la città giaceva distrutta e occupata da stranieri. Chi poteva guidare gli esuli in patria e ridare vita e unità all’ormai disperso popolo dell’Alleanza? Che significato potevano avere le sofferenze dei deportati ancora viventi e dei loro figli che vivevano in esilio? Quelle sofferenze vissute dal popolo sono annunciate come occasione di riscatto dalle infedeltà che erano state causa dell’esilio e il popolo esiliato stesso che portava quel peso era invitato a viverlo come riscatto. Presto il loro Dio si sarebbe servito di loro e avrebbe inviato un liberatore per guidarli in patria e fare rinascere quel popolo nel quale Dio stesso avrebbe rivelato la sua gloria e con il suo insegnamento e la sua azione sarebbe divenuto luce e salvezza per tutti i popoli. Obbedienza e sofferenza lo avrebbero reso ‘servo del Signore’ per offrire perdono e salvezza all’intera umanità. Voluto da Dio proprio per questa missione, Cristo è stato la realizzazione piena di questo oracolo profetico.

Dal Salmo 39. “Ecco, Signore, io vengo per fare la tua volontà”.

La liturgia attinge alcuni versetti dalla prima parte del salmo 39. Esso è un ringraziamento pubblico perché colui che prega ha esperimentato Dio in azione nella sua vita con un intervento di liberazione insperata. Egli poi anziché offrire sacrifici e offerte per il ringraziamento o sacrifici espiatori, intesi pure come espressione sincera di lode e perdono, offre il vero sacrificio della sua obbedienza alla parola e ai comandamenti del Signore, come richiesto dalla Parola del Signore. Oltre alla sincera obbedienza ai comandamenti dell’Alleanza, Dio richiede anche la lode pubblica che annuncia anche agli altri l’esperienza vissuta e il dono ricevuto.

1 Cor 1, 1-3. “Grazia a voi e pace da Dio Padre nostro e dal Signore Gesù Cristo”.

Inizia con questa domenica la lettura continua della prima Lettera ai Corinzi. Oggi è proposto solo il saluto iniziale dell’Apostolo, dopo la propria presentazione, quella del suo collaboratore e dei destinatari della lettera. Paolo definisce se stesso ‘chiamato ad essere apostolo di Cristo Gesù per volontà di Dio’. In poche parole riassume la sua chiamata avvenuta a Damasco nell’incontro con Gesù risorto nel quale Paolo ha riconosciuto il Messia che egli stesso perseguitava. Nel ministero di apostolo di Cristo Gesù egli adempie la volontà di Dio. Il suo collaboratore Sostene è definito ‘fratello’, vincolo nato dal loro comune legame con Cristo e dal medesimo ministero. Destinatari della lettera sono i discepoli che vivono a Corinto (chiesa particolare) definiti ‘Chiesa di Dio’, ‘santificati in Cristo Gesù’ ‘santi per chiamata’, ma pure quanti invocano “il nome del Signore nostro Gesù Cristo, Signore nostro e loro”. Ecco l’antica professione di fede in Gesù: Egli è il Signore (titolo divino, Kyrios) che appartiene a quanti lo invocano in ogni luogo (Signore di tutti: chiesa universale), Gesù (uomo) e Messia (Cristo). Su tutti Paolo invoca “grazia e pace”, dono gratuito di perdono e riconciliazione (grazia) e ogni altro bene che proviene dalla bontà di Dio (pace) che degli uomini è ‘Padre’, doni che Egli ci ha elargito in unione al Signore Gesù Cristo.

Gv 1,29-34: “Colui che toglie il peccato del mondo”.

Oggi ci viene presentata la testimonianza su Gesù resa da Giovanni Battista, secondo il vangelo di Giovanni, attraverso quattro formulazioni. Gesù è “l’agnello di Dio che toglie il peccato del mondo”, è “l’uomo che mi è passato avanti perché era prima di me”, Egli è “colui che battezza nello Spirito Santo”, Egli è “il Figlio di Dio”. È la chiara confessione di fede in Gesù che troviamo nel vangelo di Giovanni: Gesù è l’inviato di Dio a liberare l’uomo dal peccato (agnello di Dio), egli preesisteva alla sua incarnazione (era prima del Battista), in Lui è la pienezza dello Spirito Santo che egli dona a tutti (battezza nello Spirito), egli è di natura divina (figlio di Dio). Questa pagina del vangelo di Giovanni è un invito a verificare la nostra fede in Gesù di Nazareth e nella sua missione nei confronti del mondo. Il compito affidato a Gesù, in qualità di Servo del Signore (vedi anche prima lettura), riguarda tutti gli uomini, creature di Dio, perciò la sua azione si estende ad ogni creatura. Gesù è inviato a “portare la salvezza fino alle estremità della terra” (Is 49,6, prima lettura), togliendo ciò che fa da ostacolo alla realizzazione del progetto di salvezza di Dio per tutta l’umanità. È questo il peccato che Gesù, Servo del Signore, toglie, prendendo su di sé il peso di questo compito per il quale egli metterà in gioco la sua vita fino alla morte. L’immagine dell’agnello richiama il sacrificio sulla croce, definito come ‘prezzo del nostro riscatto’. Nell’atto della sua morte Gesù dona al mondo il suo Spirito, lo Spirito del Padre. È questo il battesimo nello Spirito Santo con il quale egli riconcilia l’uomo con Dio. Il battesimo è il segno del perdono di Dio e della possibilità che Dio ci dà in Cristo di vivere da figli suoi. Il cristiano riconosce in Gesù e nella sua azione in favore degli uomini l’inviato e il figlio di Dio che dona lo Spirito Santo, il perdono e la vita divina

+ Adriano Tessarollo

Da Nuova Scintilla n.2 – 15 gennaio 2017