Riconoscimento della nullità del matrimonio

Matrimonio-religioso
Facebooktwitterpinterestmail

SGUARDO PASTORALE

Riconoscimento della nullità del matrimonio

Ho avuto alcuni riscontri sul tema trattato nel precedente articolo. Ed è emersa ancora una volta l’esigenza di comprendere meglio in che cosa consista la verifica canonica circa l’effettiva esistenza del vincolo precedentemente contratto ed entrato in crisi. In certi casi infatti esiste il legittimo sospetto che il matrimonio sia nullo e che, anzi, il motivo di nullità possa avere influito sul fallimento della relazione.

Conviene tenere presente, in via preliminare, che non è esatto parlare di “annullamento del matrimonio”, come si fa comunemente. Un matrimonio sacramentale valido non può essere annullato: o esiste, e permane, o non esiste, e viene “dichiarato” nullo. La dizione giusta allora è “riconoscimento della nullità del matrimonio”. Il processo canonico dunque viene istituito per stabilire se il matrimonio sacramentale, fin dall’inizio, esiste oppure no. Non ha niente a che vedere con una specie di “divorzio ecclesiastico”, altra espressione entrata purtroppo nell’uso comune.

I principali motivi di nullità che vengono preventivamente valutati da un avvocato ecclesiastico e poi, se il processo inizia, vengono vagliati dai giudici sono: l’esclusione della prole; la mancata comprensione e accettazione degli elementi essenziali del matrimonio (unità e indissolubilità); l’esistenza di condizionamenti tali che abbiano compromesso la libertà nel prestare il consenso; l’incapacità psichica a contrarre il vincolo matrimoniale in genere o quel vincolo matrimoniale specifico; l’errore circa l’identità della persona del partner; la frode e il sotterfugio; e alcuni elementi riguardanti la forma e la celebrazione. Naturalmente questi possibili capi di nullità devono essere provati con testimonianze personali e di altri. Come per ogni altro processo, anche in questo caso i giudici devono valutare la credibilità di queste prove e quindi vi sono ovviamente margini di errore. È comunque impossibile negare che possano darsi situazioni nelle quali, per la mancanza di elementi essenziali del matrimonio, il vincolo in realtà non esiste.

Come ho già scritto in passato, la recente riforma di Papa Francesco nel decreto “Mitis Iudex Dominus Jesus” (2015), oltre a favorire dei processi ordinari più snelli (senza l’obbligo della doppia sentenza conforme), e comunque gratuiti, introduce il dato del processo “brevior”. Non vengono introdotti nuovi casi di nullità, ma il dato giuridico viene a saldarsi con quello pastorale, per cui l’approccio alle singole questioni avviene in ambito locale, sotto la responsabilità del vescovo, e coinvolge anche i soggetti che operano sul fronte della formazione e dell’accompagnamento.

Ritengo si tratti di una svolta molto importante, soprattutto per il fatto che questa nuova prassi obbliga opportunamente i soggetti interessati, e gli operatori, ad avere come primo obiettivo il bene delle persone, il rispetto del loro cammino di fede, e l’attenzione – o addirittura il richiamo – alla loro appartenenza ad una comunità cristiana. La famiglia, la coppia, il matrimonio non sono affare privato ma risorsa ineludibile per la Chiesa e per la società, anche quando si misurano con le loro fragilità.

don Francesco Zenna

Da Nuova Scintilla n.39 – 23 ottobre 2016