Dio farà giustizia ai suoi eletti

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PAROLA DI DIO – 29ª domenica del tempo ordinario C

LETTURE: Es 17,8-13; Dal Salmo 120; 2 Tm 3,14-4,2; Lc 18,1-8

Dio farà giustizia ai suoi eletti

Es 17,8-13. “Quando Mosè alzava le mani, Israele era il più forte…”.

Il cammino d’Israele dall’Egitto alla terra promessa è stato contrassegnato da ostacoli che al popolo sembravano insormontabili o che quanto meno rendevano durissimo quel cammino, tanto da essere tentati tante volte di tornare indietro, dubitando della presenza liberatrice di Dio. Mosè portava nella preghiera i lamenti del popolo a Dio. Anche Mosè di fronte all’incredulità e all’esasperazione del popolo era stato colto da un momento di dubbio quando lui pure, battendo il bastone per due volte di seguito sulla roccia, disse: “Il Signore è o no in mezzo a noi? (Es 17,7)”. Ma ecco un altro nuovo ostacolo sul loro tragitto: dei nemici che si oppongono al loro cammino. Mosè ha imparato e non dubita più, è certo che il Signore è in mezzo al suo popolo per salvarlo. Innalzando il suo bastone davanti a tutto il popolo egli ricorda loro che Dio è con loro: “Domani io starò ritto sulla cima del colle con in mano il bastone di Dio” mentre Giosuè con i suoi uomini combatterà contro Amalek. Fintantoché Mose stava con le mani alzate, Giosuè e i suoi vincevano, ma quando Mosè, per stanchezza, abbassava le mani, la battaglia andava male per Giosuè e i suoi. Se quel bastone alzato era memoria dei tanti prodigi operati dal Signore per il suo popolo, sostenendo in esso la fiducia in un nuovo intervento liberatore, le mani alzate di Mosè rappresentavano la preghiera con la quale egli invocava Dio mentre Giosuè e i suoi uomini eseguivano i comandi di Dio dati da Mosè suo servo.

Dal Salmo 120. “Il mio aiuto viene dal Signore”.

Un salmo di pellegrinaggio verso il santuario di Gerusalemme che si ispira all’esperienza dell’esodo, dove Dio ha guidato il suo popolo proteggendolo dai numerosi pericoli e ostacoli. Ora il salmo diventa simbolo della vita vista come pellegrinaggio verso la meta celeste, dimora divina, dalla quale il pellegrino invoca e attende l’aiuto per camminare verso quella meta. Alzare gli occhi esprime il desiderio e la ricerca di Dio che renderà sicuri i piedi dell’uomo pellegrino sulla terra. Il Signore è custode vigile della vita dell’uomo e del suo cammino: “Non si addormenta, non prende sonno il custode d’Israele”. Egli “sta alla tua destra”, pronto per difenderti e proteggerti contro i pericoli del giorno (sole), della notte (luna) e ogni altro male. E’ una presenza vigile, in casa e fuori al lavoro (quando entri e quando esci), sempre!

2 Tm 3,14-4,2. “…perché l’uomo di Dio sia completo e preparato per ogni opera buona”

A Timoteo che si trova a vivere tra uomini malvagi e impostori, ingannati e ingannatori (v.13), l’apostolo rivolge l’invito a rimanere ben saldo sul solido fondamento della fede, garanzia di fronte agli errori dottrinali e alle ostilità che incontra nella predicazione del vangelo. Questo fondamento è l’insegnamento che ha ricevuto da persone fidate, la sua famiglia, la sinagoga dove è cresciuto e la predicazione apostolica. Le Sacre Scritture e la fede in Gesù Cristo sono solido fondamento per la salvezza. La Sacra Scrittura infatti, nata dall’azione dello Spirito, è efficace per la forza di quel medesimo Spirito, in chi si apre al suo ascolto e alla sua accoglienza, e diventa per lui  strumento efficace per educare, dare solidi convincimenti, riportare sulla giusta via e orientare alla vita secondo Dio. Così essa realizzerà nel lettore l’uomo voluto da Dio, capace di praticare ogni opera buona. E come un padre che ammonisce e scongiura il figlio che sta per lasciare, chiamando a testimoni Dio e Gesù Cristo, Paolo incoraggia Timoteo a non stancarsi mai di annunciare il Vangelo. Questo ordine generale è dato con cinque imperativi: Annunzia la parola, insisti sia nei momenti favorevoli che sfavorevoli, ammonisci, rimprovera ed esorta con ogni magnanimità e dottrina. Questo è il grande compito che Paolo lascia a Timoteo e ad ogni credente che si sente non solo discepolo del Signore, ma anche suo inviato ai fratelli per orientarli alla salvezza in Cristo.

Lc 18,1-8. “E Dio non farà giustizia ai suoi eletti che gridano giorno e notte verso di lui?”   

La preghiera insistente viene esaudita. Ma non basta insistere, bisogna continuare a pregare anche quando si ha l’impressione di non venire esauditi. Gesù mette in scena una vedova, persona indifesa, in favore della quale il giudice della città, giudice iniquo che “non teme Dio e non ha paura degli uomini”, non interviene a fare giustizia. Un personaggio privo di riferimento di carattere sia religioso che sociale, dal quale non sembra doversi aspettare giustizia. Ma come va a finire la storia raccontata da Gesù? “Farò giustizia a questa vedova, poiché mi molesta, affinché non venga continuamente ad importunarmi”. Conclusione dunque imprevista: anche un giudice disonesto fa giustizia di fronte alla incessante richiesta di una povera vedova, che non rinuncia alla sua causa, insistendo fino all’inverosimile. Il punto risolutivo è la sua insistenza nel presentare la sua richiesta. Ma ora ecco il senso di tutto il racconto: “Avete udito ciò che dice il giudice disonesto. E Dio non farà giustizia ai suoi eletti che gridano giorno e notte verso di lui?”. Se un giudice disonesto, indifferente verso una povera vedova, le fa giustizia perché non cessa di chiedere, quanto più Dio che è Padre dei poveri, che sono oggetto del suo amore (eletti) non interverrà in aiuto a chi con altrettanta insistenza si rivolge a lui per ottenere liberazione. Mai quindi cessare di sperare, invocare e attendere. Preghiera e attesa non saranno disattese. La domanda finale se il Figlio dell’uomo, quando verrà, troverà la fede sulla terra, pone un importante interrogativo. Il problema non è se Dio interverrà a salvare, ma se ci saranno ancora uomini che sperano, invocano e attendono la sua salvezza. Fede e preghiera dicono insieme questo atteggiamento di fiduciosa invocazione e attesa della sua venuta per salvare.

+ Adriano Tessarollo

Da Nuova Scintilla n.38 – 16 ottobre 2016