Accresci in noi la fede!

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PAROLA DI DIO – 27ª domenica del tempo ordinario C

LETTURE: Ab 1,2-3;2,2-4; Dal Salmo 94; “Tm 1,6-8.13-14

Accresci in noi la fede!

Ab 1,2-3;2,2-4. “Ecco, soccombe colui che non ha l’animo retto, mentre il giusto vivrà per la sua fede”.

Le ingiustizie e le violenze che imperano nel mondo pongono al credente il problema del silenzio di Dio e del fatto che egli non interviene a fare giustizia, a liberare l’oppresso dalle mani dell’oppressore. Come contro chi opera ogni violenza e calpesta ogni diritto, Dio non interviene e non risponde alle suppliche dei suoi fedeli che lo invocano? “Fino a quando implorerò e non ascolti, alzerò il grido ‘Violenza’ e non soccorri…?”. Alla prima serie di interrogativi e lamenti del profeta (Ab1,2-4) la risposta divina annuncia che il popolo oppressore sarà a sua volta eliminato da un altro popolo suscitato da Dio, il popolo oppressore ha il tempo contato e a sua volta sarà travolto, anche se esso confida in se stesso (Ab 1,5-11). Alla seconda lamentazione che riprende gli interrogativi di prima (1,12-17) per una situazione di violenza interna al popolo dell’alleanza, abbiamo un altro oracolo divino che annuncia un evento certo e imminente: “Ecco, soccombe colui che non ha l’animo retto, mentre il giusto vivrà per la sua fede”. Chi non mette in pratica l’Alleanza e opera iniquità e oppressione nei confronti dei giusti soccomberà. Ma per colui che confida in Dio ed è fedele ai suoi insegnamenti la sorte sarà diversa: se per chi non ha l’animo retto ci sarà la morte per il giusto che pone la sua fiducia in Dio e vive della sua parola ci sarà la vita.

Dal Salmo 94. “Ascoltate oggi la voce del Signore”.

A commento e prolungamento della meditazione sulla prima lettura, è da sottolineare il tema della fede. Credere significa appoggiarsi su qualcosa di stabile e sicuro. Qui è Dio il fondamento solido su cui l’uomo pone la sua fiducia: Egli è “roccia della nostra salvezza”. Egli dà origine all’uomo e lo conserva: è “il Signore che ci ha creati”. Ma nell’alleanza egli si è impegnato a guidarne il cammino nella storia: “Egli è nostro Dio, e noi il popolo del suo pascolo, il gregge che egli conduce”. La risposta dell’uomo all’azione di Dio è la fede in lui e la fedeltà alla sua parola. Israele ha sperimentato anche l’infedeltà e la disobbedienza alla parola della promessa perché non si fidarono di lui e della sua promessa. Ecco l’invito al popolo dell’alleanza, nel suo ‘oggi’ di ogni giorno ad “ascoltare” e a “non indurire il cuore…”. Le promesse confermate dalle opere del Signore sono degne di fiducia.

2 Tm 1,6-8.13-14. “Custodisci il buon deposito con l’aiuto dello Spirito Santo che abita in noi”.

L’apostolo ha conosciuto Timoteo come uomo dalla fede schietta, trasmessagli in famiglia: dalla nonna alla mamma e dalla mamma a lui (1,5). Paolo gli ha imposto le mani perché potesse riceve il dono gratuito che lo ha costituito capo e maestro nelle comunità cristiane. Quel dono, il fuoco dello Spirito, perché non si spenga, va continuamente ravvivato. Se ora Timoteo vive una situazione difficile, perché la fede è messa in discussione da falsi maestri e le comunità cristiane sono accusate e derise, egli non deve lasciarsi prendere dalla paura, ma attingere dal fuoco dello Spirito la forza di rendere testimonianza al Signore. Egli ha ricevuto lo Spirito di fortezza, di amore, di sapienza. Del resto anche Paolo sta soffrendo catene e carcere proprio per lo stesso vangelo per il quale soffre Timoteo: si senta in unione alle sofferenze dello stesso suo maestro e si affidi alle “ben fondate parole udite da lui” in unione con Cristo Gesù. Custodisca con sicurezza la buona tradizione con l’aiuto dello Spirito di verità.

Lc 17,5-10. “Accresci in noi la fede”.

Il vangelo propone due detti di Gesù, uno sulla fede e l’altro sul servizio senza pretesa di ricompensa. In quanto detti del Signore agli apostoli essi godono, per l’evangelista, di particolare autorevolezza. Di fronte alla fragilità e insufficienza della fede che gli apostoli sperimentano nell’esercizio del ministero di annunciare il vangelo al mondo scaturisce spontanea la loro invocazione: “Accresci in noi la fede!”. L’evangelista Luca cerca la risposta a questa richiesta in un detto di Gesù, che gli evangelisti Matteo e Marco pongono in contesti diversi. “Se aveste tanta fede quanto un granello di senape, potreste dire a questo sicomoro: Sradicati e trapiantati nel mare! Ed esso vi obbedirebbe”. Gesù con questo paradosso voleva dire che una quantità piccolissima di fede (il seme di senapa è come la punta di uno spillo) è in grado di operare lo sradicamento di un sicomoro che ha radici profonde e penetranti anche nel terreno pietroso. Dunque Gesù pone l’accento non sulla quantità ma sulla autenticità della fede. La fede autentica poggia su Dio e non dubita della sua efficacia, quella falsa poggia sulla quantità che l’apostolo deve avere per ottenere i risultati voluti: si chiederebbe allora a Dio un supplemento di fede per avere più potenza nelle proprie mani. Il secondo argomento, quello sul servizio, è proposto con una parabola e concluso con un detto di Gesù. Sappiamo che i farisei erano orgogliosi per la loro osservanza di tutte le minuziose regole elaborate per essere certi di non violare nessun precetto della Legge. E tale orgoglio non era solo davanti agli uomini, (Mt 23,5: “Fanno tutte le loro opere per essere ammirati dagli uomini), ma anche davanti a Dio (Lc 18,11-12: “O Dio ti ringrazio che non sono come gli altri uomini…”. Con la parabola, introdotta dalla domanda, Gesù porta gli ascoltatori a riflettere sul giusto atteggiamento in proposito. Se un padrone pattuisce con un servo un certo servizio, si vanterà il servo se fa quanto stabilito? Potrà avanzare pretese particolari per quello che fa? Così è per il discepolo: ha ricevuto da Dio la vita ed è stato accolto come membro del suo popolo; dovrà farsene un vanto, inorgoglirsi, davanti agli altri uomini se egli risponde all’amore che Dio per primo lo ha amato? Per i cristiani non c’è posto per inorgoglirsi né davanti a Dio né davanti agli uomini. C’è bisogno invece di senso di ringraziamento e umiltà per riconoscere il dono ricevuto e rispondervi con gioia.

+ Adriano Tessarollo

Da Nuova Scintilla n.36 – 02 ottobre 2016