Quattro agosto, ore sei del mattino: accade a Pellestrina

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Tricentenario dell’apparizione

“Prima che sorga l’alba viviamo nell’attesa, tace il creato e canta nel silenzio il mistero…”

Quattro agosto, ore sei del mattino: accade a Pellestrina

Stavolta don Cesare è stato convincente. Ci aveva raccontato nella chiesa della ‘Madonna di Lourdes’, dove quotidianamente presiede la prima messa del mattino, che il giorno dopo, 4 agosto, avrebbe concelebrato con altri sacerdoti dell’isola di Pellestrina, alle 6 del mattino, nel piazzale del tempio dell’Apparizione. Si trattava dunque di prendere il battello delle 4,50 che da Vigo in venti minuti porta all’isola di Maria. Convinco mia moglie che è un’occasione rara: il 300° anniversario da quel mattino non va perduto, come non avevamo perduto, seguendo in moto dalla riva, il trasferimento in barca dell’icona dal Santuario a Santa Maria del mare! Ci immedesimiamo anche noi in quel ragazzino di cui abbiamo rinnovato i sentimenti nella bella rilettura di Giovanni Scarpa nel nuovo libro dedicato all’evento. Ed eccoci, nel primo chiarore di un giorno che sarà fulgente, scarpinare dapprima sotto il murazzo con un manipolo di fedeli dietro il nostro condottiero, armato di corona del Rosario. È un cammino di avvicinamento in senso contrario a quello compiuto quella mattina da Natalino, ma siamo tra le sue stesse pietre, cominciando da Ognissanti in cui è sepolto il suo corpo. E così passo per passo il nostro don Cesare (che è nativo di San Pietro in Volta) ci introduce al mistero di quel mattino: ave Maria, ave Maria, ave Maria. Preghiamo camminando in un’isola silente, addobbata come una sposa insonne. Non c’è angolo che non sia stato toccato dalla mano creativa dei suoi abitanti: ogni singolo fanale, le fontane del paese, i poggioli, ogni cosa è trasformata da festoni e bandierine che svolazzano senza soluzione di continuità e si arrampicano fin su nel cielo in appigli impossibili, tra le antenne e i camini, a confondersi con le nuvole bianche e l’azzurro del cielo, come quello del manto di Maria. Dai pali segnavia, non più rugginosi perché avvolti di carta o velo variopinto, fioriscono mazzi di fiori di barena, e archi colorati si innalzano dallo sterrato polveroso delle rive… Occorre documentare con il dovuto stupore ciò che sta capitando in quest’isola sperduta della laguna veneta nell’anno 2016. Non credo vi sia altra comunità umana che possa preparare, oggi, così coralmente, totalmente, integralmente una festa per la memoria di un evento semplicissimo, quasi banale: una donna vestita di luce che prende per il braccio sinistro un ragazzino e decide di renderlo partecipe di un fatto storico, una vittoria che consentirà a quest’isola di essere uno scrigno di fede, in un modo del tutto singolare anche attraverso il dono di numerose e sante vocazioni al sacerdozio.

Eccoli tutti i preti di Pellestrina: otto se ne contano attorno all’altare dal più giovane Giovanni (di cui mi sorprese la fioritura vocazionale tra i banchi della scuola superiore), al parroco don Damiano che presiede, al decano don Angelo (amico della mia vita). Una fioritura vocazionale unica, una sorta di serbatoio alimentato dall’appartenenza ad una terra e alla sua storia. I Natalini, come li chiama simpaticamente don Cesare, sono qui grati di essere stati presi per il braccio sinistro e di aver ascoltato quella voce: “vien qua, fio…. Tel digo a ti perché ti xè degno…”

L’alba si intuisce ormai nel cielo dietro il tempio che si colora, mentre don Damiano racconta che per una vocazione è necessaria una generazione, una famiglia, un’apertura di cuore. Il fremito dell’alba fa vibrare i chilometri di festoni bianco-azzurro preparati a mano, metro per metro, e fa genuflettere la fiamma delle candele verso il quadro di Maria con gli occhi socchiusi…

Li socchiudiamo anche noi per vedere meglio la grazia di questo giorno che celebra una civiltà dello spirito, una maternità reale affermata nel quotidiano di questa striscia tra mare e laguna, tra terra e cielo.

E mi vien da pensare che questa sia la vera educazione, contro ogni relativismo: che noi, Natalini di oggi, possiamo ancora sentire distintamente questa voce che continua incessantemente a chiamare, non solo in quest’isola beata, e possiamo aderirvi ancora con tutto il cuore e con tutta la mente, dedicando tutta la vita per rispondere generosamente…

Piergiorgio Bighin

Da Nuova Scintilla n.32 – 14 agosto 2016