Spiritualità coniugale e familiare

don-francesco
Facebooktwitterpinterestmail

SGUARDO PASTORALE

Spiritualità coniugale e familiare

Giunti a questo punto c’è il rischio di chiudere l’Esortazione convinti che abbia già detto tutto, e invece c’è il capitolo nono che è come la “ciliegina sulla torta”, perché offre una sintesi del cammino di santificazione che i coniugi avviano con la celebrazione del sacramento del matrimonio. Sì, il matrimonio e la famiglia non sono ostacoli alla vita spirituale e al cammino di santificazione, ma uno strumento particolare, specifico dei laici e ricco di opportunità uniche.

Innanzitutto viene ribadito che, come abita “nel cuore della persona che vive nella sua grazia”, la Trinità è presente “nella comunione matrimoniale”. Questa comunione è fatta di “sofferenze, lotte, gioie”, di “propositi quotidiani”, “di doni e di incontri”, di “bisogni fraterni e comunitari”; in tutto questo, vissuto bene, con autenticità, nella concretezza, è presente il Signore con il quale diventa possibile “un incontro sempre più pieno”.

Viene introdotto poi il tema della “preghiera in famiglia” come “mezzo privilegiato per esprimere e rafforzare” la propria fede pasquale. Infatti “i dolori e i problemi”, le difficoltà e le amarezze, se vissute come “partecipazione al mistero della croce di Cristo”, si trasformano in offerta d’amore. E “d’altra parte, i momenti di gioia, il riposo o la festa, e anche la sessualità, si sperimentano come partecipazione alla vita piena della Risurrezione”. Bastano alcuni minuti ogni giorno per parlare con il Signore di tutto il proprio vissuto; sono “un tesoro di spiritualità” anche “le diverse espressioni della pietà popolare”; momento culminante resta la “partecipazione comune all’Eucaristia, soprattutto nel giorno del riposo domenicale”. Tra “vita coniugale ed Eucaristia” esistono infatti “legami profondi” perché nel sacramento i coniugi scoprono sempre più il senso della propria alleanza d’amore e trovano forza e stimolo per rinnovarla ogni giorno.

Un elemento specifico della spiritualità coniugale è anche la presenza dell’altro, a cui si appartiene per sempre. La fedeltà non è solo un elemento sociologico ma riflesso della fedeltà di Dio, che raggiunge gli sposi attraverso il partner e che impegna quotidianamente, “accada quel che accada”. L’amore dei coniugi è infatti un riflesso dell’amore di Dio. È in gioco l’amore del Signore, per cui “nessuno può pretendere di possedere l’intimità più personale e segreta della persona amata e solo Lui può occupare il centro della sua vita” e, nello stesso tempo, bisogna “smettere di attendere da una persona ciò che è proprio soltanto dell’amore di Dio”.

Il decreto sull’attività dei laici del Vaticano II affermava: “I coniugi cristiani sono cooperatori della grazia e testimoni della fede l’uno per l’altro, nei confronti dei figli e di tutti gli altri familiari”. Citando questo brano l’Esortazione concretizza: “Prendiamoci cura, sosteniamoci e stimoliamoci vicendevolmente, e viviamo tutto ciò come parte della nostra spiritualità familiare”. Nell’esortazione “Familiaris consortio” Giovanni Paolo II aveva scritto che l’amore di Dio si esprime “attraverso le parole vive e concrete con cui l’uomo e la donna si dicono il loro amore coniugale”. Papa Francesco gli fa eco concretizzando il discorso: “I due sono tra loro riflessi dell’amore divino che conforta con la parola, lo sguardo, l’aiuto, la carezza, l’abbraccio”. “Voler formare una famiglia è avere il coraggio di far parte del sogno di Dio, il coraggio di sognare con Lui, il coraggio di costruire con Lui, il coraggio di giocarsi con Lui questa storia, di costruire un mondo dove nessuno si senta solo”. Mi piace concludere questo percorso sui capitoli dell’“Amoris laetitia” citando testualmente. Sono brani troppo belli e riassuntivi: “Tutta la vita della famiglia è un pascolo misericordioso. Ognuno, con cura dipinge e scrive nella vita dell’altro”; “È una profonda esperienza spirituale contemplare ogni persona cara con gli occhi di Dio e riconoscere Cristo in lei”; “Sotto l’impulso dello Spirito il nucleo familiare” si apre anche “all’ospitalità”, “specialmente ai poveri e agli abbandonati”. E di fronte alle imperfezioni? “Non perdiamo la speranza, ma neppure rinunciamo a cercare la pienezza di amore e di comunione che ci è stata promessa”.

don Francesco Zenna

(da “Nuova Scintilla”, n. 31 del 7 agosto 2016)