Le situazioni dette “irregolari”

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LO SGUARDO PASTORALE

Le situazioni dette “irregolari”

È ritenuta “irregolare” la situazione di quelle persone che hanno contratto matrimonio solo civile, che sono divorziati e risposati, o che semplicemente convivono. “Due logiche percorrono tutta la storia della Chiesa: emarginare e reintegrare”. È doveroso seguire quella indicata da Gesù, “della misericordia e dell’integrazione”. La Chiesa non deve “condannare eternamente nessuno” ma piuttosto “effondere la misericordia di Dio a tutte le persone che la chiedono con cuore sincero”. Fino ad ora le nostre comunità hanno espresso facili giudizi nei confronti di queste persone, senza tener conto della complessità delle diverse situazioni e delle sofferenze che il più delle volte le accompagnano, e hanno impedito loro di partecipare attivamente. Certo, “se qualcuno ostenta un peccato oggettivo come se facesse parte dell’ideale cristiano, o vuole imporre qualcosa di diverso da quello che insegna la Chiesa, non può pretendere di fare catechesi o di predicare, e in questo senso c’è qualcosa che lo separa dalla comunità”. Tuttavia, anche per questa persona, come per tutte le altre, in qualsiasi situazione si trovino, “può esserci qualche maniera di partecipare alla vita della comunità: in impegni sociali, in riunioni di preghiera, o secondo quello che la sua personale iniziativa, insieme al discernimento del Pastore, può suggerire”.

Viene chiesto però un serio discernimento personale e pastorale. L’esortazione offre anche un criterio e degli esempi. Il criterio fondamentale che deve muovere la Chiesa è quello di rivelare “la divina pedagogia della grazia” nella vita di queste persone e “aiutarle a raggiungere la pienezza del piano di Dio in loro, sempre possibile con la forza dello Spirito Santo”. Alcuni esempi riguardano “seconde unioni consolidate nel tempo, con nuovi figli, con provata fedeltà, dedizione generosa, impegno cristiano, consapevolezza dell’irregolarità della propria situazione e grande difficoltà a tornare indietro senza sentire in coscienza che si cadrebbe in nuove colpe”; oppure “il caso di quanti hanno fatto grandi sforzi per salvare il primo matrimonio e hanno subito un abbandono ingiusto”, o il caso di “coloro che hanno contratto una seconda unione in vista dell’educazione dei figli, e talvolta sono soggettivamente certi in coscienza che il precedente matrimonio, irreparabilmente distrutto, non era mai stato valido”. Non sono paragonabili a “una nuova unione che viene da un recente divorzio, con tutte le conseguenze di sofferenza e di confusione che colpiscono i figli e famiglie intere, o la situazione di qualcuno che ripetutamente ha mancato ai suoi impegni familiari”.

Il discernimento deve riguardare anche le “diverse forme di esclusione attualmente praticate in ambito liturgico, pastorale, educativo e istituzionale”, per vedere quali possono essere superate “evitando ogni occasione di scandalo”, ma soprattutto per far comprendere che la Chiesa è madre che accoglie sempre, si prende cura con affetto e incoraggia nel cammino della vita e del vangelo.

Data questa varietà di situazioni non è possibile dare “una nuova normativa generale di tipo canonico, applicabile a tutti i casi”. Il compito di accompagnare le persone sulla via del discernimento spetta ai presbiteri, e per orientare questo difficile compito il papa suggerisce una serie di domande utili a far “fare un esame di coscienza, tramite momenti di riflessione e di pentimento”. È necessario infatti che questi fedeli prendano “coscienza della loro situazione davanti a Dio”, si formino “un giudizio corretto” sui possibili ostacoli e sui passi che possono favorire una più piena partecipazione alla vita della Chiesa. “Carità e verità” sono le coordinate, “umiltà, riservatezza, amore alla Chiesa e al suo insegnamento” gli atteggiamenti fondamentali per evitare messaggi sbagliati che portino a pensare che la Chiesa sostenga una doppia morale.                                                          

don Francesco Zenna