Se qualcuno vuol venire dietro a me, rinneghi se stesso

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PAROLA DI DIO – XIIª domenica del tempo ordinario C

LETTURE: Zc 12,10-11;13,1; Dal Salmo 62; Gal 3,26-29; Lc 9,18-24

Se qualcuno vuol venire dietro a me, rinneghi se stesso

Zc 12,10-11;13,1. “Guarderanno a colui che hanno trafitto”.

Al centro del brano biblico proposto c’è l’annuncio dell’effusione dello “Spirito di grazia e di consolazione… sorgente zampillante per lavare il peccato e l’impurità”. Questa effusione è messa in relazione ad un personaggio definito “colui che hanno trafitto” e verso il quale bisogna “rivolgere lo sguardo”. Altri testi ed eventi dell’Antico e del Nuovo Testamento chiariscono questo personaggio del libro del profeta Zaccaria. Egli parla di un personaggio messianico definito re povero (9,9-10), pastore rifiutato (11,4-17), grande trafitto (12,10-13,1). Tutto il libro annuncia una salvezza, opera di Dio attraverso il suo messia, capo dei poveri, pastore rifiutato, vittima innocente che dona la sua vita per il riscatto e la purificazione di tutti. Egli instaurerà il regno universale e definitivo di Dio, in un momento in cui non sembra esserci più speranza. Allora l’effusione dello Spirito di Dio, spirito di ‘grazia e consolazione’, cambierà le disposizioni dell’uomo verso il Signore. Allora il popolo si rivolgerà a quel personaggio prima rifiutato e colpito a morte. Nel vangelo di Giovanni alla crocifissione di Gesù leggiamo: “Volgeranno lo sguardo a colui che hanno trafitto”. In Gesù trafitto dal colpo di lancia (Gv 19,37), nell’effusione dello Spirito e nella conversione di coloro che lo hanno trafitto (cfr. anche Ap 1,7), la profezia ha trovato compimento.

Dal Salmo 62. “Ha sete di te, Signore, l’anima mia”.

Chi prega questo Salmo è condotto dal desiderio all’esperienza di Dio. Questo cammino spirituale avviene nel tempo e nello spazio della vita e coinvolge il cuore dell’uomo. Nella preghiera dell’aurora chi prega si mette in movimento alla ricerca del suo Dio. Il suo cuore è acceso dal desiderio di incontrare Dio, come terra arida e assetata che brama l’acqua. Così colui che prega, nel suo desiderio (anima) e nella sua fragilità (carne), brama l’incontro vitale con Dio. L’incontro è favorito da tanti segni che rimandano alla sua presenza: il santuario, il creato che manifesta la sua gloria e la vita quotidiana che manifesta la sua potenza. Nel contemplare tutto questo le labbra dell’orante si aprono alla lode e lo acclamarlo nell’assemblea del culto popolo di Dio. Giunto a sera, nella sua casa e nel suo letto, nella notte, il suo pensiero ritorna a Dio, alla sua presenza amorosa che lo ha accompagnato. Il suo cuore si inonda di gioia nel sentirsi come un piccolo d’uccello sotto le ali della madre che lo protegge. Il percorso si conclude nell’immagine dell’abbraccio della madre e nel sentirsi portato dalle sicure e robuste braccia del padre: “A te si stringe l’anima mia. La forza della tua destra mi sostiene”.

Gal 3,26-29. “Poiché tutti voi siete uno in Cristo”.

Nella lettera ai Galati, Paolo propone il Vangelo di Gesù Cristo quale annuncio e dono della salvezza che viene attraverso la fede in Lui. Questa è la novità portata da Cristo, che annulla tutte le differenze davanti a Dio. Il battesimo ricevuto per fede in Gesù Cristo, produce una condizione nuova: “Vi siete rivestiti di Cristo”, cioè la vita segnata dal peccato è assunta e trasformata da Cristo, cosicché ora “tutti voi siete figli di Dio”, partecipi della stessa vita di Cristo. La nuova condizione di salvati è dovuta a questa stretta comunione con Cristo. Questo è il principio nuovo che libera da tutte le distinzioni che possono provenire dalle diverse situazioni umane: religiose, sociali, civili e persino sessuali! “Non c’è più giudeo né greco; non c’è più schiavo né libero; non c’è più uomo né donna”. Tutte queste distinzioni, che spesso diventano fonte di privilegi o esclusioni, cadono di fronte al fatto che: “tutti voi siete uno in Cristo”. “Essere in Cristo” è il fondamento dell’unità dei credenti, tutti eredi delle medesime promesse.

Lc 9,18-24. “Se qualcuno vuol venire dietro a me, rinneghi se stesso…”.

Al termine della missione Galilea Gesù sta per iniziare il suo cammino verso Gerusalemme, dove si compirà il tempo nel quale Egli “sarebbe stato tolto dal mondo” (9,50). Dopo essere stati con Gesù, avere udito le sue parole e aver visto i segni da Lui compiuti in Galilea, che idea si è fatta la gente di Gesù e della sua missione? E loro stessi cosa pensano ora di Gesù e cosa si attendono da Lui? Ora per Gesù è tempo che ogni discepolo che lo segue venga allo scoperto. “Chi sono io secondo la gente? … Ma voi chi dite che io sia?”. Le due risposte sono qualitativamente diverse. Per la gente Gesù rientra nella serie dei personaggi profetici già conosciuti dalle Scritture come “Giovanni Battista, o Elia o un altro degli antichi profeti”. La gente cioè riconosce in Gesù qualcosa che lo pone nella scia degli altri profeti, ma non sanno andare oltre. Per i discepoli invece Gesù è “il Cristo di Dio”, l’Unto del Signore, il suo Consacrato, il Messia da lui inviato e tanto atteso. Dunque, di fronte agli stessi eventi ci sono due risposte diverse, dovute al diverso atteggiamento di fronte alle parole dette da Gesù e agli eventi da Lui operati. Ma c’è anche dell’altro da capire e da accettare. Come Gesù realizzerà la sua missione? “Il Figlio dell’uomo deve molto soffrire… essere riprovato… essere messo a morte e risorgere il terzo giorno”. Questa via messianica di Gesù non era né attesa né desiderata dai discepoli. E cosa significherà per loro, seguire Gesù, essere suoi discepoli e apostoli? “Se qualcuno vuol venire dietro a me, rinneghi se stesso, prenda la sua croce ogni giorno e mi segua”. È una lezione dura da imparare, ma necessaria! Gesù propone sì la salvezza annunciata nelle Scritture e attesa dal popolo, ma in una direzione contraria da quella ordinariamente pensata. “Chi vorrà salvare la propria vita la perderà, ma chi perderà la propria vita per me la salverà”. Proprio come Gesù che l’ha persa per il Padre e per fratelli nella morte di croce, ma che l’ha ritrovata nella risurrezione.

+ Adriano Tessarollo

Dal settimanale diocesano “Nuova Scintilla” del 19 giugno 2016