Il giubileo dei Sacerdoti e dei Seminaristi a Ca’ Tiepolo nella festa del Sacro Cuore

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OSSERVATORIO DEL GIUBILEO

Il giubileo dei Sacerdoti e dei Seminaristi a Ca’ Tiepolo nella festa del Sacro Cuore

Segno e strumento della tenerezza del Padre

In concomitanza con il Giubileo dei Sacerdoti e dei Seminaristi di tutto il mondo che si è celebrato a Roma con Papa Francesco, nella festa liturgica del Sacro Cuore di Gesù e giornata della santificazione del clero, anche nella nostra diocesi noi preti abbiamo celebrato e vissuto il nostro giubileo sacerdotale. Ci siamo trovati, numerosi, presso la parrocchia di Ca’ Tiepolo dedicata al Sacro Cuore di Gesù, assieme al vescovo Adriano per questo importante e significativo appuntamento. Un pomeriggio intenso vissuto all’insegna dell’ascolto, della preghiera e della fraternità sacerdotale. Accolti dal parroco, don Fabrizio e dal vice sindaco, nella Sala del Consiglio comunale, aiutati dalla riflessione del vescovo Adriano, abbiamo focalizzato la figura del nostro essere preti al servizio del Popolo di Dio nella nostra Chiesa locale. Hanno fatto da filo conduttore le parole che papa Francesco aveva rivolto ai vescovi riuniti nell’annuale Assemblea della CEI, lo scorso 16 maggio, che avevano per tema “Il rinnovamento del clero” e riguardavano quindi proprio la figura e l’identità del presbitero. Le domande sulle quali il vescovo Adriano ha sviluppato la sua riflessione e sulle quali si è aperto alla fine anche un franco e fruttuoso dibattito, erano: “Che cosa rende saporita la nostra vita di preti? Per chi e per che cosa impegniamo il nostro servizio?

E, infine, qual è la ragione ultima del nostro donarci?” Il nostro vescovo, come ha fatto il papa con i vescovi della CEI, ci ha invitati ad avvicinarci quasi in punta di piedi, a qualcuno dei tanti parroci che si spendono nelle nostre comunità lasciando per qualche istante che il volto di uno di loro passi davanti agli occhi del nostro cuore per chiederci appunto con semplicità: che cosa ne rende saporita la vita? Per chi e per che cosa impegna il suo servizio? Qual è la ragione ultima del suo donarsi? Così nella sua riflessione il nostro Pastore ci ha spinti a guardare a quel prete «scalzo» che condivide sofferenze del prossimo, non ha agende e «non è un burocrate o un anonimo funzionario dell’istituzione; non è consacrato a un ruolo impiegatizio, né è mosso dai criteri dell’efficienza». È «estraneo alla mondanità spirituale che corrompe, come pure a ogni compromesso e meschinità», e «non cerca assicurazioni terrene o titoli onorifici, che portano a confidare nell’uomo; nel ministero per sé non domanda nulla che vada oltre il reale bisogno, né è preoccupato di legare a sé le persone che gli sono affidate». Così, «il suo stile di vita semplice ed essenziale, sempre disponibile, lo presenta credibile agli occhi della gente e lo avvicina agli umili, in una carità pastorale che fa liberi e solidali. Servo della vita, cammina con il cuore e il passo dei poveri; è reso ricco dalla loro frequentazione. È un uomo di pace e di riconciliazione, un segno e uno strumento della tenerezza di Dio, attento a diffondere il bene con la stessa passione con cui altri curano i loro interessi».

Veramente una riflessione a tutto campo sulla figura e sulla identità del prete che ci ha permesso, mentre ascoltavamo le parole del Pastore, di sviluppare nella nostra mente un serio esame di coscienza e, nello stesso tempo, confrontarci sulla strada tracciata davanti a noi e che dobbiamo percorrere per raggiungere quel profilo di prete che la Chiesa vuole incarnato in ciascuno di noi. La Concelebrazione eucaristica, nei primi vesperi della Solennità del Sacro Cuore, preceduta dal passaggio della “Porta Santa” che eccezionalmente e simbolicamente il vescovo ha aperto, ha permesso di vivere e celebrare, come presbiterio, la grande grazia del Giubileo della misericordia.

Soprattutto noi preti dobbiamo essere misericordiosi come il Padre! Ecco allora l’impegno di ciascuno di noi a vivere la nostra spiritualità di presbiteri fondata sul Battesimo e nutrita dalla Parola di Dio e dai sacramenti. Siamo cioè chiamati a nutrire la nostra vita spirituale attraverso ciò che siamo e ciò che operiamo nella Chiesa. Il presbitero, ci ha ricordato il vescovo nella sua omelia, deve trarre vita spirituale dal suo annunciare l’Evangelo, dal suo celebrare i sacramenti, dal suo presiedere la comunità cristiana con quello stile che papa Francesco ha indicato. Anche noi preti abbiamo voluto, all’offertorio, dare il nostro personale contributo (€ 1.300) per l’emporio della solidarietà che si sta realizzando in diocesi e per i poveri dei nostri vicariati. Dopo la Concelebrazione eucaristica, partecipata anche da un buon numero dei fedeli della parrocchia, la cena nei locali della Comunità che ha rallegrato, con piatti squisitamente preparati e amorevolmente serviti dai volontari della parrocchia, il nostro stare assieme concludendo un pomeriggio che certamente ha lasciato una traccia particolare in tutti noi per le parole ascoltate, per la preghiera condivisa e per la fraternità respirata.

don Danilo Marin

Dal settimanale diocesano “Nuova Scintilla” del 19 giugno 2016