La Parola e lo Spirito

Facebooktwitterpinterestmail

PAROLA DI DIO – La Parola e lo Spirito

Letture: At 15,1-2.22-29; Salmo 66; Ap 21,10-14.22-23; Gv 14,23-29.

At 15,1-2.22-29. “Abbiamo saputo che alcuni…sono venuti a turbarvi con alcuni discorsi…”.

Siamo di fronte a un momento davvero decisivo per il cristianesimo delle origini. Un gruppo di Giudei di Gerusalemme, di tendenze integraliste, hanno aderito alla fede in Gesù di Nazaret. Essi ritengono però che tutte le consuetudini e prescrizioni proprie del giudaismo debbano essere imposte a tutti quelli che abbracciano la fede cristiana. Alcuni di essi, giunti ad Antiochia, dove Paolo e anche Pietro avevano ritenuto di non dover richiedere l’osservanza di quelle prescrizioni anche ai pagani convertiti alla fede cristiana, cominciarono ad insegnare che quelle pratiche tradizionali dovevano essere richieste a tutti per la salvezza. Ciò provocò un forte contrasto nella comunità, cosa che portò Paolo e Barnaba a reagire con una certa forza. La questione fu portata alla comunità madre di Gerusalemme, alla valutazione di “apostoli ed anziani”. Dopo la discussione ecco il ‘decreto’, cioè la lettera firmata dagli apostoli ed anziani in risposta “ai fratelli di Antiochia, di Siria e di Cilicia che provengono dai pagani”. In esso è proclamata la libertà del cristiano di fronte alle prescrizioni e consuetudini proprie della cultura giudaica: queste osservanze non sono necessarie alla salvezza; è richiesta la fede in Cristo. Si ritiene utile comunque di osservare alcune prescrizioni ed osservanze giudaiche anche da parte dei pagani allo scopo di rendere possibile ai Giudei di partecipare alle comuni riunioni che prevedevano il pasto in comune, come anche in occasione della stessa “memoria della cena del Signore”. Criterio pastorale è la comunione e l’unità della comunità che vale di più delle consuetudini culturali diverse sia di chi proviene dall’ambiente giudaico sia da chi proviene da quello pagano. “Farete quindi cosa buona a stare lontani da queste cose”.

Salmo 66. “Ti lodino i popoli , o Dio, ti lodino i popoli tutti”.

Un salmo di lode e di ringraziamento fatto di tre brevi strofe intercalate dal ritornello: “Ti lodino i popoli, Dio, ti lodino i popoli tutti”, che apre gli orizzonti della preghiera di Israele a preghiera di tutti i popoli. Lo si invoca perché sia misericordioso, la sua presenza sia in nostro favore, si manifesti al suo popolo, ma anche perché tutti riconoscano il suo agire salvifico per tutti. Tutti possano gioire della sua presenza giusta e buona con tutti. Infine la benedizione del Signore, che si concretizza nei frutti della terra, nel dono dei figli, e nella pace, sia abbondante per tutti così che tutti abbiano amore e rispetto per Lui.

Ap 21,10-14.22-23.  “Il Signore Dio, l’Onnipotente e l’Agnello, sono il suo tempio”.

La “Nuova Gerusalemme” è simbolo del popolo di Dio nel suo punto di arrivo finale: essa è opera di Dio, viene da lui, dal cielo, ma scende sulla terra e “risplende della sua gloria”. Il nuovo popolo risulta dal superamento della separazione tra Dio e umanità, e l’umanità partecipa della sua ‘gloria’, diventando essa stessa splendente della gloria divina, come una pietra preziosa che riflette la luce che riceve. Questa nuova condizione sarà definitiva. Nulla più avrà da temere il popolo, protetto come una città fortificata da un alto muro di protezione con dodici porte di accesso ben custodite da dodici angeli. Essa è formata da tutti i credenti sia dell’Antica come della Nuova Alleanza (Israele e tutti i popoli: “…ha scritti i nomi delle dodici tribù dei figli d’Israele. …Le mura poggiano su dodici basamenti, sopra i quali ci sono i nomi dei dodici apostoli dell’Agnello”). Quale sarà ora il suo culto? Se prima il tempio e il culto richiamavano la presenza di Dio e di Gesù Cristo morto e risorto in mezzo al suo popolo ora non ce ne sarà più bisogno perché ora “il Signore Dio l’Onnipotente e l’Agnello” saranno direttamente presenti. Ora non c’è più bisogno di alcuna mediazione ma Dio (gloria) e l’Agnello (lampada) brilleranno pienamente agli occhi di tutti. Il traguardo finale del popolo di Dio: giungere alla pienezza di vita e di comunione col suo Dio e con il Cristo, divenuta pieno e definitivo raggiungimento del progetto d’amore di Dio per l’umanità.

Gv 14,23-29. “Il Consolatore, lo Spirito Santo vi insegnerà ogni cosa…”

Il brano ci riporta alla prospettiva della ‘partenza di Gesù’, cioè del suo non essere più visibilmente presente in mezzo ai suoi, prospettiva che pone tante domande ai discepoli. Cosa significa quel partire di Gesù? Non sarà dunque Egli più presente? E chi guiderà allora la loro piccola comunità tanto fragile? L’apostolo Giovanni, alla luce degli insegnamenti pre-pasquali di Gesù, illuminati dall’esperienza post-pasquale, risponde a questi interrogativi che si pongono ora anche le comunità del suo tempo e di ogni tempo. Innanzitutto (vv. 23-25) è stabilita una stretta connessione tra il discepolo che osserva la parola di Gesù e che Lo ama e l’amore del Padre verso quel discepolo. La condizione per poter osservare la parola è amare Gesù; attraverso l’amore di Gesù il discepolo diventa oggetto dell’amore di Dio Padre e in lui prende ‘dimora’ Dio. Chi rifiuta l’amore di Gesù non riuscirà a osservare la sua parola, che è la stessa parola del Padre che Gesù è venuto a portare. E’ dunque la parola del Padre, rivelata da Gesù che guiderà la comunità dei discepoli quando Gesù non sarà più visibilmente in mezzo a loro. Ma Gesù e il Padre stanno per fare ai discepoli un altro dono: “il Paraclito, lo Spirito Santo che il Padre manderà nel mio nome”. Lo Spirito Santo è definito il “Paraclito” cioè Colui che è ‘chiamato accanto’ per essere di aiuto e difesa a ogni discepolo. Lo Spirito Santo sarà nei cuori dei discepoli di Gesù luce, forza e memoria dell’insegnamento di Gesù. Gesù offre loro pure la pace, ma data con criteri, fini e metodi diversi da quelli del mondo. La ‘partenza’ di Gesù non deve causare ‘turbamento’ o ‘timore’, perché il suo ‘partire’ è l’“andare al Padre”: dunque c’è da rallegrarsi per questo evento, cioè la sua Pasqua. Il ‘partire’ del loro Maestro non è una separazione ma è in vista di una presenza più piena e stabile, quella del Risorto e dello Spirito.

+ Adriano Tessarollo