Le ragioni della speranza

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lo sguardo pastorale

Le ragioni della speranza

Che il Papa inviti alla speranza non dovrebbe stupire, ma che egli imposti il suo dialogo con i giovani del Messico su questo tema un po’ sì. Il dominio del narcotraffico, la schiavitù delle droghe, il terrore delle organizzazioni criminali, la mancanza di lavoro dignitoso, la difficoltà di accedere all’istruzione, il misconoscimento dei principali diritti, sono le situazioni che i giovani stessi hanno presentato al Santo Padre e in cui dicono di vivere. Dove stanno le ragioni della speranza?

La prima ragione è la stima di sé, sentire che la vita è nelle proprie mani e nel proprio cuore, che si hanno delle potenzialità iscritte nella voglia di sfondare, di costruire, nella voglia di futuro. Tutto questo permette di vincere la tentazione di mollare perché a nessuno importa di te, perché ti dicono che non vali. Ognuno è ricchezza, come quella che si nasconde in una miniera e ha bisogno di fatica e lavoro per essere portata alla luce.

Seconda ragione della speranza è la capacità di sognare e di sognare insieme. Non cose materiali, la bella macchina, il cellulare, ma la possibilità di costruire comunione, di promuovere l’incontro, di fare cordata; contro la tentazione di arrangiarsi da soli, di comperare la felicità con i soldi, di trovare sempre un capro espiatorio negli altri. Il Papa a questo punto percepisce che il suo discorso potrebbe suonare imbonitore. E allora dice chiaramente che non li sta adulando, non “lisciando loro il pelo”, non sta sfoggiando particolari doti profetiche. “Vi dico questo – afferma – perché credo in Gesù Cristo. È lui che rinnova continuamente in me la speranza, è lui che rinnova continuamente il mio sguardo. È lui che risveglia in me, in ognuno di noi, il fascino di godere, il fascino di sognare, il fascino di lavorare insieme. È lui che continuamente mi invita a convertire il cuore. Sì, amici miei, vi dico questo perché in Gesù io ho incontrato Colui che è capace di accendere il meglio di me stesso. Ed è grazie a lui che possiamo fare strada, è grazie a lui che ogni volta possiamo ricominciare da capo”. Ai giovani che gli avevano chiesto una parola di speranza Papa Francesco dice quella che sta alla base di tutto, cioè Gesù Cristo. Egli trascina con la forza della sua croce, rialza dalle cadute, indica il cammino, abilita alla solidarietà. Egli dona la dignità di resistere all’imbroglio del benessere, che riempie le tasche ma svuota il cuore, di sentirsi invece amati, abbracciati, accompagnati, di sentirsi famiglia, comunità.

Il messaggio vale anche per noi. Certo, quando si vede che il proprio sforzo viene vanificato da comportamenti sbagliati o dall’indifferenza, si tende a deprimersi, a perdere autostima e speranza, e perciò a chiudersi in se stessi con la convinzione che non vale proprio la pena lottare e sacrificarsi tanto. Oppure ci si lascia andare in geremiadi vittimistiche che lasciano stupiti coloro che ci ascoltano, non sintonizzati sulle nostre frustrazioni, e si mettono in evidenza tristezza e aggressività. L’analisi di solito rispecchia la realtà ma il modo di starci dentro evidenzia delle falle. La prima è data dalla difficoltà a comporre le tensioni all’interno di un vissuto personale positivo e sereno, un’altra è l’incapacità di quel discernimento che sa esaminare le situazioni e relativizza i fatti, una terza falla è la presunzione che gli avvenimenti ruotino attorno a sé, e un’altra ancora, la più deleteria, consiste nell’incapacità di guardare avanti con la convinzione che è il Signore a guidare la storia.           

don Francesco Zenna