Misericordia come prossimità

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Misericordia come prossimità

LO SGUARDO PASTORALE

Papa Francesco ci invita a vivere la Quaresima come un “momento forte per celebrare e sperimentare la misericordia di Dio”. Le strade che egli indica sono fondamentalmente due: quella dell’ascolto della Parola che annuncia questo grande dono della misericordia, il cui volto si è incarnato in Gesù di Nazaret, e quella della pratica delle “opere della misericordia” che manifestano la nostra sequela del Maestro. Semplice!

Ma dove cade questo invito?

Il Papa stesso sembra non illudersi e introduce un giudizio che smaschera autentiche strutture di peccato presenti nella nostra società occidentale. C’è chi è talmente “schiavo del peccato” da essere spinto “ad utilizzare ricchezza e potere non per servire Dio e gli altri, ma per soffocare in sé la profonda consapevolezza di essere anch’egli null’altro che un povero mendicante. E tanto maggiore è il potere e la ricchezza a sua disposizione, tanto maggiore può diventare quest’accecamento menzognero. Esso arriva al punto da neppure voler vedere il povero Lazzaro che mendica alla porta della sua casa, il quale è figura del Cristo che nei poveri mendica la nostra conversione”.

 

Non c’è spazio per interpretazioni edulcoranti. Lazzaro sono le masse di fratelli che spingono sulle nostre frontiere, sempre più chiuse, alla ricerca di vita e di dignità. Lazzaro sono i poveri di casa nostra, senza lavoro, senza tetto, senza cibo, schiacciati da una burocrazia che vorrebbe essere garantista e in realtà storna lo sguardo dai volti reali, dalle storie concrete, dalle immancabili emergenze. Lazzaro sono le fasce fragili private di quei diritti, conquistati attraverso una maturazione di civiltà, ora rimossi per far quadrare il bilancio, soprattutto nella sanità, nell’assistenza, nell’educazione. “Lazzaro – scrive il Papa – è la possibilità di conversione che Dio ci offre e che forse non vediamo.

E quest’accecamento si accompagna ad un superbo delirio di onnipotenza, in cui risuona sinistramente quel demoniaco «sarete come Dio» che è la radice di ogni peccato”. Egli non si limita a evocare le tragedie che questo delirio di onnipotenza ha provocato nella storia, le chiama invece per nome: “i totalitarismi del XX secolo”, “le ideologie del pensiero unico e della tecno scienza”, “il modello di un falso sviluppo fondato sull’idolatria del denaro, che rende indifferenti al destino dei poveri le persone e le società più ricche, che chiudono loro le porte, rifiutandosi persino di vederli”.

È proprio il caso di ripassare l’elenco delle opere di misericordia corporali e spirituali, e che il loro studio interpelli la vita delle nostre comunità, le relazioni, i programmi, le priorità, i messaggi che lanciamo e le iniziative che privilegiamo. C’è bisogno di prossimità, fatta di ascolto ma anche di scelte, una prossimità illuminante, com’è ogni vissuto, ma anche determinante, compassionevole ma capace anche di risollevare, perdendo se necessario del nostro, compresa la faccia. La prossimità non va solo rivendicata ma cercata, costruita, conquistata, anche con l’esercizio di quelle virtù umane che nel credente sono destinate a profumare di vangelo. Se abbiamo già impostato la pastorale della prossima Quaresima possiamo sempre ritoccarla un po’.

don Francesco Zenna