La vera libertà, in Gesù

stancil-sabrina-gazzetta
Facebooktwitterpinterestmail

porto viro. associazione umana avventura

La storia del battista Joshua Stancil, convertitosi durante la non facile prigionia

La vera libertà, in Gesù

Il 20 dicembre l’associazione culturale “Umana Avventura” di Porto Viro in collaborazione con l’Avsi Point e la Vicaria di Loreo, nonché con il patrocinio dell’Amministrazione Comunale di Porto Viro, ha invitato Joshua Stancil ad incontrare in due occasioni la popolazione. La prima occasione è stato un pranzo di solidarietà organizzato da studenti e docenti delle scuole superiori di Adria e Porto Viro svoltosi presso l’agriturismo “La Salute”. Gli insegnanti Luisa Borgato e Antonio Lionello da diversi anni promuovono questa iniziativa che permette, attraverso un momento di convivialità, di aderire anche ad un gesto di Carità sostenendo i progetti di Avsi (Associazione Volontari Servizio Internazionale). Quest’anno il pranzo è stato arricchito dalla testimonianza di Joshua, ex carcerato, convertitosi al cristianesimo proprio durante la carcerazione in New Caroline.

Nella serata presso il Centro Visitatori del Parco del Delta di Porto Viro Joshua ha parlato a lungo della sua storia. La sua testimonianza è stata proposta dall’Associazione “Umana Avventura” in considerazione della recente apertura dell’Anno Santo sulla Misericordia voluto da Papa Francesco. Joshua, di fede Battista ma non praticante, è entrato in carcere ancora giovane e le sue aspettative rispetto alla pena da scontare erano molto ottimistiche, ovvero pensava all’inizio di poter uscire presto, invece a causa di leggi molto severe per il reato commesso sconterà 18 anni di carcere subendo molte umiliazioni e maltrattamenti nonché ripetuti spostamenti da un istituto all’altro. Dopo 6 anni ha meditato anche il suicidio. Durante la carcerazione non si possono possedere molte cose personali, così le uniche sue letture erano un messalino, anche datato, che per caso girava nelle celle. I commenti del messalino all’epoca erano di un sacerdote italiano, Luigi Giussani; questi commenti incominciarono ad interessarlo molto ed ad aiutarlo a superare l’idea del suicidio. In contemporanea al messalino gli capita l’atto di consacrazione a Maria scritto da Massimiliano Kolbe che inizia a recitare ogni giorno. Joshua incomincia a desiderare di leggere ancora qualcosa di Giussani e così scrive a varie associazioni cattoliche per chiedere suoi scritti. Dopo varie peripezie alcune famiglie italiane trasferitesi per lavoro in America propongono a Joshua di andarlo a trovare per consegnargli alcuni libri di Giussani. Joshua all’inizio non era interessato alle loro visite ed a intrattenere con loro dei rapporti che si immaginava potessero finire con la fine della carcerazione. Finché una coppia gli chiese di fare il padrino della loro figlioletta appena nata. Questa richiesta lo ha spiazzato ed ha incominciato a fargli superare la paura di avere dei legami e a capire che la misericordia di Dio non è qualcosa da meritare ma è qualcosa che viene prima anche del tuo pentimento. Quelle circostanze, il sentirsi amato nonostante tutto il suo male, sono stati per Joshua un nuovo inizio e quindi è nato in lui il desiderio di diventare cattolico. La sua storia è arrivata anche a don Giussani proprio qualche mese prima di morire e, sebbene affaticato dalla malattia, Giussani stesso ha scritto una lettera a Joshua chiamandolo fratello nella fede. Ai numerosi presenti in sala Joshua ha sottolineato che raccontare di sé non è per proporsi come modello di vita ma con la sua storia desidera comunicare che esiste per tutti la possibilità di sperimentare che la libertà non è dettata dalle circostanze e non è neanche assenza di legami come per lungo tempo lui stesso aveva pensato, ma la vera libertà è dire di Sì a Gesù che si manifesta anche in volti umani.

Sabrina Gazzetta