Un Natale a balze e svolte

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I GIORNI

Un Natale a balze e svolte

Questo Natale non è arrivato appena nel nitore degli impegni che sempre lo accompagnano: novena, confessioni, carità, celebrazioni, canti, auguri. La stella in cielo, la strada dei pastori in terra, e prima ancora la piccola carovana della famiglia di Nazaret, hanno incontrato balze e svolte nel cammino verso la capanna di Betlemme. Il clima appariva già velato da varie nebbie: quelle che avvolgevano la pianura padana e quelle che continuano ad oscurare l’orizzonte con minacce di attentati qua e là per l’Europa. In ambito più vicino, siamo stati percossi dalla morte in sequenza di due sacerdoti, e poi subito dall’improvvisa gravissima malattia di un sacerdote amico, e quindi dalla morte – drammatica e dolce come il discepolo che china la testa sul petto del Signore – di un amico malato di Sla.

Con queste ferite e con tutta l’attesa e la gioia del cuore siamo entrati nella grotta del Natale; tutti davanti al Bambino e accanto a Giuseppe e Maria, con i pastori e la gente accorsa all’ultimo momento. Il dramma della vita è diventato acuto, il bisogno della misericordia si è acceso come fuoco vivo, e il Giubileo è percepito come reale purificazione rispetto ad alcuni rapporti tesi fin quasi alla rottura. Che cosa regge, alla fine, se non proprio l’evidenza di un Fatto che si impone dentro tutte le condizioni della vita, attraversa debolezze e demolisce barriere? Colui che salva è Gesù presente, e il Natale rinnova la possibilità di ripartire da Lui come fatto che accade ora. I cristiani, e non solo, hanno bisogno del Bambino nato in una stalla, povero e ubbidiente, pieno di amore e compassione. Gesù piccolo nel presepio si lascia persino prendere in braccio; Gesù adulto compatisce con noi, ci ama e ci salva. Stare in adorazione davanti al presepe è difficile perché le statue sono inerti, ma davanti all’eucarestia il rapporto è immediato e personale. Come diceva Santa Teresa d’Avila, impareremo a contemplare Cristo con la sua umanità, in tutti i fatti della sua vita. Anche ritrovandoci a cenare come ha fatto lui con gli amici, nella sera dell’ultimo dell’anno e nella liturgia della primo giorno e degli altri giorni, lieti per una compagnia che vive e cammina. Nel Veni creator Spiritus del primo giorno dell’anno – in latino almeno in questa circostanza – cantiamo: “Vitemus omne noxium: possiamo vincere ogni pericolo!” Ancora e sempre la sua grazia ci invade nella compagnia della Chiesa. Il cristiano non è solo, ma circondato da una carovana che desidera e domanda insieme, e cammina e cammina tra balze e svolte, in tutti i giorni degli anni che scorrono.                         don Angelo