Martire per “passione” e per “dovere”

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DON SANDRO DORDI

Martire per “passione” e per “dovere”

Anche una delegazione della nostra diocesi a Bergamo alla celebrazione di ringraziamento per la beatificazione

La chiesa ipogea del Seminario di Bergamo era gremita di fedeli e soprattutto di sacerdoti, mercoledì 9 dicembre, quando alle ore 11.30 il vescovo della diocesi lombarda, mons. Francesco Beschi, ha presieduto una solenne concelebrazione di ringraziamento per la beatificazione di Don Sandro Dordi. Erano presenti anche 7 vescovi originari di quel presbiterio e, in rappresentanza di quello di Chioggia, invitato per il legame del nuovo Beato con la Diocesi veneta, il vicario generale mons. Francesco Zenna, il direttore dell’Ufficio missionario P. Giancarlo Piovanello e la Signora Paola Cattuzzo, che ha conosciuto personalmente don Sandro, ha corrisposto con lui ed è stata anche a fargli visita a Santa in Perù. Il vescovo Beschi, appena tornato da Chimbote dove ha partecipato al rito di beatificazione, ha presentato la figura di quel timido e schivo prete della Comunità Missionaria del Paradiso, a partire dal suo martirio, che, a dire del presule, è stato una sintesi dello spirito con cui egli ha vissuto il suo sacerdozio: con passione e senso del dovere.

Il suo martirio infatti è stato una passione, nel senso della sofferenza fisica e anche psicologica, causata dalla pressione con cui ha vissuto nel contesto della rivoluzione maoista verificatasi in Perù intorno al 1990; egli ha avuto paura per sé e per i suoi fedeli, soprattutto dopo l’uccisione di due frati conventuali polacchi avvenuta il 9 agosto 1991, assieme al sindaco di Chimbote che si era posto in loro difesa. Passione! Anche nel senso di dedizione empatica con le miserie materiali e morali di quei cristiani che la provvidenza gli aveva affidato perché ne fosse custode, come il buon pastore della parabola evangelica; era in Italia qualche mese prima, e sapeva che ritornare in Perù voleva dire esporsi alla rabbia dei guerriglieri di Sendero Luminoso, ma, nonostante le insistenze dei suoi familiari, della sua comunità e della diocesi stessa, decise di tornare, perché – disse – non poteva lasciare sola la sua gente.

Il suo martirio poi è stato un dovere, nel senso che si poneva come momento culminante di un’obbedienza a cui aveva consacrato la vita; obbedienza a quel comandamento della carità che portò il Maestro prima di tutti sul patibolo della croce.

Dopo quel 9 agosto i guerriglieri avevano scritto sulle mura della parrocchia: “Tu sarai il prossimo!”. La sua, quindi, era una morte annunciata. L’aveva sfuggita in un precedente agguato per la prontezza di spirito del suo Vescovo, ma quel 25 agosto, mentre in auto si recava nel villaggio di Rinconada, fu fermato da due giovani che lo uccisero con tre colpi di pistola al volto. Il prossimo! Non solo con significato temporale, ma anche con il significato di vicino, solidale, chinato sulle piaghe dei fratelli, come il buon samaritano della parabola evangelica. Chi ha conosciuto e goduto del suo servizio ministeriale in Polesine così lo ha descritto venerdì 11 nella serata tenuta a Porto Viro, con la presenza della piccola delegazione che ha partecipato alla beatificazione (servizio nel prossimo numero, ndr).

Al termine del rito il vescovo di Bergamo ha consegnato ufficialmente al nostro vicario generale, come segno di comunione tra le due Chiese, sorelle fin dagli anni difficili dell’alluvione, una reliquia del Beato. Essa resterà in centro diocesi a disposizione di quanti, non solo in Polesine ma anche nelle altre comunità diocesane, vorranno presentare questa bella figura di santità semplice e radicale, e affidare alla sua intercessione il cammino del nostro presbiterio e l’impegno vocazionale.

(F. Z.)