Una Chiesa più vicina

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NUOVE NORME. Il matrimonio fallito e la misericordia (2)

Una Chiesa più vicina

La III° Assemblea Generale Straordinaria del Sinodo dei Vescovi, celebrata nel mese di ottobre 2014, ha constatato la difficoltà dei fedeli di raggiungere i tribunali della Chiesa. Poiché il vescovo, come il buon Pastore, è tenuto ad andare incontro ai suoi fedeli che hanno bisogno di particolare cura pastorale, unitamente con le norme dettagliate per l’applicazione del processo matrimoniale, è sembrato opportuno, data per certa la collaborazione del Successore di Pietro e dei vescovi, diffondere la conoscenza della legge che offre all’operato dei tribunali strumenti che possano rispondere alle esigenze dei fedeli che richiedono l’accertamento della verità sull’esistenza o no del vincolo del loro matrimonio fallito.

Il vescovo nell’esercizio del suo ufficio di pastore – ricorda papa Francesco – deve mostrarsi sollecito nei confronti di tutti i fedeli che sono affidati alla sua cura rivolgendosi con animo apostolico ai coniugi separati o divorziati, che per la loro condizione di vita abbiano eventualmente abbandonato la pratica religiosa. Egli quindi condivide con i parroci la sollecitudine pastorale verso questi fedeli in difficoltà. Questo non significa favorire il divorzio, significa porre fine al tarlo dell’animo e del cuore oppressi dalle tenebre del dubbio.

Cosa cambia dunque? Innanzitutto non è più richiesta una doppia decisione conforme in favore della nullità del matrimonio affinché una persona possa passare a nuove nozze in chiesa, è sufficiente la prima.

Mettendo in pratica quanto stabilito nel Concilio Vaticano II, ogni vescovo è giudice, specialmente per risolvere i casi più evidenti di nullità. Per questo la domanda non sarà più valutata da un tribunale collegiale ma, per alcuni casi, c’è il processo breve o documentale, svolto da un giudice unico: il vescovo o, sotto la sua responsabilità, un sacerdote. Circa i costi del processo, argomento sul quale tante voci sono corse dando luogo anche a leggende metropolitane, papa Francesco dispone “che venga assicurata la gratuità delle procedure.” Il Santo Padre decreta, dunque, per le cause di nullità del matrimonio, nuove norme da seguire tassativamente, dall’8 dicembre 2015. Da tale data, per “chi intende provvedere alla propria coscienza” avrà – scrive papa Francesco – la “Chiesa come madre vicina ai figli che si considerano separati” (Mitis iudex Dominus Iesus). Vediamole. In ogni parrocchia ci sono fedeli separati o divorziati che dubitano della validità del proprio matrimonio o sono convinti della nullità del medesimo. Inizia in queste strutture l’indagine pregiudiziale o pastorale orientata a raccogliere elementi utili per l’eventuale celebrazione del processo giudiziale, ordinario o più breve. Indagine che sarà affidata a persone ritenute idonee dal vescovo dotate di competenze anche se non esclusivamente giuridico-canoniche. Tra di esse vi sono in primo luogo il parroco o quello che ha preparato i coniugi alla celebrazione delle nozze. Questo compito di consulenza può essere affidato anche ad altri chierici, consacrati o laici approvati dall’Ordinario del luogo. Scopo dell’indagine è la raccolta di elementi utili per l’eventuale introduzione della causa da parte dei coniugi o del loro patrono davanti al tribunale competente. Si vedrà, in tale indagine, se le parti sono d’accordo nel chiedere la nullità. Raccolti tutti gli elementi, l’indagine si chiude con il libello, da presentare, se del caso, al competente tribunale. (2. segue)

don Lucio Pollini

(fine seconda parte)