Il Signore viene a liberarci

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Letture: Ger 33,14-16; Salmo 24; 1Ts 3,12-4,2; Lc 21,25-28.34.36

PAROLA DI DIO – Il Signore viene a liberarci

Ger 33,14-16. “Ecco, verranno giorni…”

Il nostro tempo non è diverso da quello in cui viveva il profeta Geremia. Tempo di mutamenti sociali, di profonde aspirazioni alla giustizia, al diritto e alla libertà per tutti. Tali aspirazioni sembrano però destinate a rimanere perennemente frustrate dalle palesi contraddizioni della presente situazione mondiale. La reazione della gente,  timore, inquietudine, interrogativi, attese rassegnate, speranza, volontà e iniziative di cambiamento… I timori e le inquietudini sono dettate da un senso di impotenza e pessimismo per una situazione da cui sembra impossibile uscire. La parola del profeta Geremia invita i credenti nel Signore a raccogliere la sfida del momento e a mettersi all’opera, radicati nella promessa del Signore: “Verranno giorni … nei quali realizzerò le promesse di bene … In quei giorni farò germogliare un germoglio di giustizia; egli eserciterà il giudizio e la giustizia sulla terra …”.  Addirittura si prospetta il rinnovamento dell’umanità nuova: non più in preda all’infedeltà e all’ingiustizia ma pervasa dalla pace e dalla giustizia costruita insieme al suo Signore. E’ il senso di quel nuovo nome: “Signore-nostra -giustizia”.

Salmo 24. “A te, Signore, innalzo l’anima mia, in te confido”.

Vengono scelti alcuni versetti del salmo 24. Un’invocazione fiduciosa al “Dio della mia salvezza” perché apra gli occhi a vedere e il cuore a riconoscere e disponga la volontà a compiere la sua volontà (vie, sentieri, verità): “Fammi conoscere, insegnami, guidami, istruiscimi”. Il punto di forza della preghiera non è la giustizia vera o presunta di chi prega, ma è la fedeltà stessa di Dio:  nella preghiera non si accampano meriti o diritti, ma si conta su Colui che si prega. Segue la proclamazione di due qualità del Signore, per cui ci si può fidare di Lui: “Buono e retto è il Signore”. La consapevolezza di aver ‘sbagliato strada’ (= peccatori) e di essere bisognosi di aiuto (= umili e poveri) porta ad aprirsi alla sua luce e alla sua guida: “la via giusta addita ai peccatori, guida gli umili secondo giustizia, insegna ai poveri le sue vie”. Da Dio l’uomo può imparare le vie della ‘giustizia e verità’:  “Tutti i sentieri del Signore sono verità e grazia. E’ richiesta però anche la disponibilità di stare ai patti con il Signore e la sua parola: “per chi osserva il suo patto e i suoi precetti”. Bisogna coltivare la disponibilità ad accogliere il Signore e la sua parola perché Egli possa manifestarsi: “Il Signore si rivela a chi lo teme, gli fa conoscere la sua alleanza”.

1Ts 3,12-4,2. “Il Signore vi faccia crescere e abbondare nell’amore”.

Il brano della Lettera ai Tessalonicesi chiarifica e concretizza il senso della ‘vigilanza cristiana’: “Il Signore vi faccia crescere e sovrabbondare nell’amore fra voi e verso tutti… per rendere saldi i vostri cuori e irreprensibili nella santità, davanti a Dio Padre nostro, alla venuta del Signore nostro Gesù Cristo con tutti i suoi santi”. Attendere il Signore nella autentica speranza che la sua sarà una venuta di salvezza significa vivere di quell’amore sempre crescente e sovrabbondante “fra voi e verso tutti” che Paolo apprende dalla Parola ricevuta dal Signore e dal suo stesso esempio. E’ questo amore strabocchevole che “rende saldi e irreprensibili” i discepoli di Gesù “al momento della sua venuta”. Da dove viene la capacità di vivere tale sublime amore? Paolo indica la sorgente: “Il Signore vi faccia crescere e abbondare nell’amore”. Dio è la sorgente di questo amore che può essere solo suo dono, chiesto nella preghiera incessante e praticato con tutte le proprie forze: “…così già vi comportate, possiate progredire ancora di più”. Il progresso nella santità va non solo dal male al bene, ma dal bene al meglio fino alla perfezione cristiana che fa passare dall’adempimento degli obblighi all’amore senza limiti, secondo anche l’insegnamento e l’esempio dell’apostolo.

Lc 21,25-28.34.36. “Alzate il capo, la vostra liberazione è vicina”.

Il nuovo anno liturgico ci propone la meditazione domenicale del vangelo di Luca. E’ anche il vangelo della “storia di salvezza” nella quale Dio si manifesta agendo e intervenendo nella vita e nella storia degli uomini. L’invio di Gesù Cristo è il gesto salvifico più straordinario offerto  all’uomo per incontrare Dio e la sua salvezza. Narrando la storia di Gesù Cristo l’evangelista conduce il lettore a scoprire l’amore di Dio e la missione della Chiesa. La  salvezza è  offerta a tutti: diseredati, peccatori, emarginati, condannati dagli uomini. A tutti è dato di aprirsi alla speranza attuale e definitiva, perché Dio, in Gesù Cristo, si è fatto presenza misericordiosa. Ricordiamolo principalmente in questo “Giubileo della misericordia”. 

L’Avvento cristiano si apre con l’invito a vivere la vita come attesa del compimento delle promesse del Signore che risuonano sulle labbra di Gesù. Di fronte alle “potenze dei cieli che saranno sconvolte”, di fronte cioè alla vita dell’uomo e del creato che avrà una fine, siamo invitati a non lasciarci prendere dalla paura, non riuscendo ad immaginare cosa sarà di noi e quale sarà l’esito di tutta la realtà umana e cosmica alla quale è legata la nostra vita. Gesù infatti ci mette davanti una prospettiva nuova: “Risollevatevi e alzate il capo, perché la vostra liberazione è vicina”. La prospettiva della ‘fine’ non deve impaurire e scoraggiare ma deve mettere in movimento e aprire alla speranza. Ciò che deve arrivare non è la fine ma la liberazione e la salvezza piena. Questa è la promessa. Ma l’attesa non è passiva: “risollevatevi, alzate il capo, state attenti, vegliate, pregate”, è la sequenza dei verbi dell’attesa nel brano del vangelo. La nostra vita è un intreccio tra l’azione di Dio in noi e per noi e la nostra risposta che si concretizza nell’impegno perché “i nostri cuori non si appesantiscano in dissipazioni, ubriachezze e affanni della vita e quel giorno non ci piombi addosso all’improvviso”. Le ubriacature purtroppo non sono principalmente quelle dell’alcool. Quella più rovinosa è quella dell’uomo che vuole emanciparsi da Dio e non sa più attendere da Lui e dalla sua Parola la vera e piena liberazione, cercando altrove ciò che solo Dio può dare.

+ Adriano Tessarollo