Chiesa, “casa dei due fuochi”

firenze2015
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convegno di firenze. visione d’insieme e ambito del “Trasfigurare”

Chiesa, “casa dei due fuochi”

Al termine di un Convegno come quello di Firenze ti ritrovi a vivere emozioni contrastanti: da una parte la gioia di aver incontrato una Chiesa viva, in seno alla quale lo Spirito Santo pone persone entusiaste, creative, aperte, intelligenti e, dall’altra, l’inquietudine che ti spinge a domandarti come far diventare efficace quel “lievito madre” che ti è stato consegnato e che aspetta solo di sprigionare le sue potenzialità anche nella nostra realtà locale.

Abbiamo sperimentato che è possibile avviare un processo sinodale ed esercitare un discernimento comunitario attraverso la fatica del lavorare assieme: laici, vescovi, consacrati, presbiteri. Ce lo ha testimoniato senz’altro il metodo del lavoro di gruppo, che ci ha permesso di dialogare alla pari attorno allo stesso tavolo in gruppi di dieci, ma anche lo stile familiare che si è creato condividendo i pasti, l’autobus-navetta, le code al bar, i percorsi a piedi… tutti ambiti informali in cui, a sorpresa, l’anziano vescovo arriva a confidarti sereno la preoccupazione che gli pesa nel cuore o la religiosa, a cui brillano gli occhi, descrive le iniziative per coinvolgere i suoi universitari a cui si dedica a tempo pieno o il professore di teologia fondamentale, diventato “documentarista di vite di santi”, progetta di far conoscere Gaudì ai giovani che andranno a Cracovia…

La fantasia della fede, che si traduce in cura, conia termini nuovi e, nelle relazioni ed esperienze che si susseguono, senti parlare di “antenne sociali” (persone disseminate nel territorio per cogliere domande di vita a cui rispondere), “tavoli di pensiero e azione per lo scambio di buone pratiche”, “educatori alla genitorialità e alla reciprocità”, “carcere attenuato” (dove i giovani detenuti entrano in cella solo alla sera per dormire e si riscoprono persone valorizzate e amate), “condominio solidale”… tutti ambiti di trasfigurazione dell’umano attraverso la carità capace di accogliere e coinvolgere chiunque con umiltà e gioia delle beatitudini, come Papa Francesco ci ha ricordato.

A ciascuno di noi il compito di evitare la contrapposizione fra chiesa in uscita e chiesa in preghiera con il costante riconoscimento di Cristo vivente, pregato e celebrato nella liturgia, presente nella persona del povero che è il suo più reale sacramento. Colpisce vedere e ascoltare in più occasioni chi non accetta di essere nella Chiesa “sentinella nella fortezza che osserva”, ma piuttosto “esploratore del territorio”. Ti trovi di fronte chi ha il coraggio d’esporsi e correre il rischio, che esce non solo per dare un’occhiata, ma per tenere vivo il fuoco del vangelo seguendo Gesù di Nazareth che, nei suoi incontri quotidiani, nel suo sguardo sul mondo e sull’umanità, non ha mai lasciato situazioni e persone come le aveva trovate, ma ha trasfigurato tutto e tutti, facendo nuove tutte le cose.

Per quanto riguarda i lavori di gruppo della via del trasfigurare, è emersa la difficoltà di tenere insieme annuncio, liturgia e carità, spezzando così l’alleanza tra Parola di Dio e profezia, tra Parola e partecipazione ai sacramenti, tra Parola e carità. Si è pertanto sottolineata l’urgenza di dare circolarità a queste tre componenti. Forte la richiesta di una liturgia più capace di introdurre al mistero, contro forme troppo dispersive, rumorose, trionfali e poco essenziali, spesso avulse dal vissuto delle persone. Per questo si è riconosciuta la necessità di camminare, senza incertezze e ripensamenti, sulla via tracciata dalla riforma liturgica conciliare, perché dal rinnovamento della liturgia passerà ancora il rinnovamento della Chiesa stessa.

Una convinzione è stata condivisa da tanti: la realizzazione del nuovo umanesimo in Gesù Cristo non può prescindere dalla natura profondamente umana e autenticamente divina della liturgia.

Le liturgie di domani, chiamate ad essere cammini di prossimità, di misericordia, di tenerezza e di speranza, dovranno puntare a diventare spazi di santità ospitale, sapendo andare incontro alle persone fino a portare il peso di chi fatica a vivere e a credere. Di fronte ad un certo attivismo pastorale è emersa l’esigenza, soprattutto da parte del tavolo dei giovani, di proporre cammini di fede che comprendano esperienze significative di preghiera, di formazione liturgica e di accompagnamento spirituale. C’è domanda di interiorità, ma che ancora non ottiene risposte soddisfacenti nelle scelte di educazione alla fede dei giovani. Significativo il fatto che un gruppo abbia avanzato la proposta che ogni comunità sappia trovare tempi e modi per sospendere ogni sua attività e sostare in preghiera comune per rigenerarsi e “riceversi” da Dio. La Chiesa, stando alla presenza di Dio diventa ciò che è, pertanto la comunità cristiana che pone al centro la liturgia riconosce che ciò che la tiene in vita non è il suo attivismo, talvolta sfibrante, ma ciò che il Signore fa per lei. Se riconoscerà questo, la Chiesa diventerà la casa dei due fuochi: uno, fuori, per brillare ed attrarre; l’altro, dentro, per scaldare chi già c’è.         

     Renata Bertotto