PAROLA DI DIO – Il ritorno del Figlio dell’uomo

Facebooktwitterpinterestmail

PAROLA DI DIO – Il ritorno del Figlio dell’uomo

Letture: Dn 12,1-3; Sal 15; Eb 10,11-14; Mc 13,24-34

Dn 12,1-3: “In quel tempo sarà salvato il tuo popolo”.

Questo oracolo conclude le visioni della seconda parte del libro di Daniele (cc. 7-12) nelle quali il profeta descrive l’evolversi di vicende politiche giudicate e guidate da personaggi al di sopra degli uomini come l’“Antico di giorni”, il “Figlio dell’uomo”, le “potenze angeliche” e “Michele, il gran principe che vigila sui figli del tuo popolo”. L’era messianica, tempo della salvezza, verrà dopo un tempo di “angustia grande”. Il Signore Dio manifesta la sua potenza in mezzo ai popoli che si oppongono al suo regno, fino a quando verrà il tempo nel quale essi saranno giudicati severamente. La visione profetica finale proposta per oggi (12,1-3) annuncia che l’opera di Dio trova il suo compimento nel travaglio della storia e in mezzo a molte prove e il Signore della storia finalmente instaurerà il suo Regno eterno. Esso arriverà in maniera improvvisa e sarà realizzato dall’inviato di Dio, il “Figlio dell’uomo venuto sulle nubi del cielo”. Allora coloro che nel tempo presente hanno coraggiosamente testimoniato di stare dalla parte del Signore (i martiri), saranno ‘risuscitati’ per la vita eterna, i loro persecutori invece per il castigo eterno. Le vicende storiche mondiali sono viste come preparazione al Regno di Dio: attraverso di esse il disegno di Dio, passando attraverso la fase terrena e temporale, giunge alle soglie dell’eternità.

Sal 15: “Proteggimi, o Dio, in te mi rifugio”.

Colui che prega in questo salmo 15 ha scelto di servire esclusivamente il Dio d’Israele, di fronte alla tentazione del culto idolatrico: “Sei tu il mio Signore… Si affrettino altri a costruire idoli…“. Il Signore, da solo, vale ogni bene. La sua presenza è solido sostegno della propria vita: “Nelle tue mani è la mia vita” (v. 5). Se il fedele vive oggi unito a Dio, tale unione non sarà esposta all’eventualità di una separazione, neanche quella della morte. Per Israele gli orizzonti della fede nell’aldilà si sono aperti a partire da questa intuizione: l’amore di Dio forte e potente non può essere interrotto neanche dalla morte: “Di questo gioisce il mio cuore, esulta la mia anima, anche il mio corpo riposa sicuro, perché non abbandonerai la mia vita al sepolcro, né lascerai che il tuo santo veda la corruzione”. Mediante la fede, Dio è coinvolto nella vita del credente in una relazione personale senza fine, di cui Egli si fa garante. Sarà Dio stesso a guidarlo sulle vie della vita: “Mi indicherai il sentiero della vita, gioia piena alla tua presenza, dolcezza senza fine alla tua destra”. Cristo risorto è garanzia di questa promessa del Padre.

Eb 10,11-14: “Cristo… con un’unica offerta ha reso perfetti per sempre quelli che vengono santificati”.

Gli antichi sacrifici di animali offerti dai sacerdoti al tempio di Gerusalemme erano radicalmente incapaci di portare il perdono dei peccati: “Essi non possono mai eliminare i peccati” (v.11). Il valore salvifico del sacrificio di Cristo invece è permanente e definitivo perché: “Con un’unica offerta egli ha reso perfetti per sempre quelli che vengono santificati”. Ecco dunque come è stato rimosso il peccato, ostacolo alla comunione con Dio: il sacrificio di Cristo unico (“un solo sacrificio” v.12, “un’unica oblazione” v.14) e perennemente efficace. Esso fu gradito a Dio perché fu un atto di obbedienza personale (10,9) spinto fino all’offerta del corpo (l0,10). Questa obbedienza ha portato Cristo alla comunione perfetta con Dio. Ma quel sacrificio fu anche l’offerta per i peccati degli uomini (“un solo sacrificio per i peccati” v.12), e perciò li rende santi e perfetti (v.14). Mediante l’offerta di se stesso Cristo ottiene una trasformazione, una consacrazione che viene comunicata a tutti gli uomini che aderiscono a lui nella docilità della fede. Cristo si è sottomesso, nel suo essere d’uomo, a questa trasformazione radicale a favore di tutti i suoi fratelli e ora è “assiso per sempre alla destra di Dio, aspettando ormai che i suoi nemici vengano posti a sgabello dei suoi piedi” in attesa cioè che il Regno dell’amore, del perdono e della vita abbia il sopravvento definitivo sul male e sulla morte.

Mc 13,24-34: “Allora vedranno il Figlio dell’uomo venire sulle nubi”.

Nell’intero capitolo 13 di Marco Gesù parla di ciò che dovrà accadere in futuro. Gesù è uscito dal tempio e non vi farà più ritorno. Ora sul monte degli Ulivi, di fronte a Gerusalemme e al tempio, Gesù rivolge ai quattro discepoli che aveva chiamato per primi, Pietro, Giacomo, Giovanni e Andrea, parole che riguardano tutti gli uomini e che riguardano la terra e il cielo, cioè l’intera creazione. Questo discorso è accompagnato da due espressioni di Gesù: “Il lettore faccia ben attenzione” e “Quello che dico a voi lo dico a tutti”: questo non lascia dubbio sui destinatari di queste parole. Il discorso è imperniato su due domande: quando avverrà la distruzione del tempio e quali saranno i segni che è giunto il tempo della fine? L’annuncio centrale è la certezza del ritorno del Figlio dell’uomo e l’esortazione ripetuta a stare continuamente vigili perché il momento della sua venuta resta sconosciuto e sarà inaspettato per tutti. Ci saranno proclamazioni di false dottrine, comparizioni di falsi messia, guerre e disastri naturali, persecuzioni per i discepoli, ma non è questo che dice che è vicino il tempo della fine di tutto. La distruzione di Gerusalemme e del tempio sarebbe stata imminente per i primi lettori del vangelo di Marco e già avvenuta per gli altri. Ma non doveva essere questo il segno della “fine” e del ritorno del Figlio dell’uomo e Figlio di Dio, Gesù. È importante sapere invece che Gesù messo a morte e risuscitato sarà il giudice che presiederà il giudizio finale, nel quale gli impenitenti saranno accusati e puniti e i giusti assolti e radunati per sempre attorno a Lui. È importante vivere sempre pronti a quell’incontro, vigilanti nell’operare secondo giustizia.

+ Adriano Tessarollo