Sincerità, semplicità e gioia

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Mons. Mario Doria ha celebrato il 60° anniversario di ordinazione sacerdotale

Sincerità, semplicità e gioia

Ha ripreso il brano evangelico della tempesta sul mare di Tiberiade, mons. Mario Doria, canonico penitenziere, per descrivere il cammino dei suoi 60 anni di sacerdozio. Si è trattato di una vera e propria traversata, con le sue “sorprese” e le sue “oscurità”, “delusioni, a volte, e sofferenze”, ma con la consapevolezza che il Signore era comunque presente.

A fronte della propria fragilità, ben rievocata dal salmo che recita “è come l’erba che fiorisce per breve tempo e poi è falciata e dissecca”, rimane la fiducia in colui che “rende salda l’opera delle nostre mani”.

“Ti chiedo Signore di dare consistenza e valore alla mia vita, a quello che sono stato, ho fatto e a quello che sono riuscito solo a sognare e desiderare”.

Era la Messa capitolare di venerdì 31 luglio, e in Cattedrale si sono raccolti parenti, amici, confratelli, compreso il vescovo, e tanti fedeli che hanno goduto del suo ministero. Com’è nel suo stile, tutto si è svolto nella semplicità e, nelle parole e nei gesti, sono emerse l’umiltà e la generosità che hanno caratterizzato il pur grande dono del sacerdozio, ricevuto dall’imposizione delle mani e dalla preghiera consacratoria di Mons. Giovanni Battista Piasentini.

Don Mario ha voluto ricordare e ringraziare tutte le persone che hanno condiviso con lui il lungo percorso, da Don Sante Manzetto, suo compagno di ordinazione e ora “in Paradiso a celebrare la liturgia eterna”, ai diversi Vescovi, quelli che ha servito da vicino come segretario, e lo stesso vescovo Adriano per il quale ha dichiarato di nutrire “devozione, stima e sacerdotale amicizia”. Non si è dimenticato dei confratelli anziani e malati, e ha pregato soprattutto per quelli in piena attività, augurando loro di “fondare la casa sulla roccia e di costruire la propria vita sul Signore Gesù, perché colui che ha tracciato la nostra strada illuminerà sempre i nostri passi”.

Messaggio pervenuto.

Va raccolto da tutti noi, in particolare dai seminaristi e da coloro che si occupano di formazione.

Su tutto emerge l’atteggiamento che Papa Francesco sta domandando insistentemente: la gioia.

I festeggiamenti sono continuati in seminario dove è stato preparato un buon pranzo, condiviso anche dal vescovo Alfredo Magarotto, da Don Italo Fantoni, anch’egli ordinato nel 1955, e da altri confratelli rappresentanti di tutte le età e le zone della Diocesi.

Tra brindisi, indirizzi di augurio, ringraziamenti vari, è rimasta fissa l’espressione con cui don Mario ha concluso la sua omelia: “La mia gioia vuole essere la piccola luce che tu, Signore, vuoi che io sia”.

don Francesco Zenna